Ianuzzo in Supersport con Lorenzini e la Kawasaki

Ianuzzo in Supersport con Lorenzini e la Kawasaki
Abbiamo intervistato il pilota di Avellino che anche nel 2011 gareggierà nella classe 600. Corre da quando aveva 16 anni ma grinta e passione non gli mancano di certo | C. Baldi
29 novembre 2010

 
Vittorio Iannuzzo è nato ad Avellino nel 1982 e pur avendo solo 28 anni corre nei campionati delle derivate dalla serie dal 1998 quando a soli 16 anni fece il suo debutto nel mondiale Supersport. Una carriera non facile per Vittorio, costellata da grandi soddisfazioni, come la vittoria nel mondiale Stock 1000 nel 2002, ma anche da gravi incidenti. Nel 2008 a Phillip Island, alla partenza della prima manche, colpisce con la mano sinistra la marmitta della Ducati di Fabrizio che non era partita ed era ancora ferma in prima fila. Dopo mesi di cure e di interventi chirurgici Iannuzzo risale in sella e conclude il campionato con la Kawasaki del team Pedercini. Ma i suoi momenti difficili non sono legati solo agli infortuni. Lo scorso anno il suo team, che gareggiava nel mondiale Superbike con una Honda, chiude i battenti dopo poche gare e lo lascia a piedi. Però il pilota di Avellino ancora una volta non si dà per vinto ed entra a far parte del team BE1 Triumph, con il quale corre il mondiale Supersport.

Vittorio è stato, e sempre sarà, un pilota a quattro tempi, innamorato della sua professione e delle gare per moto derivate dalla serie. Auspica che in futuro le Superbike ritornino ad essere moto meno sofisticate e meno vicine alle GP. Moto più vicine alle stradali e che diano modo ai piloti di dimostrare la loro bravura. Mezzi dove l’elettronica non la faccia da padrone.
La pensa come Lucchinelli che dice “l’elettronica lasciamola a quelli poco buoni”.
Il prossimo anno Iannuzzo correrà con il team Lorenzini nel mondiale Supersport e porterà in pista una Kawasaki. Vanni Lorenzini è quello che per primo ha creduto in lui e che lo ha fatto debuttare nel mondiale. Siamo certi che Vittorio non lo deluderà perché ha tanta voglia di correre e di dimostrare di essere uno dei migliori piloti in circolazione.
Glielo auguriamo di cuore : in bocca al lupo Vittorio!


Vittorio a breve ci sarà la comunicazione ufficiale del tuo accordo con il team Lorenzini by Leoni, con il quale disputerai il mondiale Supersport 2011. Spiegaci i motivi di questa scelta.

«Ci sono diversi motivi per giustificare questa mia scelta. Dopo un 2010 disastroso, nel quale, per la prima volta nella mia carriera, mi sono ritrovato a piedi praticamente dopo sole poche gare dall’inizio del mondiale Superbike, ho avuto la possibilità di passare al team BE1 Triumph in Supersport. Ero convintissimo di poter disputare da subito delle ottime gare con la 600 inglese, ma invece purtroppo ho fatto fatica ad adattare il mio stile di guida della Supersport ed inoltre ho anche avuto qualche problema con i tecnici della squadra, soprattutto perché per loro gestire ben quattro piloti non è stata certamente una cosa facile. Mi è sembrato quindi giusto proseguire in Supersport, anche per dare un po’ di continuità alle mie scelte. Non appena ho saputo della possibilità di entrare a far parte del team Lorenzini, ho cercato di prendere al volo questa occasione. Grazie soprattutto al grande lavoro del mio manager, Ciro Tronocone, ci siamo riusciti e sono contento di far parte di uno dei team che io giudico essere tra i migliori della 600. Per me è un ritorno alle origini ( ho iniziato con loro la mia carriera nel mondiale ) e con loro voglio tornare ad essere competitivo e a dare il 100%».


Tu sei stato un ragazzo prodigio ed hai debuttato a soli 16 anni nel mondiale Supersport. Troppo presto?

«Penso di essere stato il primo degli italiani ad orientarmi subito sulle quattro tempi sin da quando ero molto giovane e mentre tutti gli altri piloti cercavano fortuna nei campionati GP a due tempi. Non credo di aver debuttato troppo presto, perché nel mio primo anno in Supersport feci subito delle ottime gare che diedero un grande slancio alla mia carriera, anche grazie anche alla Yamaha Belgarda (allora si chiamava cosi ) che puntò tanto su di me. Se oggi sono qui è anche grazie a loro».


Ora hai solo 28 anni ma hai già disputato 4 stagioni in Supersport, 5 in Superbike e 3 nella Stock 1000, campionato nel quale hai vinto il titolo nel 2002. Ma qual'è la tua categoria preferita? Quella che ti piace di più?

«La categoria dove ho fatto meglio è di sicuro la 1000 stock ed è anche la categoria che io preferisco. Non esiste al mondo un altro campionato dove il pilota possa dimostrare tutto il proprio valore, a prescindere dal mezzo che guida. Io credo che la Superbike del futuro debba essere la Stock 1000 di oggi. Con meno elettronica un pilota può dimostrare davvero quale sia il proprio valore».


Campione Stock 1000 nel 2002, ma come spesso capita non è stato un vero trampolino di lancio verso la Superbike.

«Sì è verissimo ma io sono stato molto fortunato nella mia carriera perché ho trovato in quegli anni Fabrizio Pirovano , la Suzuki Italia con Daniele Mutti e la famiglia Battà che hanno creduto tantissimo in me e mi hanno aiutato molto a diventare un pilota vero , un professionista completo. E’ a loro che io devo tantissimo e li considero un po' come la mia seconda famiglia. Tutti i giovani piloti meritevoli dovrebbero almeno una volta poter correre in quel contesto. Un ambiente davvero speciale».


Il 2010 è stato un anno davvero difficile.
«Sia il 2009 che il 2010 sono stati anni difficilissimi, perché pur di restare nel mondiale ho accettato di correre con moto e team non molto competitivi e di conseguenza i miei risultati sono stati abbastanza scarsi. Nel mondiale Superbike non c è più posto per i team veramente privati a meno che corrano con moto Ducati, mezzi che io non ho mai considerato moto davvero privati. Per me la moto privata in Superbike è quella che si costruisce in officina con il tuo team, partendo da una moto stradale e modificandola secondo i regolamenti e secondo l’estro e le capacità dei tuoi tecnici».


Per un ragazzo del Sud è più difficile farsi largo nel mondo delle corse?

Per un ragazzo del Sud è una scalata veramente vertiginosa. Da noi il motociclismo è uno sport che non viene nemmeno considerato dalle istituzioni e dai possibili sponsors. Cosi per correre a certi livelli devi fare il triplo dei sacrifici rispetto ad un ragazzo che voglia correre in moto ma che risieda nel Nord Italia.
 

A soli 28 anni hai davanti a te almeno un’altra decina d’anni nelle gare delle derivate dalla serie. Pensi di avere ancora dei margini di miglioramento o pensi di aver già espresso tutto il tuo potenziale?
Assolutamente sì, anche perché se solo pensassi di non avere più margini di miglioramento, stimoli e voglia di migliorarmi farei sicuramente qualcos’altro. Io mi ritengo molto fortunato perché sono un pilota motociclista e perché posso correre ad alti livelli. Però alcuni incidenti gravi e alcune scelte sbagliate non mi hanno ancora permesso di raccogliere quello che io credo di meritare. Mi fa rabbia quando a volte sento dire in giro che io sono un pilota “finito”. No, non ci sto e farò di tutto affinché queste persone cambino idea.


Moto2. Ci fai un pensierino?
Sì ci ho pensato e sono stato anche vicino a cambiare categoria. Ma alla fine il mio essere nato e cresciuto nel mondo della Superbike mi ha portato a scegliere di restare qui, dove ancora oggi a dispetto di alcune persone che dicono il contrario, io merito di essere.

 

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