Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Federazione Motociclistica internazionale da una parte, italiana dall'altra, e in mezzo quella europea, che però nel panorama delle due ruote a motore sino ad ora ha avuto un ruolo secondario. Nell'ottica si supportare l'intensa attività svolta a livello mondiale e quella che le singole federazioni portano avanti nei rispettivi Paesi, la UEM si è posta nuovi traguardi con l'obiettivo di essere più a stretto contatto e dare manforte alle altre sorelle più conosciute.
«Abbiamo in programma alcune attività già approvate dal nostro nuovo Management Council che nel prossimo quadriennio gestirà le attività del nostro continente - spiega Alessandro Sambuco, segretario generale della Unione Motociclistica Europea-. Tre sono in particolare le linee guida che seguiremo, e che vanno al di là dei confini strettamente geografici dell'Europa in quanto coinvolgiamo 47 Federazioni motociclistiche nazionali non tutte facenti parte dell'Unione Europea. La prima è definita Dual Carreers, e intende proporre ai giovani piloti emergenti la possibilità di conseguire un titolo accademico di primo livello durante la loro attività sportiva in modo che una volta terminata l'attività sportiva possano avere un'attività lavorativa nel nostro settore. Noi siamo direttamente interessati a reperire risorse umane qualificate, con un trascorso sportivo importante, per lavorare al meglio nel nostro settore».
Come si esplicherebbe questa funzione?
«Il progetto prevede di creare le condizioni per far correre ed allenare giovani talenti individuati dalle Federazioni nazionali in prossimità di una delle università europee vocate allo sport che andremo a selezionare come ad esempio l'Università degli Studi di Roma del Foro Italico. Il 2012 sarà l'anno di preparazione di questo progetto, durante il quale creeremo tutte le basi per farlo partire da quello successivo, che dovrà essere svolto in collaborazione con una Casa motociclistica o con un team che già si occupa di attività a livello continentale. In pratica mentre studiano e conseguono un titolo universitario di base possono correre ad alto livello».
La seconda attività invece?
«Si chiama Over 60, ed è scaturita dalla considerazione che in Europa la popolazione con più di sessant'anni sta diventando importante in termini numerici e che i motociclisti in quell'età dispongono di tempo e condizioni economiche per fare la loro attività in modo tranquillo e divertente senza l'ansia del lavoro normalmente dediti alle moto d'epoca o al turismo. Noi cercheremo quindi di coinvolgerli in iniziative turistiche o concentrazioni di moto d'epoca dove organizzeremo workshop tenuti da medici, psicologi, fisioterapisti, preparatori atletici e qualsiasi altra figura professionale che possa offrire loro un contributo per estendere nel tempo l'attività motociclistica. Per questo tale attività l'abbiamo chiamata "extending the riding age", dove daremo indicazioni per fargli fare attività motociclistica per più tempo possibile e nelle migliori condizioni fisiche e mentali possibili».
Per tutte le discipline o prettamente stradali?
«In linea di massima per tutte, anche se però quella fuoristradistica prevede un impegno fisico notevole per cui per gli Over 60 si parla perlopiù di attività da diporto».
Il terzo punto?
«E' un corso per medici di gara incentrato sulla medicina sportiva di emergenza nel motociclismo. Si tratta di un progetto partito lo scorso settembre in occasione del GP Superbike di Imola in collaborazione con la Federazione Internazionale Medico-sportiva che si è dimostrato molto interessante e che ha avuto un discreto successo. E' stato tenuto da due docenti norvegesi, dei quali uno particolarmente esperto in sport a rischio autore dell'unico manuale scientifico disponibile sulla medicina d'emergenza uscito proprio in questi giorni in libreria i cui proventi verranno devoluti in beneficenza, abbiamo tenuto un corso di ottimo livello per venti medici che già operano sulle piste provenienti da dodici nazioni selezionati dalle rispettive federazioni europee. Il corso si è svolto nell'arco di tre giornate, delle quali l'ultima si è conclusa con una visita alla Clinica Mobile all'autodromo di Imola, al soccorso con l'elicottero e a tutte le strutture disponibili con il personale impiegato. Questi medici operano già sulle piste, ma la maggior parte di loro viene dalle federazioni che noi consideriamo in via di sviluppo e questo per noi è molto importante perché vogliamo aiutarli a livellarsi subito su degli standard qualitativi che siano omogenei in tutta Europa per far sì che i nostri piloti abbiano gli stessi standard di sicurezza su qualsisia pista europea che ospiti attività continentale».
Altre iniziative?
«C'è un quarto progetto che avevamo approvato dallo scorso anno, ovvero la realizzazione di Training Camp per enduro e motocross ma anche di altre discipline dove si effettuano attività preparatorie per i giovani per metterli in condizione di preparare al meglio la stagione di gare. Anche qui è prevista la partecipazione di giovani partecipanti al campionato europeo inviati dalle Federazioni di tutta Europa e il contributo di una serie di tecnici professionisti che aiutano i piloti nella preparazione invernale. Questo attività l'anno scorso non siamo stati in grado di attuarla per diversi motivi, non ultimo quello di non aver reperito le risorse necessarie, ma che ci riproponiamo prima o poi di realizzare.
Questa serie di iniziative andranno quindi rafforzare i vari campionati europei.
«Esatto, visto che abbiamo già operativi campionati per tutte le specialità vogliamo semplicemente incrementare la loro importanza dando le stesse opportunità a tutti i Paesi europei, anche a quelli in via di sviluppo, offrendo loro i mezzi e le informazioni disponibili per preparare al meglio i piloti, perché sappiamo che un atleta preparato è anche un pilota che svolge con maggior sicurezza l'attività sportiva, incrementando allo stesso tempo la qualificazione e l'aggiornamento di tutte le figure professionali che ruotano intorno all'attività sportiva, medici, preparatori e quant'altro».
Il fine ultimo è usare queste attività come trampolino di lancio per il Mondiale?
«Dovendo tracciare un itinerario ideale dell'attività di un giovane pilota, ovviamente si parte a livello nazionale per le categorie minori e giovanili, per poi affinarsi, passare alle categorie superiori e, una volta ottenuti i risultati di alto livello, passano all'attività internazionale con un primo step che è proprio l'Europeo. L'Europeo è organizzato in modo da rappresentare già un'esperienza internazionale uscendo dai confini del proprio Paese, però organizzato in modo tale che sia ancora accessibile. Che non rappresenti una barriera come l'ingresso ad una attività iridata che può essere troppo impegnativa soprattutto dal punto di vista logistico e degli investimenti economici necessari».
Quindi più che una sovrapposizione all'attività della FIM vuole esserne un completamento.
«In realtà è un continuum, un'attività nazionale che passando per quella continentale travasa questi giovani piloti direttamente nell'attività Mondiale. Quindi non è certo di contrasto bensì propedeutica e di supporto a quella della Federazione Internazionale».
In prospettiva quindi ci sarà una sinergia sempre maggiore.
«Sì, la nostra intenzione è quella di migliorare sempre di più e strada facendo perdere sempre meno talenti perché magari hanno incontrato difficoltà nel passaggio allo step successivo di qualsiasi ordine».
Perché finora l'attività della UEM è sempre stata un po' in sordina?
«In realtà abbiamo quindici anni di attività che è andata via via crescendo, raccogliendo un interesse sempre maggiore. Noi ci siamo sempre stati, abbiamo sempre organizzato e stiamo organizzando sempre di più, diciamo che la visibilità arriverà man mano che noi acquisiamo una dimensione sempre più professionale e riusciamo ad essere sempre più presenti sul territorio».