Triumph Rocket III Roadster

Triumph Rocket III Roadster
La Roadster si guida meglio della precedente versione, ma non rinuncia alla coppia da rimorchiatore e al fascino British
24 ottobre 2009

Sono già trascorsi cinque anni dal primo test dinamico della formidabile cruiser Rocket III 2300, non a caso tenutosi sulle strade della California. Da allora, della moto di serie più “grossa” del mondo (per via del motore, evidentemente) sono state costruiti oltre 17.000 esemplari, ovviamente assorbiti in prevalenza dal mercato USA (34%), seguito da quelli britannico (14%) ed australe (12%);  Germania e Francia tallonano praticamente a pari merito (9 ed 8%), mentre noi italiani di Rocket III ne abbiamo acquistate più o meno 500, equivalenti a un 3% del totale. 

costruiti oltre 17.000 esemplari
Rocket III 2300 cc: oltre 17.000 esemplari costruiti negli ultimi cinque anni


I punti cardinali su cui si basa la politica operativa del “padrone” di Triumph, Sir John Bloor, e dei suoi fidi collaboratori, sono sostanzialmente tre: gli investimenti continui sulla ricerca e sviluppo del prodotto; la grande passione di tutti coloro che lavorano in azienda, e, non ultimi, i fondamentali “focus” sugli utenti di tutto il mondo: solo raccogliendo le sensazioni e i suggerimenti di chi conosce bene la propria moto, infatti, si può capire dove intervenire per migliorarne la qualità o la funzionalità. Ma anche su quale segmento di mercato è utile concentrarsi, migliorando quello che già c’è piuttosto che creare qualcosa di totalmente nuovo.  I focus, insomma sono importanti (non è certo una notiziona dell’ultim’ora, questa, e non lo sanno mica solo in Triumph…), e hanno tra l’altro consentito di evincere che l’utente medio della Rocket III , al 98% è un maschio 45enne che percorre circa 8.000 chilometri l’anno. La maggior motivazione che ha spinto all’acquisto il 37% degli intervistati è la voce “prestazioni”, mentre il 34% ha risposto “l’estetica”. Quanto al giudizio sulla loro moto, il 68% dei “Rocketeer” la definisce eccezionale, mentre per il 29% è “molto buona”. Ed è proprio questo frequente interfacciarsi con l’utenza che ha portato alla nuova versione della mastodontica tricilindrica: la Rocket III Roadster.
Già la denominazione, Roadster, lascia intendere una destinazione d’uso un po’ più eterogenea, più attraente per i biker europei, specie in questo momento in cui il mercato USA è molto sofferente, visto che le vendite di moto da oltre 500 cc laggiù sono scese di un buon 40% dal 2007 ad oggi! Non che noi qui si stia proprio da pascià, anzi, tutt’altro: però la Casa britannica tutto sommato sembra soffrire meno di altri questa maledetta crisi, esplosa come una bomba proprio al di là dell’Atlantico. Anzi, il trend del celebre Marchio inglese è in controtendenza: “nel 2008 abbiamo prodotto ben 50.000 moto (nel 2003 furono 20.000), con uno share di mercato del 3% che quest’anno è salito al 4,3%”, ha tenuto a sottolineare il CEO (o Amministratore Delegato che dir si voglia) Tue Mantoni durante la nostra recentissima visita ad Hinckley in occasione del test di questo nuovo modello che va a rimpiazzare la Rocket III standard la Classic, ora fuori produzione.
Una moto sempre bella “ignorantona” questa Roadster, che sarà disponibile da gennaio nelle tinte monocolore Matt Black e Phantom Black, ovvero nero opaco e nero lucido, quest’ultima con i fianchi del serbatoio cromati. Ma, soprattutto, il prezzo è sceso di un bel po’: per diventare “Rocketeer” ci vorranno infatti 16.600 euro “chiavi in mano”, ovvero ben 3.000 euro meno della più opulenta Rocket III Touring, 2.300 meno della Classic e 2.000 meno della standard.
Ma non è tutto: sulla Roadster debutta di serie l’ABS, molto richiesto in Europa più che negli USA, e disponibile invece come optional sulla Touring. Tutto questo mantenendo l’elevato livello qualitativo che il signor Bloor non solo esige, ma tiene anche personalmente sotto controllo nella Factory n° 2 di Hinckley, dove le Rocket vengono costruite.
Naturalmente non manca tutto ciò che serve per l’inevitabile personalizzazione: più di 50 accessori sono già in catalogo, tra cui piccoli plexiglas e retrovisori di fogge differenti, ma anche robusti parabrezza più ampi, sissy bar, selle più turistiche, borse di cuoio e via dicendo. E pure scarichi un po’meno silenziosi (non omologati, però) che, nel caso se ne sentisse il bisogno, regalano un po’ di sprint in più…

22,5 kgm (221 Nm) a 2,750 giri e 148 cv per 367 Kg di Muscle Bike

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Rocket Style


Come si evince dalle foto, la Rocket III Roadster non tradisce certo il massiccio, familiare look originario.
Rimane una bella motona, insomma, che sulla carta denuncia i suoi bei 367 kg in ordine di marcia (in precedenza ne venivano dichiarati 320 a secco), ma che fa sempre il suo bell’effetto, specialmente quando la si lascia parcheggiata. Ed è molto divertente osservare le smorfie spesso buffissime degli immancabili curiosi quando si risponde alla classica domanda “che cilindrata ha?”….Si, perché chi è fuori dal nostro mondo (ma non solo) difficilmente riesce a recepire che una moto possa avere un motore da quasi 2.300 cc, anche se ce lo vede scritto sopra.
Non più cruiser, quindi, ma più orientata al mondo delle streetfighter, delle cosiddette “muscle-bike”: la Roadster, del resto, di muscoli ne ha un bel po’ più di tutti, perlomeno quanto a chilogrammetri disponibili: il suo motore, infatti, eroga la bellezza di 22,5 kgm (221 Nm) a 2,750 giri, contro i 20,5 (anche se a 2.500) di prima. Non solo: la potenza è salita da 140 a ben 148 cavalli, sempre a 5.750 giri: un bell’incremento, anche se poi la velocità massima è stata limitata a 192 km/h (120 miglia orarie) per evitare problemi di stabilità quando si viaggia col passeggero a bordo e con eventuali carichi da viaggio. Pochi, 192 orari! Beh, provate a tenerli stando seduti per qualche centinaio di metri, e sentirete le braccia allungarsi come quelle di Tiramolla e la testa staccarsi dal collo, senza un minimo di parabrezza in aiuto!

Cosa è cambiato?

Ma come sono stati ottenuti quegli otto cavalli in più, che non sono pochi? Avrete certamente notato che la Roadster monta due marmittoni gemelli – tipo Rocket Touring, ma un po’ più a megafono – in luogo dei precedenti tre asimmetrici: ecco, il nuovo impianto di scarico, unitamente all’adeguamento dell’elettronica gestita da una nuova unità di controllo cablata CAN , ha portato a questo risultato, oltre ad una tonalità ancora più cupa e autoritaria. Tra l’altro, il catalizzatore è stato sdoppiato, lasciando spazio all’alloggiamento del modulatore dell’Abs.
Ma sono state apportate anche altre migliorie internamente al motore: sui comandi della camme, per renderli più scorrevoli e silenziosi, e sugli elementi del cambio, per gli stessi motivi; inoltre sono stati rinforzati la frizione e alcuni particolari della trasmissione finale, per far fronte all’incremento prestazionale. Val la pena di ricordare che all’interno di questo possente blocco di metallo, si muovono tre pistoni da 101,6 mm di diametro mossi, con fasatura di 120°, da un albero motore da ben 17 kg (sistemato molto in basso possibile, a tutto vantaggio del baricentro), controbilanciato nella rotazione dai due alberi del cambio e da un terzo albero di smorzamento delle vibrazione: in tal modo viene praticamente annullata l’altrimenti inevitabile coppia di rovesciamento che la disposizione longitudinale del motore creerebbe. 
Non più cruiser, ma una moto più orientata al mondo delle streetfighter
Non più cruiser, ma una moto più orientata al mondo delle streetfighter


Immutati il telaio in tubi superiori d’acciaio e la forcella a steli rovesciati da 43 mm (non regolabile), sono cambiati gli ammortizzatori posteriori, ora dotati di molle più soffici del 20% e sempre regolabili su 5 posizioni di precarico. Anche ruote, gomme e relative misure son rimaste le stesse – rimane quindi il corpulento Metzeler Marathon ME880 da 240/16, abbinato all’anteriore da 150/80x17” – idem per l’impianto frenante, ora dotato però dell’Abs derivato quelli montati sulla Tiger e la Sprint, ma opportunamente adeguato alla causa di questo bestione da tre quintali, quasi quattro.
Quanto all’ergonomia, il pilota sulla Roadster siede 10 mm più in alto e 14 più in avanti, ma con pedane arretrate di 123 mm e abbassate di 22, oltre che più vicine al corpo moto, grazie appunto ai nuovi scarichi. Davanti ai suoi occhi è cambiato poco: i due strumenti circolari gemelli sono “fisicamente” gli stessi, ma ora forniscono più informazioni: il display nel tachimetro segnala l’ora, il il chilometraggio totale e due parziali, mentre quello nel contagiri indica la marcia inserita, il livello del carburante e l’autonomia residua in riserva. La chiave di avviamento è in basso, davanti al cruscotto, scomoda da raggiungere, specie con il flyscreen montato.  

Ma come va?


Sono le 9 passate, la mattina è piacevolmente fresca, c’è un bel sole, ma l’asfalto è ancora umido. Si parte dal piazzale della Factory n°2 con l’ingegner Simon Warburton, Project Manager di Triumph, a guidarci vero la nostra meta: l’ex-base USA di Bruntingthorpe, nel cuore delle Midland inglesi, ora utilizzata come pista di prova per ogni genere di veicolo, con annesso museo aeronautico. Il posto non è lontanissimo da Hinckley, ma per arrivarci attraversiamo una deliziosa zona poco trafficata in mezzo alle campagne (situazione peraltro non difficile da trovare, in Inghilterra), anche per scopi fotografici.
Era da un po’ che non salivo su una Rocket III, ovvero dal lancio in California. La Touring non la conosco, quindi non posso prenderla come termine di paragone: come ricorderete, anch’essa ha una coppia formidabile, ma il motore è limitato a 106 cv, interasse ed avancorsa sono più lunghi, le pedane sono a piattaforma, e dietro c’è una “banale” gomma da 180/70x16”, per godere di una guida più rotonda e turistica.
In sella alla Roadster si siede eretti, con le braccia abbastanza tese verso il manubrione dalle manopole piuttosto grosse e le gambe ben sistemate, sebbene il tacco del piede destro poggi sulla pinza del freno.
Il primo approccio, su una moto così imponente, insinua una naturale punta di soggezione, anche per via di quel mega serbatoio da 24 litri che in realtà non tiene le cosce troppo aperte, però è davvero “tanto”.
Il bestione, tuttavia, come mi ricordavo non è così impacciato a bassa andatura, anche se, superfluo dirlo, la sua specialità non è lo slalom tra le auto incolonnate. Levatisi di torno un traffico nemmeno tanto intenso, ci troviamo a filare in campagna, con sotto il sedere il muggito taurino del grosso Triumph che, sulla moto che ho scelto (che monta anche il flyscreen sul faro e specchietti aftermarket), ha pure gli scarichi più roboanti, se pur a livelli più accettabili. Il motore è fortissimo, come ricordavo, riesce a viaggiare al minimo in quinta addirittura a 800 giri, ma per dare gas con decisione senza strappi bisogna che il contagiri arrivi a quota 1.000. Dopodichè bisogna tenersi forte, perché si inizia a sentire le articolazioni delle braccia parecchio sollecitate dalla forza bruta del mostro. Che però, naturalmente, sa anche essere dolce, anche se fa la voce grossa. Il cambio effettivamente mi pare migliorato in dolcezza e fluidità, però è difficile cambiar marcia silenziosamente, principalmente salendo di rapporto, se non senza usare la frizione, che comunque è morbida il giusto e lavora bene. Niente vibrazioni, naturalmente, e un’eccellente fluidità di erogazione, rendono la fruibilità di questo motorone - che definirei eufemisticamente “generoso”, e che a mio avviso diventerebbe un vero spasso con buon cambio automatico: anzi, mi piacerebbe proprio provare a montarlo sulla mia Smart…un’esperienza piacevolissima. 
Già la denominazione, Roadster, lascia intendere una destinazione d’uso un po’ più eterogenea
Già la denominazione, Roadster, lascia intendere una destinazione d’uso un po’ più eterogenea


La guida di questa grossa Triumph è chiaramente influenzata dall’enorme gommone posteriore, ma una volta preso il ritmo giusto ci si diverte pure. Marciando piano si avverte chiaramente che l’avantreno è sì piantato saldamente a terra, ma va interpretato, perché è un po’ lento a chiudere le curve. Ma una volta capita l’antifona, si prende il passo e si corre via belli puliti tra una curva e l’altra. Tra l’altro, i freni anteriori della Rocket richiedono una discreta forza sulla leva, ma le decelerazioni sono ben progressive e più che soddisfacenti.
Scattata qualche foto, e presa nota delle prime considerazioni sul mezzo, filiamo spediti alla volta di Bruntingthorpe, e una volta lì, via a tutto gas sui lunghissimi rettilinei:  tirando le prime quattro marce, il limitatore elettronico taglia a 6.500 giri, ma una volta raggiunte le fatidiche 120 miglia orarie in quinta (ben prima dei 6.500) il taglio all’accensione è molto più dolce e progressivo, tanto che non lo si avverte nemmeno. Ma quella velocità, pur con il flyscreen davanti (che qualcosina fa, ma non certo i miracoli), è davvero impegnativa da sostenere guidando eretti.
A Bruntinghtorpe, più che altro, abbiamo verificato che: certo, qui si strisciano le pedane a terra ben prima che su strada, ma non è su una pista che la Rocket ha un suo perché; si, gli ammortizzatori basilarmente sono troppo morbidi, e dando gas in uscita dalle curve la moto si siede in fretta, e inizia a ciondolare un po’; sul  lungo curvone a sinistra si può entrare a 180 senza strisciare a terra, con la moto abbastanza ferma, l’avantreno solidissimo, e la solita tendenza ad allargare, ma ben controllabile: basta tenere il gas aperto. E, infine, che frenare prepotentemente a 190 su asfalto non ancora asciuttissimo, con ancora qualche piccola pozzanghera, tutto sommato è divertente: anche perché la moto rimane stabilissima, l’Abs modula il tutto perfettamente, e arrivati in fondo al rettilineo, scalando tre marce a raffica, la ruota posteriore copia bene l’asfalto senza saltellare minimamente, quasi come se dietro ci fosse una catena, e la frizione fosse antisaltellamento.

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Scheda tecnica Triumph Rocket 3 Roadster ABS (2010 - 17)

Cilindrata
2.294 cc
Cilindri
3 in linea
Categoria
Gran Turismo
Potenza
148 cv 109 kw 5.750 rpm
Peso
367 kg
Sella
750 mm
Pneumatico anteriore
150/80 R17
Pneumatico posteriore
240/50 R16
Inizio Fine produzione
2009 2017
tutti i dati

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