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Sono passati diciassette anni da quando la R1 è diventata protagonista dei sogni degli appassionati di moto sportive. Era infatti il 1998 quando la prima serie di questa sportiva Made in Japan, o meglio Made in Iwata, creò scompiglio nel mondo delle superbike stradali. Nel corso degli anni si sono poi avvicendate varie evoluzioni del primo modello, cambiamenti non solo estetici ma anche tecnici. Nel 2002 arrivano un nuovo telaio e l'iniezione elettronica, nel 2004 si raggiunge per la prima volta in campo motociclistico un rapporto peso potenza di uno a uno, 172 cv per 172 kg, mentre il modello 2007 perde le storiche cinque valvole e ritorna alle quattro, acquisendo anche l'YCCT, il controllo del gas elettronico.
Poi arriva il 2009, con la fasatura crossplane e la vittoria di Ben Spies nel Mondiale SBK, ma per vedere una nuova generazione di R1 bisogna aspettare cinque anni, fino a quando all'Eicma 2014 fa la sua apparizione la nuova generazione di Yamaha YZF-R1. Lo fa alla grande, con un look totalmente nuovo che taglia drasticamente con il passato, e una dotazione tecnologica da mal di testa!
Per la prima volta la top di gamma tra le sportive Yamaha non è da considerarsi una moto sportiva stradale adatta all'uso in pista, bensì una moto da corsa adatta all'uso stradale, e con quest’obiettivo è stata progettata e realizzata. C'erano già stati dei precedenti a Iwata, moto come la OW-01 ef la R7 erano due pezzi d’ingegneria votati all'uso pistaiolo, ma per numeri di produzione e per prezzo di acquisto, erano da considerarsi oggetti decisamente esclusivi. Questa R1, in entrambe le versioni disponibili (R1ed R1M) è invece una moto di serie, con un prezzo importante ma allineato a quello delle concorrenti principali, con un travaso di tecnologia proveniente non dalla Superbike ma direttamente dalla MotoGP.
Per la prima volta la top di gamma tra le sportive Yamaha non è da considerarsi una moto sportiva stradale adatta all'uso in pista, bensì una moto da corsa adatta all'uso stradale
Il team di sviluppo ha visto la partecipazione anche di ingegneri presi direttamente dalla MotoGP, il tutto per realizzare una moto più veloce, con più possibilità di regolazione ma anche più facile da usare e di dimensioni contenute, senza penalizzare lo spazio riservato al pilota. Tanto per rendere l’idea il primo muletto, o meglio il prototipo della nuova R1, era in pratica una R6 con motore da un litro. Le linee e i volumi della superbike di Iwata sono dunque figli di una ricerca specifica, che ha comportato l’abbassamento della resistenza aerodinamica dell'8%, inoltre particolare attenzione è stata riservata ai flussi d’aria diretti ai radiatori, acqua/olio, ora sdoppiati, e qui si capisce la particolarità gruppi ottici anteriori, con luci a LED, leggeri, di dimensioni ridotte e dal posizionamento atipico.
Le colorazioni disponibili sono per la R1 sono due, Racing Blue e Racing Red, mentre la R1M è in abito grigio, con serbatoio in alluminio spazzolato come il forcellone e carene in carbonio.
Traction Control, Launch Control, Lift Control, Slide Control, e chi più ne ha più ne metta, a scriverli tutti ci vuole tanto Self Control, ma questa è la lista di diavolerie di cui è fornita la superbike giapponese.
IMU, questa sigla che poco c'entra con l'italica vessazione fiscale ma che significa invece Inertial Measurement Unit, è la piattaforma inerziale: il cuore della gestione elettronica della R1, è colei che trasmette i segnali alla centralina. Questa IMU a sei assi prevede tre giroscopi che misurano il rollio, l'imbardata e il beccheggio, più tre sensori di gravità che forniscono dati sull'accelerazione longitudinale, laterale e verticale. L'IMU trasmette tali dati alla centralina ECU attraverso un sistema CAN e regola l'elettronica della moto in tempo reale, per ottenere il massimo delle prestazioni e del controllo. Un sistema che più che intervenire quando s’innesca un particolare comportamento, lo riesce a prevenire incrociando i vari dati trasmessi dai sensori: un'elettronica che si può definire "predittiva".
Un sistema che più che intervenire quando s’innesca un particolare comportamento, lo riesce a prevenire incrociando i vari dati trasmessi dai sensori
Il controllo di trazione TCS che equipaggia la Yamaha YZF- R1, oltre a leggere la differenza di velocità tra le ruote, legge anche gli angoli di piega della moto, quindi l'intervento su apertura del corpo farfallato, accensione ed iniezione è più elevato in fase di piega. Inoltre il TCS è affiancato da un SCS (Slide Control System) regolabile su tre livelli, che legge i movimenti laterali della ruota posteriore. Adesso ci viene il mal di testa.
Non possono inoltre mancare su una moto "pronta pista" il Launch Control (LCS) regolabile su due posizioni, che una volta inserito in fase di partenza limita l'impegno del pilota alla sola gestione della frizione, controllando il regime motore in automatico, e il Lift Control System (LIF) che controlla il sollevamento della ruota anteriore durante le accelerazioni più violente ed è regolabile su tre diversi livelli o disinseribile a piacere.
Finito? Non scherziamo: come si può pretendere l'attestato di GP replica senza che sia montato di serie anche un Quick Shift? Naturalmente regolabile su due posizioni, per rendere le cambiate il più rapide possibile. E va citata anche la possibilità di dotare la R1 di CCU (Communication Control Unit) montata di serie sulla versione "M". Questa mette a disposizione un data logging che consente di scaricare e visualizzare tutte le informazioni riguardanti la guida: tempi sul giro, angoli di piega, visualizzazione del tracciato e chi più ne ha più ne metta, una vera acquisizione dati professionale. Inoltre il sistema si può interfacciare con un tablet o uno smartphone, attraverso i quali si possono impostare le regolazioni della moto!
Il quattro cilindri è condiviso per entrambe le versioni della R1 ed è un propulsore totalmente nuovo, nella cui progettazione si è cercato di migliorare la potenza, incrementare il regime di rotazione, ridurre gli attriti, alleggerire i componenti. Le prestazioni dichiarate sono allineate a quelle delle migliori concorrenti, e quindi eccoci al cospetto di 200 cv (147,1 KW) a 13.500 giri, con una coppia di 11,5 Kgm (112,4 Nm) a 11.500 giri. Come scritto sopra il motore è completamente nuovo ed è costruito attorno al cuore, l'albero motore "crossplane", che in questa nuova versione perde un 20% di inerzia. Cambiano anche alesaggio e corsa, mentre sono state ridisegnate sia le teste che i cilindri.
Le bielle sono in titanio, e consentono un risparmio di peso del 60% rispetto a quelle in acciaio, con il medesimo materiale sono realizzate anche le valvole di aspirazione. In magnesio sono invece i carter motore, coppa dell'olio compresa, e in questo caso le viti di serraggio sono realizzate in ergal. Il motore ha funzione portante assieme al telaio deltabox in alluminio. Da segnalare che il telaietto reggisella è realizzato in lega di magnesio, così come in questo pregiato materiale sono realizzati i cerchi. L'airbox cresce di volume, +24%, e sfrutta la nuova presa d'aria dinamica che attraversa il cannotto di sterzo, che ha preso il posto delle due laterali del modello precedente, mentre l’impianto di scarico è realizzato in titanio, catalizzatore escluso.
Quattro diverse mappature selezionabili permettono di scegliere il tipo di erogazione preferito (PWR – Power Mode Selection), mentre con i Yamaha Ride Control system (YRC), si possono selezionare quattro differenti combinazioni di controlli, all’occorenza personalizzabili.
La YZF-R1 monta di serie una forcella KYB ultra egolabile con un’escursione di 120 mm, mentre il mono, realizzato dal medesimo fornitore, è anch’esso totalmente regolabile. La vera chicca è però dedicata all’YZF-R1M, che di serie monta le sospensioni Öhlins ERS (Electronic Racing Suspension), che s’interfacciano direttamente con l’IMU, e attraverso la centralina SCU (Suspension Control Unit) regolano in tempo reale l’idraulica della forcella e del mono (c’è anche l’ammortizzatore di sterzo elettronico). Sei sono le regolazioni disponibili, tre per il setting “Automatico”, e tre per quello “Manuale”. I comandi vengono impartiti tramite dei servomotori, che agiscono su due circuiti distinti, compressione nello stelo sinistro, estensione in quello destro.
Anche gli pneumatici sono specifici sulla R1M, Infatti le Bridgestone Battlax RS10 sono dedicate a questa versione (può montare sia le 190/55 che le 200/55 con taratura automatica dei sistemi di controllo della guida), mentre la YZF-R1 è equipaggiata con le Pirelli Diablo Supercorsa SP (per il mercato italiano).
Le pinze freno monoblocco con cilindretti in alluminio sono prodotte da Nissin, e lavorano su una coppia di dischi da 320 mm, mentre una pinza a singolo pistoncino si prende cura del disco da 220 mm posteriore. Non manca naturalmente l’ABS, che però ha una particolarità, e cioè l’Unified Brake System (UBS), che ripartisce la forza applicata al freno anteriore anche al posteriore. Anche se si agisce su entrambi gli assi, la ripartizione è decisa dalla centralina, che “interroga” la piattaforma inerziale e incrocia i dati relativi all’angolo di piega, al trasferimento di carico, velocità e slittamento della ruota.
La gestione e la visualizzazione dell’impressionante quantità di dati relativi alla guida e alle regolazioni della Yamaha YZF-R1, sono affidati alla strumentazione digitale con LCD TFT (Thin Film Transistor) con regolazione automatica della retroilluminazione e fondo bianco o nero a scelta. Si possono scegliere due modalità di visualizzazione”Street” e “Track”. La prima mette in evidenza oltre al contagiri e alla velocità, il consumo istantaneo e medio, oltre ai Power Mode e alle regolazioni del TCS e SCS. Nel caso della visualizzazione “Track” vengono privilegiati il contagiri (che parte da 8.000 giri) e il cronometro, oltre alla marcia inserita.
Volare fino in Australia ed essere accolti da una pioggerella fastidiosa non mette di buon umore: 200 cv e una coppia da strappare le braccia difficilmente entrano in sintonia con asfalti potenzialmente umidi. È anche vero però che l'intelligenza artificiale applicata a questa moto rende le cose meno problematiche. Semmai il vero problema è l'intelligenza di chi gli sta in sella, e quello che per le moto delle generazioni precedenti era impossibile, o per lo meno estremamente pericoloso, con la YZF-R1 2015 è a portata di mano, e un po' meno rischioso.
Primo approccio emozionante come la prima uscita con la ragazzina della terza E, gambe molli e cervello che tenta di riordinare il fiume di dati, nozioni e caratteristiche tecniche che ci sono stati raccontati nelle 12 ore di conferenza stampa (scherziamo erano solo 9!) il tempo minimo necessario per raccontare dello sviluppo di questo concentrato di tecnologia. Adesso poi ci si mette anche la strumentazione che una volta accesa t’investe con una miriade di informazioni. Ok, resettiamo tutto e facciamo finta di nulla, rimaniamo nell'ordine d’idee che se la moto è buona, lo è sin da subito, un po' come la ragazzina della terza E, e che metterci mano non vale la pena almeno per adesso. E pensare che stiamo parlando della versione con sospensioni tradizionali!
L'approccio è tutt'altro che problematico. Impegnativo sì, soprattutto fisicamente, problematico no. La versione con sospensioni tradizionali è strepitosa sin dal primo giro. Un pianeta diverso rispetto alla precedente versione
La prima cosa che ci conforta è che le danze le conduciamo noi e che l'approccio è tutt'altro che problematico. Impegnativo sì, soprattutto fisicamente, problematico no. La versione con sospensioni tradizionali è strepitosa sin dal primo giro. Un pianeta diverso, per non dire una galassia lontana rispetto alla precedente versione. Compatta e stretta tra le gambe, con un interasse da 250 2T dei tempi d'oro, la YZF-R1 impressiona anche solo a salirci sopra. Poi quando la si porta sulla pista da ballo.... è un vero sballo. Il motore oltre che esaltare per la tonalità allo scarico esalta per la prontezza di risposta e il tiro ai regimi medio alti. Spinge forte, e lo fa fino all'intervento del limitatore: l'avantreno fatica a mantenere il contatto con il terreno mentre l'elettronica fa il suo dovere senza infastidire il pilota. Forse per i nostri gusti lo spazio in sella è fin eccessivo, e causa tuta nuova e scivolosa ci si trova aggrappati ai semi manubri e con piedi (diventati per l'occasione prensili) alle pedane per evitare di arretrare troppo sulla sella sotto la spinta esagerata del motore. La pioggerella va e viene, ma non fa in tempo a bagnare l'asfalto e le Bridgestone Battlax RS10 infondono una certa sicurezza, garantendo un appoggio sicuro, i controlli vari non si sentono, e questo è un buon segnale perché vuol dire che non sono invasivi, o forse siamo noi che ancora non "ci diamo ancora il gas".
L'agilità è uno degli aspetti che più ci ha colpito sin da subito e che mette la R1 tra le migliori della categoria, che a oggi sono Aprilia e Ducati. Forse le manca la capacità di prendere la corda e chiudere la traiettoria della V4 di Noale, e non cambia direzione in maniera fulminea come la bicilindrica di Borgo Panigale, ma nel complesso si guida alla grande. Il dubbio che a parità di pneumatici qualche posizione si possa invertire comunque rimane. L'assetto scelto per la nostra R1 sulle prime ci ha soddisfatto, ma alzando il ritmo siamo dovuti intervenire sul precarico della forcella e del mono, a causa della scarsa capacità di assorbimento delle sconnessioni che caratterizzano due o tre curve di questo tortuoso tracciato. "Mollare le sospensioni" ha avuto il suo effetto e in questa configurazione il feeling con l'anteriore è migliorato, anche se con più tempo a disposizione avremmo cercato un ulteriore miglioramento, in particolare alla risposta secca del posteriore.
La chicca del giorno è però la R1M, che con le sue sospensioni elettroniche fa la differenza nei confronti della versione standard.
La moto ci viene consegnata con una coppia di Bridgestone V02 Slick e la cosa non può che farci piacere: il grip non è mai abbastanza, e due pneumatici così promettono tanta aderenza. Abbiamo due soli turni per farci un’idea del suo comportamento, e questo non è certamente d’aiuto anche perché le possibilità di intervenire sulla ciclistica e sul motore sono davvero infinite, e forse a noi conviene fare lo stretto necessario, rimandando al test approfondito a un’altra volta.
Selezionare i vari menu per la regolazione dei controlli, è facile e anche pratica, agendo sui pulsanti posti sul blocchetto sinistro, oppure sul cursore incastonato in quello di destra. Le variazioni che siamo riusciti a provare mutano il carattere della R1M, il che significa che qui l’elettronica funziona per davvero. La possibilità di cucirsi addosso la moto è a portata di mano, sia per l’appassionato sia per il pilota, e questa R1M dimostra senza ombra di dubbio di essere una moto pronto/gara, per contenuti e prestazioni. Queste ultime sono di altissimo livello, e necessitano oltre che di mestiere, anche di una buona preparazione fisica. Come per le concorrenti, anche per la nuova Yamaha, andare forte non è solo questione di cavalli e controlli elettronici, ci vuole anche qualcuno che sappia domarla e che abbia il fiato per farlo.
Le prime impressioni che riceviamo in sella alla versione “M” sono esaltanti, il feeling con l’anteriore è ottimo, inoltre la funzionalità delle sospensioni elettroniche e le scarpette slick la pongono su un gradino superiore rispetto alla sorella standard. Il diverso profilo dei pneumatici, e la gestione elettronica delle sospensioni, rendono la R1M più rapida in inserimento, con una capacità di chiudere le traiettorie superiore alla R1 standard. La linearità degli interventi dei controlli di trazione o semplicemente del controllo delle impennate consentono di raggiungere un buon feeling con la moto, anche se la rapidità con cui la R1M prende velocità, richiede la massima concentrazione in ogni istante. Come detto in precedenza, due turni sono troppo pochi per giudicare una moto con tali e tanti contenuti, certo è che quello che abbiamo percepito, in termini di prestazioni e comportamento dinamico, pone la R1M tra le top della categoria. Un giudizio assoluto non si può dare, un confronto serio andrebbe fatto in condizioni analoghe, stessa pista e medesima gommatura, ma di certo Yamaha con questa moto ha fatto più che un salto generazionale, un doppio salto forse, che la pone nell’olimpo delle superbike stradali e che fa sembrare la R1 precedente una moto di un’altra epoca.
Yamaha
Via Tinelli 67/69
20050 Gerno di Lesmo
(MI) - Italia
848 580 569
https://www.yamaha-motor.eu/it/it/
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