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L’anno scorso la vittoria della prova di Salt Lake City aveva confermato che dietro a quel ragazzo dai modi gentili c’era anche della sostanza, ma nessuno avrebbe pensato ad inizio di stagione così travolgente. La sorprendente affermazione nella prima tappa della 250 poteva anche starci, ma la seconda ha creato un vero e proprio sconcerto nel versante statunitense che ha puntato i riflettori sul neo acquisto della KTM Rockstar Energy il quale non ha fatto altro che ribadire il salto di qualità fatto durante l’inverno vincendo anche la quarta prova di Oakland.
«Sono partito ad inizio stagione molto concentrato – ha raccontato Jason – e sapevo che potevo lottare per il primo posto, ma francamente vincere due gare di fila è stata una sorpresa anche per me perché farlo consecutivamente non è facile».
A parte l’essere passato dalla Suzuki alla KTM, cosa è cambiato rispetto all'anno scorso?
«Con la mia 250 mi trovo molto bene ed era proprio quello che volevo guidare, da parte mia sono migliorato, maturato, e sto prendendo confidenza con le gare. Non ho variato niente nell'allenamento, ho fatto le stesse cose degli anno scorsi ma sono cambiato io, ho capito cosa serve per arrivare al vertice».
Quest’anno però stai lavorando con Jeff Ward.
«Sì, segue il mio programma, essendoci passato prima di me lui ha esperienza per cui mi guida e mi consiglia su possibili situazioni che si presenteranno, soprattutto mi aiuta a imparare a cosa ci si trova di fronte quando si lotta per il campionato visto che a me non era mai capitato».
Come hai raggiunto il livello dei migliori piloti?
«Grazie a una intensa preparazione: l'allenamento in moto, la palestra, la bici, le partenze, il comportamento nelle battaglie in gara, e anche l'approccio generale alla giornata di gara».
Ma chi è Jason Anderson?
«Vengo dal New Mexico e ho iniziato a correre quando avevo circa sei anni. Ho partecipato al campionato amatoriale Loretta Lynn, e questo è il mio quarto anno da professionista i primi tre passati in sella alla Suzuki. Amo le moto da fuoristrada, amo guidarle e sono venuto qui dal New Mexico per cercare di vincere un campionato e vivere il mio sogno».
Come sei arrivato al motocross?
«Avevo uno zio che correva, e ho sempre pensato che fosse un bello sport, poi a sei anni mio nonno mi ha comprato una minicross e tutto è iniziato da lì».
I tuoi genitori ti accompagnano alle gare?
«Sì, vengono a vedere la maggior parte delle gare. Lavorano, quindi non possono essere sempre presenti, ma quest’anno sono venuti alle ultime tre. Anche i miei nonni ci aiutano, le gare piacciono a tutti in casa, e tutta la famiglia si sta impegnando molto, è favoloso averli vicino a me».
Imparo velocemente e mi riescono subito facili
Quali sono i tuoi punti di forza?
«L’ottima forma fisica che ho raggiunto per questa stagione, e il talento di fare certe cose in pista, imparo velocemente e mi riescono subito facili, e grazie a questo sto migliorando anche le partenze».
Cosa pensi di dover ancora imparare?
«Sto cercando di rimanere concentrato per ognuno dei quindici giri, e lavoro mentalmente per rimanere sempre concentrato sulla gara e isolarmi da quello che mi succede intorno».
La prima volta che ti ho visto sono rimasto impressionato dalla tua rapidità in generale, ma soprattutto dalla velocità pazzesca che hai all’uscita di curva che mi ha ricordato un po’ Ricky Carmichael.
«Effettivamente credo di avere quello stile di guida, sempre al limite. Ma forse assomiglio a Ricky perché anch’io voglio vincere assolutamente, ci accomuna il grande desiderio di vincere».
C'è qualche pilota, anche del passato, che hai come esempio o che ti piace in particolare?
«Mi piacciono i piloti europei, seguo le gare del Mondiale e si vedono degli stili veramente unici. Non siamo abituati a questo stile negli USA, li hanno modo diverso per affrontare le cose, sono tutti molto calmi mentre qui invece siamo molto più indisciplinati e tesi. Mi piace soprattutto Gautier Paulin perché ha un bello stile, e poi Stefan Everts che penso piaccia a tutti per come sta sulla moto».
Ho fatto molte interviste ai piloti americani, e devo dire che sei uno dei pochissimi che segue i GP, di solito oltreoceano non hanno molto interesse per il Mondiale.
«Invece a me piacerebbe partecipare ai GP. L'anno scorso ho conosciuto Desalle e Strijbos che si erano appoggiati al nostro team per fare il National, e dopo chiesi al mio team manager se potevo correre l'ultimo prova iridata in Olanda ma purtroppo non siamo riusciti ad organizzare la trasferta. Credo però che deve essere bello, si gira il mondo, si vedono tanti posti nuovi. Ai piloti europei piace venire qui, sognano di venire a gareggiare in America, io ho lo stesso desiderio a rovescio, è qualcosa di nuovo che vorrei provare. Il Mondiale mi piace proprio, Cairoli mi sembra un pilota eccezionale che è sempre in gara e che sa stare sempre concentrato mentre Paulin e Desalle hanno avuto momenti di distrazione. Credo sia raro vedere piloti come lui o Villopoto, che sanno dominare le gare con costanza».
Ai piloti europei piace venire qui, sognano di venire a gareggiare in America, io ho lo stesso desiderio a rovescio
Preferisci il motocross o il supercross?
«Ho ottenuto dei risultati migliori nel supercross, ma mi piace molto il motocross perché è come tornare alle mie origini, lo facevo fin da piccolo. Mi piace perché i tifosi sono più veri, appassionati che amano questo sport, mentre al supercross ci trovi un po' tutti ed è più come un qualunque altro spettacolo».
Cosa ti piace e non ti piace della tua attuale attività?
«Purtroppo per arrivare ad alti livelli devi rinunciare a molto, non c'è tempo per gli amici e cose del genere, devi essere presente e concentrato sette giorni su sette. Specialmente in America, perché il nostro calendario è molto lungo, corriamo da gennaio a settembre, poi magari hai una settimana libera e si ricomincia subito l'allenamento. Non c'è un vero stacco, e si perdono molti momenti in famiglia, questa è la parte che non mi piace. D'altro canto, corro in moto, che è una cosa che adoro, guadagno dei soldi e quindi devo accettare anche questa parte».
Se continui così mi aspetto di vederti al Motocross delle Nazioni.
«Speriamo! Mi piacerebbe tantissimo, sarebbe bellissimo venire in Europa per partecipare a questo evento. So che negli USA lo faranno nel 2016, allora forse sarò nella 450, e mi piacerebbe esserci almeno una volta. Io lavoro con Jeff Ward, e lui è stato nel team USA al Nazioni per nove anni e ha vinto nove volte, forse lui è la persona giusta che può insegnarmi come arrivarci».
La prossima domanda riguarda il tuo tempo libero.
«Mi piace uscire con degli amici che ho qui in California, mi piacerebbe anche tornare a casa per passare del tempo in famiglia, ma è troppo lontano, il viaggio è troppo lungo. Qui andiamo in spiaggia o ci divertiamo guidando macchine telecomandate».
Ragazze? Una o più?
«Questo è uno dei benefici del supercross! Ci sono più ragazze rispetto al motocross, ma anche ai GP sono belle, e mi piace l'accento che hanno quando parlano, tipo l'accento inglese. Comunque per ora niente ragazza per me, credo di essere un po' egoista al momento, anche se ce ne sono tante in giro…».
Cosa mi dici della religione?
«Credo di poter dire di essere cristiano, ma non sono andato in chiesa fin da quando ero piccolissimo».
Chi è la persona più importante per la tua carriera?
«Direi i miei nonni, hanno fatto di tutto per me, mi hanno portato alle gare, mi hanno portato in California quando da noi nevicava così potevo correre comunque. Hanno fatto tantissimo per me».
Un tuo obiettivo?
«Vincere il campionato».
Un tuo obiettivo per il futuro?
«Vincere tutti i campionati».
Un sogno?
«Il mio sogno sarebbe di vincere un campionato con la 450, e avere vicino i miei genitori e i miei nonni per festeggiare».