Buell, tra soddisfazioni e masochismi

Buell, tra soddisfazioni e masochismi
Il motociclista “autentico” non la gradiva, ma l’architettura delle moto americane non era tanto avventata: veloci in pista e non si sapeva perché. Ecco il ricordo di chi per primo osò gareggiarci in Italia | M. Temporali
15 aprile 2010


Leggevo di recente, proprio qui su Moto.it, la notizia di Buell, che oggi produce artigianalmente solo moto da corsa. Non mi stupirei se un giorno si presentasse a bussare alla porta della MotoGP: una follia del genere mi sembra equiparabile a quella del Team FB Corse, che quest’anno correrà alcune gare con Garry Mc Coy. D’altronde servono coraggio, volontà e un tot di incoscienza per vincere le sfide. Io sono dalla loro.

L'idea di correre con chili in eccesso e pochi cavalli


Anno 2005, la Squadra Corse Numero Uno Milano debuttava nel campionato Supertwins con una Buell guidata dal sottoscritto. Sembravamo un team da mondiale, non mancava niente, nemmeno il “muletto” e i tappetini da mettere sotto alle moto col nome del pilota… Puliti, ordinati, precisi.

Il motore curato da Roberto Pattoni, quel Pattoni là ex 500, sì; la ciclistica seguita da Gigi Perotti, meccanico da quindici anni nel Motomondiale; moto colore arancio, livrea Numero Uno Milano, direi che c’era proprio tutto. Mancava solo un mezzo competitivo... Il peso sforava abbondantemente i 200 chili e i cavalli erano pochi e da trotto, un’ottantina. A 6800 giri entrava il limitatore, sembrava quello di un auto diesel. «Dove vuoi andare con quel cancello?», mi si chiedeva con garbo.

Mah… forse sì, entrare con Buell nelle corse poteva essere la cazzata più colossale in progetto,

Entrare con la Buell nelle corse poteva essere la cazzata più colossale in progetto, ma pensai anche che una in più nella vita non avrebbe scombinato la media

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ma pensai anche che una in più nella vita non avrebbe scombinato la media. E poi, non essendo mai riuscito a partecipare al Mondiale, nemmeno al gioco delle biglie, a 31 anni meglio scegliere storie di moto divertenti e senza certezze, col finale a sorpresa.

La “follia” venne costruita sulla base di un’esperienza del 2004. Dovevo andare a Brno a correre con una Ducati 749, ma, non conoscendo la pista, pensai di iscrivermi anche ad un’altra categoria, per poter girare di più. Conoscevo Giovanni Valla, il boss della concessionaria Numero Uno Milano. Del tutto in amicizia pensò di darmi una XB12R di serie. Nessuna prerogativa, quindi. Strano a dirsi, per uno che ha il tarlo dei manubri bassi come me, ma in quel week end mi divertii di più a “remare” col Calimero americano nelle retrovie piuttosto che con una belva selvatica come il “Duca”, che permetteva posizioni in classifica di prestigio, ma scontate. Purtroppo in gara si ruppe la cinghia di trasmissione, ma la moto non andava malaccio; aveva solo bisogno di un po’ di cure “da pista”.

Tra soddisfazioni e rotture


Prima gara vera, Mugello. La Supertwins era allora come oggi l’unica classe in cui si poteva correre con dei prototipi. Che bella categoria! C’era di tutto, dalla Moto Guzzi MGS01, serie limitata e costosissima, guidata da Gianfranco Guareschi, alla Millona NCR di Paolo Bentivogli, ancora più costosa ed estrema. Proprio quest’ultima dava uno schiaffo tecnico a tutti quanti: una moto che pesava poco più di cento chili, meno della metà della nostra, e aveva una trentina di cv in più. Persino alle verifiche tecniche ci fu un commissario che, pesando la Buell, fece una risata beffarda: «E dove volete andare voi ?!». Impiegò qualche istante prima di siglare il telaio col pennarello… E senza punzonatura sapete che non si corre.

Ebbene, tra la sorpresa generale dei presenti, perdemmo per un soffio la prima fila. 33 i partenti. Il motore sembrava spingere con la coppia di un Lamborghini (il trattore, ndr), il telaio corto e l’avantreno “schiacciato” permettevano alla moto di girare armoniosamente dentro alle ampie esse del Mugello. Che meraviglia… Bon, il ghiaccio era rotto. Avevamo capito che la scommessa era vinta, Buell poteva stare tranquillamente nella mischia insieme alle numerosissime Ducati, Moretti, Vyrus, BMW e al resto della banda, di un decoroso campionato italiano.

Mi rendo conto che non stiamo parlando di Neil Armostrong sulla Luna, ma questa era semplicemente la difficoltà che Erik Buell incontrava ogni giorno, moltiplicata per anni, in cui le porte chiuse in faccia erano più di quelle aperte. In quel caso, il primo “bam” sul naso in Italia lo prendemmo noi per lui. Ma la soddisfazione di stare davanti a moto ben più credibili e blasonate di una Buell ubriaca, volete mettere?

...e ritiri

Peccato solo che ci mancò uno zic per fare 31… La classifica della gara del Mugello ( Scarica il PDF ) è perfettamente rappresentativa di come andò la stagione 2005. RITIRATO, due gare su cinque, una non disputata e quando vedevo la bandiera a scacchi… dovevo ringraziare la parzialità della rottura che mi permetteva comunque di terminare la gara.
La "carena" di Max
La "carena" di Max

Buell era una moto delicata e fragile, andava curata con l’esperienza che nessuno di noi aveva. E con parecchia pasta rossa… Quante maledizioni. E che masochisti!
Al Mugello rientrai ai box quando ero addirittura terzo (!), ma lasciai la pista dopo aver stampato un onorevole 2’08, che non mi spiego ancora adesso come sia saltato fuori…
Oggi dico solo, peccato! Non era la Britten, ma tecnicamente ci stava in un mercato standard come quello moderno. E a me piaceva molto.
Ma al povero Erik e alle sue moto, nessuno ha mai creduto, neanche chi l’ha ospitato in casa fino a ieri.
 

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