Il viola delle Honda Rumi

Il viola delle Honda Rumi
Uno dei team tanager italiani di maggior successo negli anni ’80-’90 è Oscar Rumi, capace di far volare le Honda viola con Merkel, Casoli e Xaus. Indimenticate le magnifiche RC30 | M. Temporali
6 dicembre 2010

 

E’ una delle persone più importanti che ho incontrato sulla mia strada motociclistica. Ve la ricordate voi, quella livrea nera, bianca e viola delle motociclette da corsa? Oscar, bergamasco di nascita, con barba grigia dai tempi dell’adolescenza, firmò un patto col sangue con la Honda, vivendo però un rapporto nel tempo diviso fra amore e odio con l’ala d’orata. La sua squadra negli anni ’80-’90 era il riferimento nelle competizioni. Lavorare con lui era un privilegio. L’ho conosciuto nel 1998, dopo un test a Monza sulla sua Honda VTR 1000 Superbike per la rivista Tuttomoto. Cercava piloti da “crescere”, l’anno seguente avrebbe debuttato con la nuova CBR 600 nella Sport Production. Una stretta di mano e mi permise di correre tutto spesato. Ero ufficiale, insomma. E lui uno di parola, come pochi ce n’erano e ne restano.

 

Max Temporali sulla Honda Rumi
Max Temporali sulla Honda Rumi
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All’epoca avevo 24 anni e poter dire in giro che correvo nel Team Rumi era come vantarsi di conoscere il papa. Oscar aveva alle spalle 2 mondiali vinti in SBK con Fred Merkel, nell’88-’89, mentre l’anno successivo conquistò il titolo europeo con Richard Arnaiz, storia che si ripeté nel 1996 con Idalio Gavira. Rumi non era abituato a finire secondo, l’avrete capito… Alla mia prima gara con lui, a Varano, feci sesto, dopo la partenza in ultima fila. Mi fece i complimenti e sembrava pure sincero. La gara successiva la corsi con la CBR 900 RR, a Vallelunga, nella Superstock. Lottai per il primo posto, ma feci secondo. Gonfiavo i polmoni di soddisfazione nell’andargli incontro a piedi dal parco chiuso, togliendomi il casco. Mi aspettavo grandi aggettivi, era la prima volta che salivo su quella moto, per me era lecito sentirmi bravo. Ma Oscar, accigliato, mi domandò: «Cosa è successo?». Lì per lì non capii, mi sembrava tutto a posto, problemi non ce n’erano. «Va tutto bene, perché?».


Il problema è che c’era una differenza di mentalità enorme tra me e lui; lui era quello vincente, quello abituato a lavorare per un solo obiettivo, il trionfo, ed arrivare secondo significava che qualcosa non aveva funzionato; io invece avevo una testa normale, mi accontentavo piuttosto che prendermi dei rischi. Giovanni, il braccio tecnico del Team, mi paragonava, per atteggiamento, a un certo Simon Crafar: «Se mettessi in gioco un pochino di più la pellaccia vinceremmo un sacco di gare», mi diceva. Ma non era nella mia indole, non ero certo un pilota da mondiale, io…

Con Rumi hanno corso gente come Merkel, Xaus, Casoli, Guareschi, Monti, Romboni, D’Antin, ma ce ne sono davvero molti altri, anche meno conosciuti e veloci, che meriterebbero di essere nominati. Nello studio di casa ci sono le tute di tutti i suoi piloti e sono una miriade. Manca la mia, che mi chiese 11 anni fa e non gli diedi mai per un capriccio, ma l’ho già infilata in un scatolone e sarà una delle prossime cose che farò entro questo Natale. Abita in un paesino vicino a Bergamo, Nembro, sopra un colle che è di sua proprietà. E lì con lui, nella dependance, ci stavano i piloti e i meccanici. Era una famiglia allargata, la sua. I piloti, però, meglio se stranieri, mi diceva, perché se «rompono le scatole li rispedisco al loro paese» e la storia finiva lì, con migliaia di chilometri a separare eventuali misfatti. In realtà Oscar ha mantenuto ottimi rapporti con tutti i suoi ragazzi, anche con quelli che non hanno assolto fino in fondo i loro… doveri, e cioè pagare come da contratto, e tra questi ci sono nomi illustri che non cito. Xaus, per altre ragioni, è uno di quelli che gli rifilò un colpo basso, ad esempio.

 

La carena di Max Temporali
La carena di Max Temporali

 
Oscar è un buono, anche se l’aspetto “scuro” direbbe il contrario. Oggi, più vicino ai 70 che ai 60 anni, si è via via defilato dall’ambiente, sperava che il figlio maschio più grande, Luciano, si appassionasse all’attività, ma così non è andata. E oggi, Rumi, nel suo immenso casale a metà fra una fattoria e un’officina-museo di motociclette, si è messo ad allevare capre da cui ottenere formaggi. L’ho rivisto a marzo di quest’anno a Valencia, col suo montone lungo al ginocchio e la solita barba grigia. Dalle moto fatica a rimanere lontano, la società Googhy, che la moglie Sarah gestisce, continua ad essere attiva offrendo parti speciali per le moto pistaiole e non solo. Se amate le belle Honda da corsa di un tempo vi consiglio di leggervi un po’ di testi contenuti nel sito www.teamrumi.com, dove RC30, RC45 e compagnia cantante sfoggiano un fascino storico da pelle d’oca. In nero e viola, poi, hanno una marcia in più. Bei tempi.
 

 

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