La Casa inglese tinge di nero l'elegante Thunderbird, aggiunge due fari in stile Speed e piazza nel motore il kit Bore da 98 cavalli. Il risultato è la Storm, una tempesta che regala emozioni. Costa 15.690 euro
La prova della Triumph Thunderbird Storm 1700 è l’occasione per conoscere da vicino le nuove cruiser inglesi, presentate in anteprima al salone di Colonia del 2010. La Casa inglese ha introdotto tre modelli. Speedmaster e America sono le entry level della famiglia cruiser, mentre la Thunderbird Storm 1700 si pone quasi allo stesso livello della straordinaria Rocket III Roadster. Quest’ultima in effetti appare molto vicina, per cilindrata e prezzo (costa 16.600 euro), alla Thunderbird Storm (che costa 15.690 euro; 16.290 nella versione con ABS). Ma le due moto non dovrebbero sovrapporsi nei gusti degli amanti del marchio inglese: la bicilindrica oggetto della nostra prova è infatti una muscle bike potente (98 cavalli), ma anche semplice da gestire a bella da guidare. La Rocket III è invece un’esibizionista pura (2.300 cc, tre cilindri, 148 cavalli e quasi 4 quintali da portare a spasso), fatta apposta per chi vuole esagerare e non si cura troppo delle mezze misure.
Thunderbird Storm 1700. Black Power
La Storm condivide con la Thunderbird “a faro singolo” la ciclistica e parte del motore. A livello estetico le cromature lasciano il posto a un’esplosione di nero opaco che fa assomigliare la Storm a una fiera pronta a scagliarsi sulla sua preda. Non a torto – direi – visto lo scatto da dragster di cui è capace!
Il doppio faro è un evidente richiamo a Speed, Street e Rocket III. Un dettaglio stilistico? No, un avvertimento: la Storm ha la stessa anima brutale delle altre “doppio fanale”. Basta ruotare il gas senza troppa educazione per scoprire la loro essenza da spacciatrici di emozioni.
Kit Bore. Un’iniezione di potenza
Rispetto alla Thunderbird 1600, la Storm guadagna 100 cc in virtù dell’adozione del Kit Bore. I cavalli passano da 90 a 98 a soli 5.200 giri, mentre la coppia tocca il valore di 156 Nm a un regime da diesel common-rail: 2.950 giri. Roba da arricciare l’asfalto a ogni sgasata. Il kit comprende pistoni maggiorati, alberi a camme rivisti e molle frizione più resistenti. Il peso in ordine di marcia, col serbatoio da 22 litri pieno, è di 339 chilogrammi.
Avantreno possente
La forcella ha due steli massicci, da 47 mm di diametro, che stringono la ruota e i suoi grandi dischi freno (da 310 mm). I risers sul manubrio sono inediti e donano una postura più dinamica e coinvolgente al guidatore, rispetto a quanto visto sul modello standard.
La Casa inglese tinge di nero l'elegante Thunderbird, aggiunge due fari in stile Speed e piazza nel motore il kit Bore da 98 cavalli. Il risultato è la Storm, una tempesta che regala emozioni
Il lato “B” è invece dominato dai due scarichi cromati. In Triumph giurano che i decibel emessi siano a norma di legge; meglio così, perché il sound è bello tosto.
Un martellante “tum tum tum ” lascia il posto a un esplosivo “sbraaam” appena il contagiri tocca quota 2.000. In fin dei conti non c’è bisogno di tirare le marce, la tempesta si scatena presto, molto presto. La ruota posteriore è larga 200 mm, misura che ci pare un buon compromesso tra guidabilità ed estetica.
Con la coppia motrice di cui dispone il bicilindrico parallelo raffreddato a liquido, appare quasi superflua l’adozione di un cambio a sei marce. La manovrabilità è però ottima e la sesta overdrive abbatte i giri – e i consumi – nei trasferimenti autostradali. La trasmissione finale impiega una robusta cinghia, silenziosa e che non necessita manutenzione.
La nostra prova. Minimalista solo nel look
Sella bassa (700 mm da terra), pedane avanzate, manubrio largo. Pigiamo il pulsante play e, con un deciso sussulto, il big twin di 1700 cc prende vita. Iniziamo a giocare.
La strumentazione è raccolta sul serbatoio e ci svela subito il vizietto della nostra Thunderbird Storm: a 1.500 giri il motore inizia a spingere come una bestia. Ci spieghiamo meglio. L’enorme bicilindrico ha una regolarità di funzionamento magnifica, che gli permette di sopportare perfino i 1.000 giri in sesta marcia. Ma la Storm non è fatta (solo) per trotterellare giù di giri con un filo di gas. Ci siamo divertiti un mondo invece a far litigare la ruota posteriore con l’asfalto. In prima, seconda e terza la Triumph ha uno scatto imperioso; la tendenza all’impennata è nulla, mentre ogni accelerazione allunga le braccia e toglie il fiato.
Agile nonostante tutto
Il peso e le dimensioni extralarge si sentono, ma non pregiudicano il piacere di condurre la motona inglese sui percorsi collinari. L’abbiamo guidata per parecchie ore sulle strade che sovrastano Lazise e il Lago di Garda. In questo scenario la Storm si comporta come una panterona che corre sorniona tra le curve. Certo, non si fa buttare su e giù nei cambi di direzione come una leggera Bonneville, ma il feeling c’è. Ed è quello giusto. Tanto per fare un altro esempio in casa Triumph: la black Thunderbird è ben più maneggevole della Rocket III. Se si forza l’andatura, le pedane arrivano presto a grattare l’asfalto; la luce da terra è comunque sufficiente e basta raffreddare un po’ i bollenti spiriti per evitare di mandare in fumo i comandi della Storm.
Le vibrazioni sono avvertibili sul manubrio solo oltre i 4.000 giri, un regime raggiunto di rado dai due enormi pistoni inglesi. Promuoviamo anche la frenata, potente davanti grazie ai due dischi sportivi e ben modulabile dietro.
Gli appassionati di muscle bike sono sempre più numerosi – anche in Italia – e la Triumph, con la Thunderbird Storm che abbiamo provato, ha centrato l’obiettivo. Bella, grossa e cattiva come poche (nelle due colorazioni, nero metallizzato o nero opaco), impressiona da fermo e piace una volta in movimento. Chi vince tra lei e la Thunderbird standard? Noi non abbiamo dubbi. Magia del nero.
Pregi
Estetica muscle bike senza compromessi | finiture | carattere del motore
Difetti
Ci piace esagerare: dietro avremmo visto bene uno pneumatico un po’ più largo
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