Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Sono già trascorsi cinque anni dal primo test dinamico della formidabile cruiser Rocket III 2300, non a caso tenutosi sulle strade della California. Da allora, della moto di serie più “grossa” del mondo (per via del motore, evidentemente) sono state costruiti oltre 17.000 esemplari, ovviamente assorbiti in prevalenza dal mercato USA (34%), seguito da quelli britannico (14%) ed australe (12%); Germania e Francia tallonano praticamente a pari merito (9 ed 8%), mentre noi italiani di Rocket III ne abbiamo acquistate più o meno 500, equivalenti a un 3% del totale.
I punti cardinali su cui si basa la politica operativa del “padrone” di Triumph, Sir John Bloor, e dei suoi fidi collaboratori, sono sostanzialmente tre: gli investimenti continui sulla ricerca e sviluppo del prodotto; la grande passione di tutti coloro che lavorano in azienda, e, non ultimi, i fondamentali “focus” sugli utenti di tutto il mondo: solo raccogliendo le sensazioni e i suggerimenti di chi conosce bene la propria moto, infatti, si può capire dove intervenire per migliorarne la qualità o la funzionalità. Ma anche su quale segmento di mercato è utile concentrarsi, migliorando quello che già c’è piuttosto che creare qualcosa di totalmente nuovo. I focus, insomma sono importanti (non è certo una notiziona dell’ultim’ora, questa, e non lo sanno mica solo in Triumph…), e hanno tra l’altro consentito di evincere che l’utente medio della Rocket III , al 98% è un maschio 45enne che percorre circa 8.000 chilometri l’anno. La maggior motivazione che ha spinto all’acquisto il 37% degli intervistati è la voce “prestazioni”, mentre il 34% ha risposto “l’estetica”. Quanto al giudizio sulla loro moto, il 68% dei “Rocketeer” la definisce eccezionale, mentre per il 29% è “molto buona”. Ed è proprio questo frequente interfacciarsi con l’utenza che ha portato alla nuova versione della mastodontica tricilindrica: la Rocket III Roadster.
Già la denominazione, Roadster, lascia intendere una destinazione d’uso un po’ più eterogenea, più attraente per i biker europei, specie in questo momento in cui il mercato USA è molto sofferente, visto che le vendite di moto da oltre 500 cc laggiù sono scese di un buon 40% dal 2007 ad oggi! Non che noi qui si stia proprio da pascià, anzi, tutt’altro: però la Casa britannica tutto sommato sembra soffrire meno di altri questa maledetta crisi, esplosa come una bomba proprio al di là dell’Atlantico. Anzi, il trend del celebre Marchio inglese è in controtendenza: “nel 2008 abbiamo prodotto ben 50.000 moto (nel 2003 furono 20.000), con uno share di mercato del 3% che quest’anno è salito al 4,3%”, ha tenuto a sottolineare il CEO (o Amministratore Delegato che dir si voglia) Tue Mantoni durante la nostra recentissima visita ad Hinckley in occasione del test di questo nuovo modello che va a rimpiazzare la Rocket III standard la Classic, ora fuori produzione.
Una moto sempre bella “ignorantona” questa Roadster, che sarà disponibile da gennaio nelle tinte monocolore Matt Black e Phantom Black, ovvero nero opaco e nero lucido, quest’ultima con i fianchi del serbatoio cromati. Ma, soprattutto, il prezzo è sceso di un bel po’: per diventare “Rocketeer” ci vorranno infatti 16.600 euro “chiavi in mano”, ovvero ben 3.000 euro meno della più opulenta Rocket III Touring, 2.300 meno della Classic e 2.000 meno della standard.
Ma non è tutto: sulla Roadster debutta di serie l’ABS, molto richiesto in Europa più che negli USA, e disponibile invece come optional sulla Touring. Tutto questo mantenendo l’elevato livello qualitativo che il signor Bloor non solo esige, ma tiene anche personalmente sotto controllo nella Factory n° 2 di Hinckley, dove le Rocket vengono costruite.
Naturalmente non manca tutto ciò che serve per l’inevitabile personalizzazione: più di 50 accessori sono già in catalogo, tra cui piccoli plexiglas e retrovisori di fogge differenti, ma anche robusti parabrezza più ampi, sissy bar, selle più turistiche, borse di cuoio e via dicendo. E pure scarichi un po’meno silenziosi (non omologati, però) che, nel caso se ne sentisse il bisogno, regalano un po’ di sprint in più…
22,5 kgm (221 Nm) a 2,750 giri e 148 cv per 367 Kg di Muscle Bike
Immutati il telaio in tubi superiori d’acciaio e la forcella a steli rovesciati da 43 mm (non regolabile), sono cambiati gli ammortizzatori posteriori, ora dotati di molle più soffici del 20% e sempre regolabili su 5 posizioni di precarico. Anche ruote, gomme e relative misure son rimaste le stesse – rimane quindi il corpulento Metzeler Marathon ME880 da 240/16, abbinato all’anteriore da 150/80x17” – idem per l’impianto frenante, ora dotato però dell’Abs derivato quelli montati sulla Tiger e la Sprint, ma opportunamente adeguato alla causa di questo bestione da tre quintali, quasi quattro.
Quanto all’ergonomia, il pilota sulla Roadster siede 10 mm più in alto e 14 più in avanti, ma con pedane arretrate di 123 mm e abbassate di 22, oltre che più vicine al corpo moto, grazie appunto ai nuovi scarichi. Davanti ai suoi occhi è cambiato poco: i due strumenti circolari gemelli sono “fisicamente” gli stessi, ma ora forniscono più informazioni: il display nel tachimetro segnala l’ora, il il chilometraggio totale e due parziali, mentre quello nel contagiri indica la marcia inserita, il livello del carburante e l’autonomia residua in riserva. La chiave di avviamento è in basso, davanti al cruscotto, scomoda da raggiungere, specie con il flyscreen montato.
La guida di questa grossa Triumph è chiaramente influenzata dall’enorme gommone posteriore, ma una volta preso il ritmo giusto ci si diverte pure. Marciando piano si avverte chiaramente che l’avantreno è sì piantato saldamente a terra, ma va interpretato, perché è un po’ lento a chiudere le curve. Ma una volta capita l’antifona, si prende il passo e si corre via belli puliti tra una curva e l’altra. Tra l’altro, i freni anteriori della Rocket richiedono una discreta forza sulla leva, ma le decelerazioni sono ben progressive e più che soddisfacenti.
Scattata qualche foto, e presa nota delle prime considerazioni sul mezzo, filiamo spediti alla volta di Bruntingthorpe, e una volta lì, via a tutto gas sui lunghissimi rettilinei: tirando le prime quattro marce, il limitatore elettronico taglia a 6.500 giri, ma una volta raggiunte le fatidiche 120 miglia orarie in quinta (ben prima dei 6.500) il taglio all’accensione è molto più dolce e progressivo, tanto che non lo si avverte nemmeno. Ma quella velocità, pur con il flyscreen davanti (che qualcosina fa, ma non certo i miracoli), è davvero impegnativa da sostenere guidando eretti.
A Bruntinghtorpe, più che altro, abbiamo verificato che: certo, qui si strisciano le pedane a terra ben prima che su strada, ma non è su una pista che la Rocket ha un suo perché; si, gli ammortizzatori basilarmente sono troppo morbidi, e dando gas in uscita dalle curve la moto si siede in fretta, e inizia a ciondolare un po’; sul lungo curvone a sinistra si può entrare a 180 senza strisciare a terra, con la moto abbastanza ferma, l’avantreno solidissimo, e la solita tendenza ad allargare, ma ben controllabile: basta tenere il gas aperto. E, infine, che frenare prepotentemente a 190 su asfalto non ancora asciuttissimo, con ancora qualche piccola pozzanghera, tutto sommato è divertente: anche perché la moto rimane stabilissima, l’Abs modula il tutto perfettamente, e arrivati in fondo al rettilineo, scalando tre marce a raffica, la ruota posteriore copia bene l’asfalto senza saltellare minimamente, quasi come se dietro ci fosse una catena, e la frizione fosse antisaltellamento.
Triumph
Via R. Morandi, 27/B
20090 Segrate
(MI) - Italia
02 84130994
[email protected]
https://www.triumphmotorcycles.it
Triumph
Via R. Morandi, 27/B
20090 Segrate
(MI) - Italia
02 84130994
[email protected]
https://www.triumphmotorcycles.it