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La Tiger Sport durante la nostra prova ci ha spiazzato. In tutta onestà non credevamo che le poche modifiche alla ciclistica potessero modernizzare così tanto la guida. Invece la nuova taratura della forcella e, soprattutto, il nuovo forcellone monobraccio (più lungo) hanno cambiato volto alla tre cilindri di Hinckley.
Ora ha una guida più facile e rotonda, è rapida nei cambi di direzione e nel misto va fortissimo con poco impegno. E poi c’è sempre la spinta del “tre”, ora da 125 cavalli, che anche con lo scarico di serie ha una progressione ai medi semplicemente spettacolare.
C’è chi si spinge a definirlo uno dei più bei motori motociclistici degli ultimi venti anni. Sapete cosa vi diciamo? Non ha tutti i torti.
Mancano due indicazioni a cui ormai siamo abituati: la marcia inserita e la temperatura esterna. Peccati veniali, ma su una moto di questo livello ci aspettiamo un computer di bordo che ci dica di tutto e di più.
Intuitivi i blocchetti elettrici e morbide le leve (anche quella a cavo della frizione, che ha un stacco preciso). Le manopole standard hanno il giusto diametro, mentre quelle riscaldate sono piuttosto cicciotte, a misura di manona. Occhio quindi se avete le mani small.
La protezione dall’aria non è il punto forte della Tiger. Con il cupolino standard il casco prende parecchia aria già a 140 km/h, mentre con quello maggiorato ci si può spingere fino ai 150: oltre la testa del pilota viene comunque investita nella parte alta.
Il cambio a sei marce è perfettamente manovrabile e ha una sesta di potenza che si può mettere anche sui percorsi misti; a 130 km/h il motore è a 5.400 giri, il limitatore entra molto, ma molto dopo, a oltre 10.000 giri!
Il tre cilindri da 125 cavalli è un campione di emozioni. Rasenta la perfezione e ravviva il dibattito: servono davvero 150 e passa cavalli su questo tipo di moto?
Abbiamo detto che il tre cilindri 1050 in questa evoluzione da 125 cavalli è un campione di emozioni. E lo ribadiamo. Rasenta la perfezione e ravviva il dibattito: servono davvero 150 e passa cavalli su questo tipo di moto?
Il tre inglese non ha mappature da scegliere, fa a meno dei controlli di trazione eppure lo guidi e senti chiaramente che non gli manca nulla. Niente è fuori posto.
Riprende dal minimo anche in quinta, a 4.000 giri spinge come un dannato, a 6.000 giri urla come un motore da corsa e dai 7.000 il rumore di aspirazione copre tutto con feroce arroganza.
Pare vorrebbe strapparti la giacca di dosso e proietta la lancetta del contagiri dritta contro il limitatore. Davvero un bellissimo motore, che oggi si sposa a meraviglia con una ciclistica molto migliorata. Le nuove quote rendono la Sport più rapida nei cambi di direzione e hanno eliminato quella legnosità a scendere in piega tipica della vecchia 1050, che si guidava comunque bene, ma richiedeva un certo impegno fisico.
Si comporta meglio anche la forcella, ora molto più sostenuta a livello di precarico e di compressione. L’assetto della Tiger è rigido: lo si avverte sullo sconnesso, ma è comunque accettabile in relazione all’indole sportiva della moto.
La frenata è perfetta, potente e ben modulabile, mentre i consumi si sono dimostrati validi: in media abbiamo consumato 7 litri per coprire 100 km. Si poteva fare di meglio, ma non avevamo alcuna intenzione di rinunciare alla spinta del tre della Tiger Sport.
Quattrocento moto vendute nel 2013 sul mercato italiano, questo è l'obiettivo della Triumph. Dopo averla provata - ed esserne scesi a malincuore – diciamo che si può fare.
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