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Secondo molti, gli anni '80 e i '90 del secolo scorso sono stati una "Golden Era" del motociclismo: l'inventiva, la fantasia e la voglia di primeggiare l'una sull'altra delle Case - specie giapponesi (si dice che in Honda ci fosse la direttiva di coprire tutte le proposte di Yamaha con modelli concorrenti, più uno) - condusse al fiorire di eccellenze tecnologiche e allo sviluppo di soluzioni tese a migliorare le prestazioni delle moto, ad arricchirne il design, a individuare nuovi clienti o a stimolare quelli già esistenti a prendere strade nuove. Sul lato dalla produzione di serie questo portò alla presentazione continua di nuovi modelli, o al rapido e continuo aggiornamento di quelli già sul mercato con un'offerta talmente ampia che oggi sarebbe (ed in effetti è) quasi inconcepibile: una Golden Age, aiutata anche da circostanze economiche mondiali favorevoli.
In quei vent'anni, limitandoci a Yamaha, chi non ricorda le prime proposte a tre cilindri, la “follia” di moto come la V-Max, l'introduzione delle 5 valvole e sopratutto il Deltabox che ha da poco compiuto 40 anni e debuttò nelle corse dove, per inciso, la Casa di Iwata tra gli anni '70 e gli '80 sperimentò nella classe regina una varietà di architetture che oggi (a parlare di alesaggio bloccato, centralina unica e di tutte quelle norme del regolamento che portano le MotoGP ad avere approcci tecnici simili) sembrerebbe quasi di sognare: quattro in linea, quattro in linea con due cilindri "girati", quattro in quadrato, quattro a V con differenti angoli tra le bancate...
Chiedo scusa al lettore per questa lunga introduzione, ma quelli erano anni seminali che avrebbero marcato per sempre la storia della motocicletta moderna. Il Deltabox, dicevamo: nato per le corse lo abbiamo poi ritrovato nella produzione di serie dalle piccole cilindrate come la YZR 250 fino a giungere ai giorni nostri. Una delle prime moto a farlo debuttare fu la OW61 ma noi oggi vogliamo citarlo perché ebbe ulteriore notorietà ed evidenza su una delle moto da GP che più è rimasta nell'immaginario collettivo e che ha poi segnato un'epoca, la OW70 di Kenny Roberts del 1983.
Quella stagione non fu la più proficua per l'asso americano che si sarebbe comunque ritirato al termine del campionato, ma di certo fu quella che in molti ricordano con maggiore emozione. La moto bianco-rossa con il numero 4 contese fino all'ultimo GP il titolo ma lo perse per un niente pur vincendo la gara: tuttavia da quel momento in poi e anche grazie a tutte le imprese dei piloti che presero il posto di King Kenny i colori “tabaccai” delle YZR 500 divennero parte dell'immaginario collettivo e i 3 titoli di Lawson, quelli di Rainey, le vittorie di Cadalora e di Kocinski, ma anche le prestazioni di McElnea e Magee, oltre all'enigma di Spencer (assunto da Agostini per correre con la YZR 500 nella stessa livrea, ma senza mostrare prestazioni all'altezza del suo talento) non fecero altro che scolpire nella roccia il mito della moto bianco-rossa, che sfociò successivamente alla produzione di alcuni modelli 125 e 250 molto simili nello stile e nelle colorazioni alle GP portate in gara dai campioni, fino alla moto che stiamo provando oggi: la Yamaha XSR 900 GP. Vero, qualcuno di voi mi starà già dicendo che la XSR 900 GP è disponibile anche in una livrea Power Grey oltre alla Legend Red, ma a parere del sottoscritto sarebbe un delitto non riallacciare lo stile di questo modello alla YZR 500 e in special modo a quella portata per tre volte alla vittoria del campionato 500 da Wayne Rainey.
Insomma, il termine “iconica” - che chi scrive ama il giusto - per la XSR 900 GP che mostra sfrontatamente tabelle portanumero gialle (in tempi remoti erano obbligatori i colori di sfondo dei numeri di gara: nero per le 125, verde per le 250 e giallo per le 500 cc) paramani e livrea molto vicina a quella delle YZR 500 del team Roberts e poi del Team Agostini, non è esagerazione, non è fuori luogo per questo modello che nel look riesce a fare una sintesi tra l'approccio “Faster Sons” della Casa di Iwata e l'Heritage, riuscendo a colpire al cuore con l'arma della nostalgia chi nella “Golden Era” del motoclismo moderno ha passato la propria adolescenza o la propria gioventù: ma saprà colpire anche il motociclista moderno?
Per dare una risposta a questo interrogativo siamo andati a provarla in Portogallo: ecco come è fatta e come va!
La Yamaha XSR 900 GP non è una semplice XSR 900 cui viene aggiunta una semicarenatura. Rispetto alla naked tiene ferma tutta la parte motoristica e in pratica anche quella elettronica (che trovate descritta più in basso) ma la maggiore sportività e l'attitudine a poter girare in circuito (ha pur sempre una potenza paragonabile alle OW70...) hanno convinto i tecnici di Iwata a qualche modifica, ma prima ancora ci piace sottolineare l'ottima qualità percepita grazie alle belle verniciature e alle chicche disseminate per tutta la moto che ricordano le 500 GP: per chi ama un certo tipo di citazioni, questa moto ne è piena.
Il telaio è differente nella rigidezza con le piastre di fissaggio del motore che aumentano nello spessore (in modo asimmetrico), inoltre – unico esempio nelle moto dotate del motore CP3 – ha il cannotto di sterzo in alluminio. Cambiano anche le misure caratteristiche: con steli della forcella più lunghi l'avancorsa passa da 107 a 110 mm, mentre l'interasse viene portato fino a 1.500 mm e il peso in ordine di marcia a 200 kg. Il manubrio tubolare viene sostituito da due semi manubri clip-on e arriva la strumentazione TFT da 5 pollici corredata da nuovi blocchetti elettrici.
Yamaha ha scelto anche di sostenere il cupolino con una leggera struttura tubolare, come era in voga fino ai primi '90 e come ricordiamo con la TZ250; e poi c'è il codino monoposto che nella sua estetica deve necessariamente “copiare” la sella ma che in questo ricorda anche l'approccio delle Yamaha da GP degli anni '70 dove spesso alla pura coerenza estetica veniva preferita quella funzionale (qualcuno ricorda il gap tra sella e serbatoio di quelle moto? Ecco...). Altra differenza, il gruppo ottico anteriore quasi invisibile e composto da una minuscola unità annegata nel cupolino.
La nuova posizione di guida, grazie alle nuove pedane in alluminio, alla sella più sostenuta e ai manubri clip-on, vede questi ultimi 93 mm più avanti e 114 mm più bassi, la seduta più avanzata di 12 mm e 37 mm più alta (si arriva a 835 mm), mentre le pedane (regolabili su due posioni in altezza) sono piazzate 26 mm più dietro e 26 mm più in alto: tutto in confronto alla XSR 900, rispetto alla quale l'ergonomia è decisamente più sportiva ma non tanto quanto la R7, per intenderci.
Ciò detto, il telaio è un Deltabox con struttura a diamante, verniciato in argento (mentre, per esempio, per un periodo quello delle YZR 500 del Team Roberts fu verniciato in nero), le sospensioni vedono all'avantreno una forcella KYB USD da 43 mm e 130 mm di escursione, rivista nella taratura, nei meccanismi di regolazione e completamente regolabile (la compressione anche nelle alte e basse velocità), esattamente come il mono posteriore con leveraggi progressivi, con pomello esterno per il precarico e che offre 131 mm di escursione (erano 137) alla ruota. Nessuna rivoluzione per l'impianto frenante che all'avantreno ha però una nuova pompa Brembo radiale da 16 mm, ma restano i due dischi da 298 mm e le pinze Advics ad attacco radiale, mentre al posteriore c'è un singolo disco al retrotreno da 245 mm; da segnalare che le tubazioni si evolvono per un migliore controllo della frenata nelle condizioni impegnative. Ovviamente presente l'ABS a doppio canale, con funzione cornering. Sui cerchi Spin Forged a 17 pollici sono alloggiati pneumatici Bridgestone S23, nelle misure 120/70 e 180/55, in specifica dedicata a Yamaha (sono le stesse della MT-09 2024).
Il tricilindrico in linea CP3 di 890 cc è il medesimo della XSR 900 e della Tracer 9: vengono dichiarati 119 cavalli a 10.000 giri/min e una coppia massima di 93 Nm a 7.000 giri/min, ed è disponibile per patenti A2. Le valvole sono quattro per cilindro e lo stesso propulsore è inserito nel telaio come elemento stressato della ciclistica. Per il resto, il cambio è a sei rapporti e la frizione antisaltellamento e assistita, con leva regolabile. La XSR 900 GP è inoltre la prima Faster Son a presentare il quickshifter di terza generazione, cosa cambia? Principalmente che si può tenere il gas aperto durante le scalate e salire di rapporto durante le decelerazioni, con un operatività che parte dai 15 km/h e dai 2.000 giri/min per l'upshift e da 1.600 giri/min per il downshift. Da notare che il cambio è stato modificato negli ingranaggi dalla terza alla sesta (più robusti). Modifiche di contorno all'airbox, ma praticamente soltanto per dare un sound più gratificante ai medi regimi.
Cuore della sofisticata elettronica è la piattaforma inerziale a sei assi, che sovrintende al Sistema di controllo della trazione (TCS) sensibile all'inclinazione, il Sistema di controllo dello slittamento (SCS), il Sistema di controllo dell'impennata (LIF) della ruota anteriore e il Sistema di controllo della frenata (BC) e, novità per la GP, è il Back Slip Regulator (BSR). É presente il sistema Yamaha Ride Control (YRC) con tre riding mode fissi (Street, Sport, Rain) e due Custom sui quali – anche attraverso lo smartphone grazie alla connettività di serie – si può intervenire per regolare i controlli elettronici. La Communication Control Unit (CCU) è infatti in grado di collegare lo smartphone alla moto tramite il link all'app MyRide e gestire chiamate e musica oltre alla navigazione integrata Garmin StreetCross, sia turn-by-turn che in modo tradizionale. Di serie troviamo pure il Cruise Control e una presa USB-C annegata dietro il rivestimento destro del cupolino: per raggiungerla è però necessario rimuovere la copertura della carenatura, non il massimo dell'accessibilità.
Saliti in sella alla XSR 900 GP si trova un'ergonomia che ricorda un po' le moto degli anni '90. Manubri moderatamente spioventi e relativamente lontani dalla sella, buon rapporto sella/pedane e un'abitabilità adatta anche ai più alti; facile toccare con i piedi a terra, grazie anche alla snellezza della zona di raccordo tra sella e serbatoio.
In marcia si nota subito un setting sostenuto delle sospensioni, che in città potrebbe riservare qualche reazione impulsiva e cui è facile porre rimedio con le ampissime possibilità di regolazione della forcella e del mono. Buono il comfort, con il motore che scalda poco, un raggio di sterzo comodo per le manovre, vibrazioni soltanto sulle pedane e oltre i 7.000 giri un motore che in mappa Street ha una risposta diretta ma morbida. Se aggiungiamo il peso contenuto resta soltanto da fare la tara alla posizione imposta dai semimanubri che ad alcuni potrebbe essere poco gradita: a chi scrive, nei 180 km della prova, non ha causato alcun indolenzimento ma queste sono valutazioni da fare caso per caso.
É nel misto che la XSR 900 GP dà il meglio di sè: ottimamente appoggiata sulle Bridgestone S23 la modern classic è piacevolissima da guidare tra le curve dove mette in mostra una grande stabilità e permette un livello di confidenza con l'avantreno da riferimento. Facilissimo entrare in sintonia con una ciclistica decisamente a punto e solida, pronta a cambiare direzione anche se non è certamente guizzante e reattiva come un sportiva.
Il reparto frenante è ben più che all'altezza: il doppio disco anteriore ha un discreto attacco - non troppo diretto - e quando lo si chiama in causa produce frenate in linea con la pressione applicata alla leva, mentre il singolo disco posteriore non è incline al bloccaggio ed è un validissmo aiuto nelle pieghe. Onestamente, l'ABS non ha avuto un gran da fare, difficile sentire il suo ingresso in campo a meno che non si sia in una vera situazione di emergenza, al pari del Traction Control.
Nel corso del nostro test abbiamo fatto una puntata al meraviglioso circuito dell'Estoril, ma senza poterlo percorrere nella sua interezza. Ci teniamo a chiarire che quindi la valutazione sull'uso in pista è relativa, il test su questo tracciato si è limitato a percorrere qualche curva e a verificare quanto abbiamo poi trovato conferma su strada: grande appoggio sull'anteriore e ciclistica solida.
Strepitoso il motore, per il suo carattere e per le doti di tiro a ogni regime. Le mappe sono ben differenziate con la Sport per nulla brusca e la Street tutt'altro che "spenta" ed è un piacere sentire il rombo dell'aspirazione emergere dall'aribox ai medi regimi. Mai in difetto di coppia, permette di guidare tra le curve anche con le marce alte senza dover per forza far entrare in funzione il quickshifter di serie che, peraltro, mostra un funzionamento fluido e poco contrastato.
Yamaha avrebbe potuto farne una "operazione nostalgia", e ne avrebbe avuto tutto il diritto: invece la XSR 900 GP ha degli ottimi contenuti tecnici e tecnologici, si guida molto bene, è ben fatta e ha un'estetica che rapisce chi è suscettibile a certi richiami che provengono dagli anni '80 e '90. É una moto moderna, facile da guidare e nella quale non riusciamo a trovare difetti evidenti se non qualche connettore un po' scoperto, il posizionamento ostico della presa USB e qualche - non drammatica - vibrazione sulle pedane sopra i 7.000 giri; davvero roba di poco conto per una moto che non soltanto è in grado di coinvolgervi rievocando tempi mitici, ma può tranquillamente essere una compagna di giochi o essere utilizzata in modo molto rilassato e, per ultimo, rappresenta forse quella categoria di moto "singolari" e uniche come si vedevano spesso negli anni '80 e '90 e adesso molto meno: volete mettere?
La Yamaha XSR 900 GP è disponibile nella - a parere di chi scrive - strepitosa livrea Legend Red o nella più discreta Power Grey, entrambe a 13.499 euro f.c. Se si vuole è possibile aggiungere il pacchetto accessori racing che comprende carena inferiore, portatarga, parabrezza in tinta e il sistema di scarico Akrapovič, che trovate nella gallery: tutto per un perfetto stile anni '90!
Guanti: Ixon GP5 Air
Tuta: Ixon Jackal
Stivali: TCX RT-Race Pro
Casco: HJC RPHA71
Giacca: Alpinestars Missile Ignition V2
Pantaloni: Ixon Alex
Stivali: Alpinestars
Yamaha
Via Tinelli 67/69
20050 Gerno di Lesmo
(MI) - Italia
848 580 569
https://www.yamaha-motor.eu/it/it/
Yamaha
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