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Meglio la Superbike, la Supersport o la SSP300? Se si ragiona per blasone e fascino è inevitabile concedere la vittoria alla classe regina, è ovvio, ma qualunque appassionato si sia dato pena di guardare le gare delle varie categorie sa bene quando siano divertenti, tirate e appassionanti le competizioni delle serie più piccole…
Il perché è semplice: moto più leggere, semplici e meno potenti sono intrinsecamente più facili da sfruttare e da portare al limite, e in configurazione di monogomma, come avviene nel Mondiale riservato alle derivate di serie, le prestazioni si livellano aumentando incertezza e spettacolarità.
Nel mondo delle moto di serie la regola è ancora più vera. Tutti noi amanti delle sportive subiamo il fascino delle superpotenze delle maxi, anche e soprattutto perché le medie sono un po’ scomparse dai listini delle case (ma date retta, la situazione sta per cambiare) però, quando ci capita di tornare a guidare una bella 600 in pista, torniamo tutti a ricordare… perché ci piacevano tanto.
Abbiamo quindi deciso di inaugurare una nuova serie di articoli, che abbiamo chiamato Piccola contro grande, in cui metteremo a confronto moto… sorelle, della stessa Casa, per capire volta per volta se davvero non si possa fare a meno (disponibilità economica permettendo) dei lussi offerti dai top di gamma o se invece non ci siano ottimi, fondatissimi motivi per scegliere proposte forse meno prestanti, ma certo anche meno impegnative e forse altrettanto gratificanti. Non ci limiteremo alle sportive, ma spazieremo su tutti i segmenti in cui un confronto del genere sia proponibile.
Abbiamo iniziato, dicevamo, proprio da Yamaha, perché è l’unica fra le varie Case (per ora) a proporre moto di tutte e tre le classi. Iniziamo raccontandovele un po’, per poi dirvi cosa cambia nell’uso in pista.
La maxi Yamaha la conosciamo bene fin dalla sua prima versione del 2015, provata ad Eastern Creek ed esaminata nel dettaglio – non a caso – nel reparto corse italiano. Potente, efficace, veloce, ci è sempre piaciuta moltissimo soprattutto per quella sua capacità di andare forte con (relativamente) poco impegno, sia fisico che psicologico, che l’ha vista meritarsi tante lodi nella nostra comparativa delle supersportive 2018.
La base motoristica è quella – ormai collaudata – che si affida al quadricilindrico Crossplane da un litro di cilindrata con fasatura irregolare degli scoppi, carter in magnesio e distribuzione a quattro valvole per cilindro (in titanio quelle d’aspirazione, così come lo scarico) controllato dal sistema Ride-by-wire YCC-T – Yamaha è stata la prima a introdurlo su una sportiva, la R6 di metà anni 2000 – e con cornetti d’aspirazione ad altezza variabile che ottimizzano spinta ai medi e cattiveria agli alti.
Il telaio è un doppio trave perimetrale in alluminio Deltabox, con forcellone nello stesso materiale e telaietto reggisella in magnesio. Le sospensioni, invece delle semiattive ÖhlinsSmart EC 2.0 in dotazione alla YZF-R1M, qui sono un’accoppiata KYB a funzionamento meccanico. Comparto frenante Tokico, con pinze monoblocco e dischi da 320 mm all’avantreno e 220 mm dietro, con ABS cornering.
Una funzionalità che viene proposta grazie alla piattaforma inerziale a sei assi, che proprio Yamaha ha portato nella produzione con il modello 2015, e che consente di gestire separatamente controllo di trazione e di derapata, a cui si aggiungono Launch Control e anti-impennata. Naturalmente presente il quickshifter, che dal modello 2018 è attivo in innesto e in scalata con il beneficio aggiuntivo di un comando cambio migliorato nella funzionalità grazie ad affinamenti generali che, peraltro, hanno coinvolto anche diverse strategie elettroniche.
Altro cavallo di battaglia Yamaha, l’R6 è stata la prima delle 600 quadricilindriche giapponesi a… risorgere con un modello nuovo dopo l’ecatombe Euro-4. Presentata nel 2016, a cavallo fra Intermot ed EICMA come modello 2017, la YZF-R6 è profondamente basata sul modello precedente, che però riceve una profonda iniezione tecnica derivata dall’attuale YZF-R1. Come del resto dichiara l’impostazione estetica, che colloca la 600 giapponese a metà fra la R1 (appunto) e la MotoGP YZF-M1.
Rispetto al modello precedente troviamo uno scarico caratterizzato da un andamento leggermente diverso, con differenze anche all’alimentazione con corpi farfallati più moderni, una presa d’aria più efficace e diverse ottimizzazioni qua e là che hanno permesso di recuperare qualcosa di quanto perso per le normative Euro-4.
Arriva anche un po’ di elettronica, sotto forma del quickshifterQSS, attivo però solo in innesto, e del controllo di trazione TCS su sei livelli.
Per quanto riguarda la ciclistica, fermo restando il telaio a doppio trave in alluminio Deltabox, arriva… la stessa dotazione dell’R1 sopra citata: forcella KYB completamente regolabile con steli da 43mm, perno ruota maggiorato a 25mm, mono KYB completamente regolabile, impianto frenante con pinze monoblocco Tokico e dischi da 320mm di derivazione R1 con ABS racing.
Siamo in attesa dell’arrivo sul mercato della nuova YZF-R3 che ha debuttato a EICMA, ma nel frattempo abbiamo inserito la versione attualmente in vendita, pur meno sportiva e sofisticata, per utilizzarla nel nostro confronto a tre.
La “A2” di casa Yamaha è spinta da un bicilindrico frontemarcia da 321 ccbialbero e 4 valvole per cilindro capace di 42 cv a 10.750 giri che definiscono prestazioni interessanti visto il peso di soli 169 kg con il pieno. Telaio e forcellone sono in acciaio, con sospensioni costituite da forcella convenzionale (gli steli sono da 41 mm) e monoammortizzatore regolabile nel solo precarico.
I cerchi a 10 razze in alluminio calzano pneumatici da 110/70-17 all’anteriore e 140/70-17 al posteriore, e freni a disco da 298 mm con pinze a due pistoncini all’anteriore e 220 mm con pinza a un pistoncino al posteriore.
Per mettere tutte e tre nelle stesse condizioni, vista la forte disomogeneità nella dotazione di serie dei tre modelli, abbiamo deciso di calzare tutte e tre con gomme Dunlop Sportsmart TT, un prodotto non specificamente pensato per l’uso in circuito ma piuttosto per un impiego misto strada/pista, utilizzabili senza problemi di termocoperte, pressioni particolari e necessità di lavoro sulle sospensioni.
Una scelta dettata intanto dalla disponibilità delle misure per tutte e tre le moto, non scontata e anzi spesso esclusa utilizzando prodotti “in mescola”, ma anche dalla nostra volontà di poterci godere le tre moto come in una normale giornata in pista fra amici, senza troppe procedure o cautele, per concentrarci sulla guida e sulle sensazioni piuttosto che sulla prestazione pura, dato che l’esito in questo caso è abbastanza scontato.
SportSmart TT si colloca, nella gamma Dunlop, tra il GP Racer D212 e lo SportSmart2Max(in attesa del Mk3 in arrivo). Li abbiamo utilizzati con pressioni 1,6 (addirittura 1,5 sulla 300) al posteriore e 2,1 sull’anteriore: in entrambi i casi si parla sempre di pressioni a freddo, che come noterete sono più basse della media per sfruttare al meglio la tecnologia NTEC RT.
Da notare che parliamo comunque di pressioni da usare solo ed esclusivamente in pista - su strada raccomandiamo sempre di seguire le indicazioni del costruttore - e che siamo scesi ulteriormente rispetto a quanto probabilmente sarebbe stato giusto usare per il caldo notevole della giornata.
Il verdetto ci parla di una gomma versatile, caratterizzata dalla tradizionale confidenza sull’avantreno di Dunlop e da una buona agilità senza però arrivare a quella da… rasoio a mano libera tipica delle proposte più specialistiche. L’usura? Più che accettabile, visto che in una giornata di caldo torrido in pista non abbiamo notato sensibili decadimenti del grip.
Iniziamo dai punti in comune: le tre Yamaha sono contraddistinte da quel classico equilibrio, tipico delle sportive della Casa di Iwata, fra motore e ciclistica che tende a renderle prestanti sì ma allo stesso tempo accessibili, comunicative e prevedibili.
L’R1 dà un gusto infinito. Potentissima, con la colonna sonora gasante del suo quadricilindrico Crossplaneche ricorda tanto la MotoGP, e allo stesso tempo sfruttabile (per una mille, s’intende) grazie ad un’erogazione da riferimento, sa andare forte senza impegnare troppo il pilota. Soprattutto, come abbiamo già riscontrato in tutte le nostre comparative, è quella con cui è più facile mantenere un passo di tutto rispetto con una notevole ripetibilità, ovvero restando molto costanti nelle prestazioni.
L’elettronica ha ormai un’efficacia eccelsa, e anche nella versione R1 – ovvero non R1M, quindi senza l’assistenza elettronica sulle sospensioni – l’ammiraglia Yamaha è fantastica per rigore e precisione. Ci piacerebbero solo un pelo di agilità in più e magari freni più costanti, anche se su un tracciato come quello di Cremona, dove l’impianto viene sollecitato veramente solo due volte, non abbiamo riscontrato problemi di affaticamento degni di nota.
Rimane comunque una moto da 200 e passa cavalli, quindi pur con tutta l’assistenza da parte dell’elettronica servono fisico e fiatoper… restare attaccati in accelerazione e frenata, e soprattutto un po’ di muscoli per farla voltare, perché anche a causa della sua architettura motoristica (l’albero con fasatura a croce si porta dietro una certa inerzia) i cambi di direzione risultano un po’ fisici.
Lo abbiamo detto tante volte e lo ribadiamo: una Yamaha YZF-R6 ben gommata in pista è uno dei più grandi piaceri che un motociclista sportivo possa concedersi. Agile, reattiva, precisa come solo una 600 sa essere, con l’aggiornamento 2018 ha fatto un passo avanti notevole in termini di stabilità e confidenza a centro curva grazie a una ciclistica da maxi.
Il peso più contenuto, ma soprattutto le inerzie ridottissime, la rendono una saetta in inserimento e nei cambi di direzione: siamo sicuri che con pista libera a disposizione e magari una gommatura più specialistica avrebbe potuto farsi valere ben più di quanto non sia in effetti successo, perché il senso di appoggio tipico delle attuali maxi qui si integra con l’agilità che ci ha sempre fatto amare tanto le 600 supersport. E l’impegno fisico è veramente ridottissimo in ogni situazione, anche se quello psicologico, sia pure per motivi diversi dalla 1000, non è del tutto banale.
La differenza è che la 1000 richiede concentrazione per le prestazioni mostruose che è in grado di offrire, la 600 invece la vuole per la precisione che richiede nella guida, perché evidentemente, pur… facendo meno danni quando si esagera in staccata o in riapertura, il motore non compensa le sbavature come sa fare la maxi. Una considerazione ancora più vera nel caso di questa R6 in versione Euro-4, che ai medi e agli altissimi regimi va un po’ in sofferenza rispetto ai modelli precedenti: se si scende troppo di giri in riapertura, o si cerca di sfruttare l’allungo, l’R6 attuale perde tempo. Date retta, se la volete usare in pista, scarico aperto e rimappatura della centralina. E poi vivrete felici come non mai.
L’R3 porta tutti i concetti dell’R6 – nel confronto con la maxi – ancora più al limite. Se è vero che in diversi aspetti si notano i compromessi necessari a contenere il prezzo a livelli accettabili per la categoria, è però altrettanto vero che il DNA sportivo c’è e si sente: la guida è bella pepata, con una ciclistica sana e capace di dare più di una soddisfazione in pista – l’unico reale limite viene dalle pedane, che toccano terra davvero troppo presto, altrimenti la R3 sarebbe capace di pieghe davvero incredibili.
Allo stesso modo, la forcella è ben tarata per l’uso stradale e anche in pista non andrebbe male finché non si pretende di tirarle davvero il collo in staccata, situazione in cui si desidererebbe un’unità regolabile per trovare maggior sostegno. Al retrotreno si riesce a compensare un po’ la tendenza ad allargare in accelerazione agendo sul precarico, operazione con cui tra l’altro si guadagna anche un po’ di agognata luce a terra.
Il motore ha una bella erogazione, lineare e regolare, e pur non brillando per potenza massima sa farsi valere – anche la voce allo scarico, con l’Akrapovic di serie, ha un suo perché. La personalità della YZF-R3 paga naturalmente la guida rotonda: bisogna forzarsi a dimenticare i riferimenti delle grosse cilindrate, mollare i freni dove non si ritiene possibile e inserirsi a velocità suicide, contando su una massa molto ridotta e una “sanità” della ciclistica che ripaga con percorrenze davvero elevatissime.
Impegno fisico? Inesistente. Impegno psicologico? Una volta fatta l’abitudine ad una guida che noi… veterani abbiamo dimenticato, quasi zero. Ma attenzione a rispettarla, perché la YZF-R3 va trattata come una moto vera. Poi il gusto è davvero tantissimo…
Vi lasciamo al video per le considerazioni relative all’acquisizione dati e alle prestazioni pure. Qui ci limitiamo a confermare quello che in fondo sapevamo già prima di iniziare: se è vero che il fascino dei 200 cavalli, le emozioni fortissime e la sicurezza intrinseca della dotazione tecnologica giustificano l’esborso per l’ammiraglia YZF-R1(18.990 euro), noi dal canto nostro continuiamo a pensare che con una bella YZF-R6, soprattutto se si frequenta spesso la pista, ci si diverte altrettanto. E con i suoi 13.990 euro fa risparmiare il necessario per “mettere su” il kit ufficiale, che riporta il motore alle glorie dei bei tempi. Ci si va forte, si fa una frazione della fatica imposta dall’R1 ma ci si diverte altrettanto.
Per l’R3 il discorso è un po’ diverso: è vero che tutti i concetti espressi per l’R6 si replicano secondo la stessa logica, ma lo scarto prestazionale è davvero molto marcato, e servono interventi un po’ più strutturali per sfruttare al meglio le potenzialità del mezzo. D’altra parte, l’arrivo della nuova YZF-R3 (che proveremo già a gennaio, restate sintonizzati…) sembra poter eliminare diverse di queste obiezioni. Inoltre, la YZF-R3 nasce come nave scuola che sappia traghettare gli appassionati di moto sportive dalla 125 alle medie come l’R6, insegnando i principi della guida sportiva ma offrendo quella versatilità e accessibilità necessarie a far crescere chi, giocoforza, l’esperienza se la deve ancora fare. Il fatto che… ragazzini troppo cresciuti come noi l’apprezzino tanto è da considerarsi, semplicemente, una conferma della sua validità.
Moto: Yamaha YZF-R1, YZF-R6 e YZF-R3
Meteo: Sole, 20°
Luogo: Cremona Circuit
Terreno: pista
Caschi Arai RX-7V, AGV Pista GP R, HJC RPHA 11
Tute Dainese D-Air Racing Misano, Ixon Mirage
Yamaha
Via Tinelli 67/69
20050 Gerno di Lesmo
(MI) - Italia
848 580 569
https://www.yamaha-motor.eu/it/it/
Yamaha
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20050 Gerno di Lesmo
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