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La Triumph Speed Triple è nata quasi per caso. Ed era molto diversa da come è poi diventata nel corso degli anni. Ormai sono rimasti in pochi a non saperlo, ma se la mamma è sicuramente Triumph, residente a Hinckley, il papà era italiano: quel Carlo Talamo che fece strabuzzare gli occhi a tutto lo stato maggiore della Casa britannica quando propose di spogliare la Daytona piazzandole un faro tondo fra i semimanubri e creando così una café racer di grande serie.
Il primo modello, la Speed Triple 900 del 1994, ha aperto la strada ma non ha avuto il successo di pubblico e di critica raccolto successivamente. È stato con la T 509, tre anni dopo, che la Speed - semplicemente “Speed”, perché non c’era bisogno di dire altro - è diventata l’icona che tutti conosciamo. Con il doppio faro strabico, perché il gruppo ottico è pensato originariamente per stare dentro la carenatura della Daytona T595, e tutto il resto (a parte il manubrio largo) prelevato direttamente dalla supersportiva di casa
È solo nel 2005, quando la Daytona esce di produzione, che la Speed Triple recide definitivamente il cordone ombelicale e diventa un modello a sé stante, che nasce pensato e sviluppato come naked pura. E la Speed Triple 1050 entra definitivamente nella storia.
Piccole evoluzioni, tecniche ed estetiche, l’hanno portata fino a oggi. Quando l’arrivo della nuova Speed Triple 1200 RS segna un’altra differenza importante con il passato: l’abbandono delle varie versioni. Ora la Speed è solo RS, come si conviene a un’ammiraglia. E siamo andati a Imola, fra i cordoli di uno dei circuiti più famosi del mondo, per verificarne le doti.
Ma facciamo un passo indietro e parliamo della sostanza, iniziando da quel propulsore la cui architettura generale non cambiava dal 2005. La cubatura passa da 1.050 a 1.160 cc con una profonda revisione che porta il motore a misure ancora più superquadre (da alesaggio e corsa 79 x 71,4 si passa a 90 x 60,8 mm) e il peso si riduce di ben 7 kg: il risultato è un’unità più potente in alto e nettamente più pronto a prendere giri grazie a una riduzione delle inerzie in tutta l’unità pari al 12% ottenuta sulla scorta delle esperienze maturate con il motore 765 impiegato in Moto2.
Cambiano naturalmente anche tutte le aree di aspirazione e scarico con condotti dall’andamento completamente diverso e una valvola allo scarico che regolarizza l’erogazione ai bassi e medi regimi. Altra variazione importantissima si ha in zona distribuzione, con un comando che passa da un sistema a bicchierini a uno a bilancieri a dito, pensata per migliorare le prestazioni agli alti regimi che migliora però la spinta su tutta la curva.
La potenza massima sale da quindi 150 a 180 cavalli (a 10.750 giri, 250 più su) e la coppia da 117 a 125 Nm a 9.000 giri, con un aumento del regime per il valore di picco di ben 2.000 giri. In generale, il propulsore gira ben 650 giri più in alto nonostante l’aumento di cilindrata.
Anche la trasmissione è completamente nuova: il cambio si sposta sopra il motore (architettura stacked) accorciando il propulsore e offrendo così maggior libertà nelle scelte ciclistiche. Ed è nuova anche la frizione antisaltellamento servoassistita, con un numero di dischi ridotto. Nuovo (e ora finalmente presente di serie) il quickshifter bidirezionale sviluppato in Moto2, che migliora anche nella precisione grazie all’arrivo di un sensore a posizione variabile.
Lo schema generale rimane lo stesso: telaio a traliccio e forcellone monobraccio, tutto in alluminio. Ma viste le soluzioni impiegate per il propulsore, ridotto nelle dimensioni, le misure sono completamente diverse e il peso si riduce del 17%. Le masse si spostano verso il centro, e nonostante un interasse invariato (il forcellone è stato allungato per migliorare trazione e stabilità) la variazione del baricentro determina una moto più agile - e dotata di maggior luce a terra - senza sacrificare la precisione. Il tutto senza sacrificare la comodità per il pilota: il gruppo sella/serbatoio è meglio raccordato e il manubrio è più largo.
Il pacchetto sospensioni conta su sospensioni Öhlins completamente regolabili: forcella NIX30 e mono TTX36, come del resto ci hanno abituati gli allestimenti RS della Speed. L’impianto frenante è a cura di Brembo, con pinze Stylema e pompa MCS a interasse variabile. Metzeler Racetec RR K3 le coperture di primo equipaggiamento, nelle misure 120/70 e 190/55. Giusto a titolo di informazione, per l’uso in circuito Triumph consiglia le Pirelli Diablo Supercorsa SC2.
Il rapporto potenza/peso (considerando 180 cv e 198 kg per il peso in ordine di marcia) migliora del 26% rispetto al modello precedente. Curiosità: è esattamente il doppio rispetto a quello della prima Speed Triple.
La precedente Speed Triple RS non era affatto messa male, con un pacchetto completo e un cruscotto TFT moderno e leggibile, ma la 1200 RS fa un passo avanti adottando un’unità da 5” che migliora leggibilità e completezza, con due temi differenti per lo sfondo e la possibilità di attivare la connettività My Triumph.
Ma la sostanza di rilievo è l’arrivo di una piattaforma inerziale a sei assi, che consente ai controlli elettronici un’operatività più raffinata e precisa - e di conseguenza, meno intrusiva negli interventi sulla guida.
Cinque i riding mode (Rain, Road, Sport, Track e User) che definiscono la risposta del motore, l’intervento del controllo di trazione (otto livelli), dello slide control, del controllo impennata e del freno motore (quattro livelli). Naturalmente, i primi quattro riding mode sono preconfigurati, mentre User permette di variare a piacimento le impostazioni dei controlli di traction e impennata. Slide control e freno motore sono vincolati rispettivamente al controllo di trazione e alla risposta motore.
Naturalmente presente l’ABS cornering, coadiuvato in questo caso da un sistema di frenata combinata grazie all’impianto Continental con modulatore MIB-EVO, che chiama in causa autonomamente il freno posteriore quando si aziona il comando anteriore nei riding mode più stradali.
La Triumph Speed Triple RS è già in concessionaria nelle due livree Matt Silver Ice e Sapphire Black a un prezzo di 17.600 euro, naturalmente franco concessionario. Non sono previste, nemmeno in futuro, versioni oltre alla RS.
Molto ampia la dotazione di accessori - oltre 35, visibili sul sito Triumph e che potete scegliere usando il configuratore.
Per una volta, non basta salire in sella per riconoscere la moto che state guidando. La Speed è cambiata tanto: il manubrio è più largo e si sente, e la posizione è più moderna e raccolta pur restando marcatamente stradale: le pedane sono comunque (relativamente) avanzate e comode, pur assecondando bene nella guida di corpo, con solo qualche limite in termini di supporto in accelerazione.
Il colpo d’occhio sul ponte di comando è gratificante come sempre: le finiture Triumph sono da anni a livelli da riferimento, e anche con questa Speed non si smentiscono. Il cruscotto TFT è davvero chiaro e leggibile, ma soprattutto anche molto elegante, e la gestione dell’elettronica diventa intuitiva in breve per chiunque abbia un minimo di esperienza con la recente produzione di Hinckley.
Basta sfiorare il pulsante d’avviamento perché il tre cilindri prenda vita, e allora la Speed diventa sì riconoscibile: la tonalità di scarico è leggermente diversa dalla solita, ma è comunque inconfondibile. E anche con lo scarico di serie - non bellissimo, a dire la verità, problema comunque facilmente risolvibile - la voce è minacciosa e gratificante.
Una tirata di frizione (leggera) e dentro la marcia, con un cambio corsaiolo dall’escursione cortissima. Preciso, velocissimo e del tutto privo di impuntamenti (e sfollate, dettaglio non sempre scontato) ricorda quello delle migliori moto da corsa; anche se i ragazzi di Triumph non sono scesi nel dettaglio, non serve grande sforzo di fantasia nel cogliere questo come uno degli sviluppi che più deve aver beneficiato del lavoro in Moto2. Unica contropartita, dovuta forse anche alla gioventù dei nostri esemplari, la ricerca del folle in movimento dall’esito non sempre immediato.
Per il resto, solo lodi anche se l’ampiezza dell’erogazione della nuova Speed Triple consente di risparmiare più di una cambiata, soprattutto - immaginiamo - nella guida su strada. Regolarissimo e sostenuto nell’erogazione, a livello sensoriale è meno “esplosivo” ai medi regimi rispetto al precedente, ma la realtà è che è potentissimo e molto efficace. Spinge come un dannato - in modalità Track tenere l’avantreno a terra in seconda e terza costringe l’elettronica a fare gli straordinari - ma fa fare tanta strada, per merito della nuova ciclistica e del già citato lavoro dell’elettronica.
In alto la spinta arriva a essere furibonda, anche se il meglio lo si tira fuori anticipando un po’ la cambiata rispetto alla zona rossa. Niente male, comunque, l’allungo in fuorigiri soprattutto considerando il frazionamento e la cubatura: quando si vuole risparmiare una cambiata, ora il tre cilindri Triumph consente di insistere un po’ con la marcia prima di attaccarsi ai freni.
E parlando di motore viene da tornare alla considerazione iniziale: per l’uso in pista le pedane sono un pelo avanzate, perché la spinta del tre cilindri di Hinckley, senza poter puntarsi bene con i piedi, rende difficile non attaccarsi al manubrio in accelerazione, pratica che una naked così reattiva non gradisce più di tanto, esibendosi in qualche ondeggiamento.
Sgombriamo il campo dai dubbi nel momento in cui iniziamo a parlare della ciclistica: la Speed Triple 1200 RS non è una moto instabile, ma inevitabilmente, l’agilità si paga in qualche modo con uno sterzo che si fa leggero in forte accelerazione, soprattutto quando le velocità lievitano oltre cifre fino a qualche tempo fa assurde per una naked. Il fenomeno, a sensazione, è però quasi sicuramente contrastabile lavorando sulle sospensioni, perché l’assetto di serie della Triumph sembra un compromesso fra l’uso stradale e quello in pista - vi ragguaglieremo meglio quando avremo modo di provarla più a lungo, magari in entrambi i frangenti.
In compenso, trazione in uscita di curva, confidenza in piega e soprattutto in inserimento, magari ancora con una buona dose di freno in mano, sono di altissimo livello. Nella guida in pista qualche rivale fa sicuramente di meglio, ma ci sentiamo facili profeti nel pronosticare un confronto dagli equilibri potenzialmente molto diversi su strada.
Capitolo freni: nulla da dire. Potenza, feeling e resistenza sono a livello delle migliori proposte del segmento. Forse si paga qualcosa in termini di arresto puro, in compenso la modulabilità - che su strada vale tanto quanto la potenza, se non di più - appare superiore alle proposte più cattive e specialistiche. E anche la gestione del freno motore sembra davvero azzeccata: chi (come il sottoscritto) non usa praticamente mai il freno posteriore in pista difficilmente si trova comunque con le ruote fuori linea.
Per quanto riguarda l’elettronica, la nuova Speed Triple è messa molto bene, soprattutto tenendo conto la vocazione più stradale che pistaiola. In modalità Track gli interventi sono efficaci e poco intrusivi, e anche nei riding mode più conservativi si riesce comunque a… divertirsi non poco prima che i controlli guastino la festa. L’unica (debole) critica a cui il nuovo sistema presta il fianco potrebbe essere relativa alla gestione unificata di controllo di trazione e controllo dell’impennata: gli utenti più esperti gradirebbero sicuramente poter impostare separatamente il livello di intervento dei due sistemi nel riding mode personalizzto, ma torniamo al leit motiv di questo test: stiamo parlando di una naked che, pur efficace in pista, vuole dichiaratamente offrire il suo meglio su strada. E comunque, vista l’efficacia del sistema, c’è davvero poco di cui lamentarsi.
Per molte più persone di quanto non si possa pensare. Bella, elegante nella sua cattiveria, efficace e prestazionale, la Speed 2021 torna ad avvicinarsi allo spirito iniziale: se anche ora il legame con una supersportiva non esiste più, il concetto di base - prendere una moto potenzialmente velocissima in pista e adattarla con due ritocchi all’uso su strada - ci sembra ancora quello. Non piacerà, forse, a chi la moto la intende come mezzo prettamente turistico con passeggero e valige, ecco…
Il motore regala quel gusto infinito tipico dei tre cilindri di grossa cilindrata, la ciclistica (forse l’aspetto più datato della precedente Speed) ha compiuto un balzo in avanti che la porta di colpo nuovamente vicinissima ai riferimenti della categoria, e le finiture, come non ci stanchiamo mai di ripetere sulle Triumph, sono di altissimo livello, con pochissime cose appena fuori posto e che… invitano il possessore a personalizzare la propria moto.
Difetti? Come già detto pochissimi, a ben guardare nessuno rilevante - anche perché si tratta piuttosto di scelte progettuali e caratterizzazione. Ci rimane solo da portarla su strada, in compagnia delle sue migliori rivali, per poter descrivere al meglio la personalità di una moto che si è riguadagnata a pieno titolo il suo posto nel Gotha delle naked. Bentornata, Speed.
Casco Arai RX-7V Vinales
Tuta Alpinestars GP Pro V2 Tech Air
Guanti Alpinestars Supertech
Stivali Alpinestars Supertech R
Moto: Triumph Speed Triple 1200RS
Meteo: Sole, 18°
Luogo: Circuito Enzo e Dino Ferrari, Imola
Foto:
Triumph
Via R. Morandi, 27/B
20090 Segrate
(MI) - Italia
02 84130994
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https://www.triumphmotorcycles.it
Triumph
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