La Casa inglese rivisita in profondità l’agile Speedmaster, dal look custom e dalla sella bassa, e rivede lo stile della comoda America. In comune hanno il motore bicilindrico da 865 cc e il prezzo di 8.990 euro
Non di sola Bonneville si vive. Così la pensano a Hinckley. Giustamente i progettisti inglesi utilizzano l’ottima base meccanica e ciclistica del cavallo di battaglia britannico per realizzare delle versioni dal gusto assai diverso tra loro. Ecco che dal cilindro inglese saltano così fuori l’accattivante Speedmaster, che ammalia gli amanti del custom con una linea bassa e allungata, e l’opulenta America, perfetta per viaggiare in pieno relax con uno stile che fa tanto Poncherello e Baker dei Chips.
Entrambi i modelli che vi presentiamo adottano il propulsore bicilindrico parallelo da 865 cc e il telaio in tubi di acciaio, ma cambiano le misure dei cerchi. Oltre, ovviamente, allo stile e all’equipaggiamento. Il prezzo è identico ed è fissato in 8.990 euro (chiavi in mano).
Triumph Speedmaster
La custom sportiva della Triumph affila le armi e nel 2011 acquisisce una linea più slanciata. Merito in particolare dell’avantreno, che rinuncia alla panciuta ruota da 18” in favore di quella da 19”. Dimezzato il numero dei dischi freno anteriori, dato che uno (di grosso diametro) basta e avanza su una custom. Il faro anteriore è di dimensioni più minute e spariscono molte cromature (ad esempio dal carter motore e dai foderi della forcella), in ossequio alla moda total black degli ultimi anni.
La sella Gunfighter dista solo 690 mm da terra, mentre il manubrio è più largo e leggermente più alto rispetto a quanto visto sul modello del 2010. La ruota posteriore è da 15” e il suo parafango ha un taglio differente, che si sposa a meraviglia con i due silenziatori tagliati a fetta di salame. Il bicilindrico raffreddato ad aria conferma il manovellismo a 270°, l’alimentazione a iniezione elettronica e i 61 cavalli di potenza massima a 6.800 giri. La coppia si attesta sul valore di 72 Nm a soli 3.300 giri.
La prova su strada
La Speedmaster è l’entry level della gamma custom del produttore inglese. E bisogna darle atto che sa fare il suo dovere assai bene. La moto è ben fatta, le finiture non lasciano spazio alle critiche. Cromature, ferro e pelle abbondano e ci fanno pensare che i quasi 9.000 euro richiesti sono tutto sommato una cifra ragionevole. La posizione in sella è comoda e permette anche ai piloti più alti di allungarsi (e rilassarsi), pronti per affrontare una bella serie di curve. O un lungo rettilineo che faccia sognare le highway americane.
Il bicilindrico inglese borbotta bello pieno e prende i giri con vivacità. Il rumore proveniente dallo scarico non è niente male (durante il test non saremmo più scesi dalla versione equipaggiata con lo scarico aperto… con buona pace dei vigili urbani di Verona!).
L’erogazione è estremamente fluida, ma i 61 cavalli ci sono, sono veri e belli vispi. Tanto che concludere un sorpasso non è mai un problema.
La guida è sempre piacevole, merito come detto del motore, ma anche di una ciclistica a punto, che consente anche ai principianti di muoversi tra le curve con insospettabile agilità. Attenti solo alle pedane, che sfregano sull’asfalto davvero troppo presto. La frenata ha perso un disco all’avantreno, ma il risultato non cambia: c’è la potenza che serve e anche la modulabilità non presta il fianco alle critiche.
E’ disponibile in due livree cromatiche (nera o rossa).
Triumph America
Condivide la piattaforma tecnica con la Speedmaster, cambia però decisamente lo spirito, in questo caso improntato al massimo comfort di guida (unito a un look molto “americano”).
La sella doppia (ora in un solo pezzo) è posta a soli 690 mm da terra; in questo modo risulta agevole gestire i 250 kg in ordine di marcia (col pieno di benzina) anche a motore spento.
Dietro troviamo anche in questo caso un cerchio da 15” (con pneumatico largo ben 170 mm), mentre davanti è stato scelto un panciuto ruotone da 16”, avvolto dal parafango. Il risultato è quello di una fat custom ricca di fascino e di cromature.
Il manubrio cambia radicalmente e si fa più stretto, più basso e decisamente più vicino al busto del pilota. Modificate anche le pedane del passeggero, che ora sono fissate direttamente al telaio.
La lista di accessori è decisamente lunga e permette di cucirsi addosso la cruiser inglese. Ci sono le borse in pelle, lo schienalino rigido e il parabrezza a sgancio rapido. Due i colori previsti: oltre al nero è possibile ordinare l’America anche nella bella versione bicolore (bianca e blu) protagonista della nostra prova.
La prova su strada
Le due belle inglesine – Speedmaster e America – saranno anche figlie della stessa mamma (la sempreverde Bonneville), ma su strada mostrano davvero caratteri agli antipodi.
Sbarazzina, insolente e giocosa la Speedmaster diverte anche nell’affrontare una banale rotonda cittadina.
L’America no, impostata sul suo bel ruotone da 16 pollici, lei chiede strada. Stabile a ogni velocità (e su ogni fondo), punta tutto sul comfort di guida. La sella è una vera poltrona da cui lasciarsi cullare, meglio se protetti dall’ampio parabrezza (optional).
Riempite le borse in pelle col necessario per un weekend, e partite. L’America si rivela infatti comoda anche per la passeggera. Noi non avremmo dubbi nell’equipaggiarla di tutto punto (soprattutto con lo schienalino /portapacchi) per farne una passista da turismo anche a lungo raggio. Le vibrazioni sono davvero ridotte e l’impegno richiesto in città o sui percorsi ricchi di curve è sempre modesto. Adatti all’indole turistica dell’America sono le prestazioni garantite dai 61 cavalli del bicilindrico inglese, così come la potenza e la modulabilità dell’impianto frenante.
Pregi
Sono due moto ben fatte | Piacevoli e facili in ogni condizione
Difetti
Le pedane toccano presto, anche quando si va piano
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