Intervista a Edi Orioli

Intervista a Edi Orioli
Il più forte italiano alla Dakar - ha vinto 4 edizioni negli anni d'oro dei mostri da 200 km/h - oggi corre in auto, ma ci parla di quel periodo. E si toglie qualche sassolino dalla scarpa
24 luglio 2008

Il più forte italiano alla Dakar

Edi Orioli ha legato indissolubilmente il suo nome a quello della mitica Parigi-Dakar.
Ha vinto - unico italiano a riuscire in un'impresa simile - ben 4 edizioni in sella a moto di 3 case costruttrici diverse.
Orioli porta al successo la Honda NXR 750 nel 1988, a soli due anni dal suo debutto nel rally africano.
Il ragazzo di Udine sbaraglia la forte concorrenza francese e diventa re del deserto tra i flash dei fotografi e gli spari della guerriglia.
Nel 1990 vince nuovamente, ma con la Cagiva dei fratelli Castiglioni. Si ripete (dopo una parentesi con le 4 ruote) nel 1994.
Nel 1996 è la volta della Yamaha, che Edi porta al successo sul lago rosa, scrivendo per la quarta volta il suo nome negli annali della Dakar.
E pensare che tutto era nato 20 anni prima quasi per caso. Papà Orioli regalò a Edi un Gori 50 usato per il diploma di terza media.
Quel ragazzino avrebbe scritto pagine indimenticabili del rally più duro e celebrato nei leggendari anni '90.
Quando la navigazione era cosa seria (i gps dovevano ancora arrivare) e le motociclette sfruttavano motori bicilindrici che le portavano a superare i 200 km/h.

Intervista al campione

Edi, abbandonate la due ruote, sei passato alle automobili. Oggi rappresentano la tua attività principale o ti occupi anche di altro?
Edi Orioli: "Le due ruote mi hanno dato tanto, anzi tutto direi, ma molti non sanno che sin da piccolo la mia grande passione erano le auto da Rally con cui da sempre mi sono cimentato, anche con ottimi risultati. Ho sempre invidiato Ari Watanen, Schinozuka, Sabi e tutti quelli che sfrecciavano alla Dakar con quelle fantastiche formula uno da deserto.
Ogni sera mi recavo nei loro bivacchi ad ammirarle e diventai amico di tutti i piloti d'auto. Inoltre sono un estimatore della 24 ore del Nürburgring. Ho all'attivo ben 5 partecipazioni, mi posso vantare di un bel quinto assoluto".

Hai scritto pagine bellissime legate alle moto in corsa alla Dakar, di cui hai vinto ben 4 edizioni. Cosa ti lega ancora a quel mondo?
Edi Orioli: "Allora non me ne rendevo conto,  ma ora sono consapevole di aver vissuto gli anni più belli ed intensi di questa fantastica gara che ci ha fatto conoscere l'Africa, e tuttora ci lega a questo mondo.
Inoltre mi ha trasmesso la passione di andare oggi nel deserto ad un altro ritmo, per vedere quello che a 204 km/h con la mia Cagiva non potevo vedere".

Il ricordo più bello o la vittoria più sofferta.
Edi Orioli: "I ricordi più belli sono sempre legati alla prima volta in terra d'Africa. Durante la prima Dakar non sapevo cosa mi aspettava, non avevo idea di quello che avrei trovato, ma proprio per questo è il ricordo più indelebile di 19 Dakar. Le vittorie sono sempre belle, non riuscirei a farne una classifica perché sono state comunque tutte e 4 sofferte, in sella a motociclette molto differenti".

Il momento più difficile? Immagino che una gara così massacrante ne riservi tanti.
Edi Orioli: "Ho sempre avuto un grande auto controllo e ho sempre saputo uscire da situazioni critiche senza tanti danni. La mia paura non era quella di perdermi, ma di perdere la gara. Il momento più difficile l'ho vissuto quando in Ciad siamo stati un po' abbandonati dall'organizzazione a causa delle guerriglie locali. Arrivai alle tre di notte dopo aver percorso una pista di 350 km tutta di notte. E alle 6 della mattina si ripartiva! Non vi posso dire le tensioni che si erano create. In quel momento la gara non era più una gara normale, era una vera avventura".

Sei stato protagonista dell'epopea delle potenti e veloci (oltre 200 km/h) bicilindriche. Com'era affrontare il deserto con mezzi del genere?
Edi Orioli: "Se mi chiedessero di tornare a correre in moto, lo farei solo con una bicilindrica. Alla faccia dei mono che sono e rimangono dei vibratori. Con le mie Honda, Cagiva e Yamaha era uno spasso quando spalancavi su quei pistoni pieni di dossi. Fantastico".

Negli ultimi anni le potenti e leggere monocilindriche hanno mietuto molto vittime. Sala ci ha spiegato che proprio la maneggevolezza di queste moto porta a rischiare di più dove il fondo è insidioso, tra le pietre, in mezzo alle dune. Cosa ne pensa Orioli?
Edi Orioli: "Non sono d'accordo; alla Dakar è successo di tutto, ma è chiaro che chi non è in grado di portare a spasso 180 kg di moto è meglio che guidi una monocilindrica, ma il problema è un altro.
L'avvento del GPS ha snaturato completamente la gara, aumentando brutalmente le medie e dando ai piloti la costante sicurezza di non perdersi mai.
In questo modo è stato tolto uno dei valori principali insito nello spirito che aveva la corsa, la navigazione. E poi diciamolo francamente: qualcuno si sarà anche perso, ma è sempre stato ritrovato o è rientrato con i propri mezzi".

Hai vinto tanto, tantissimo. Con i giapponesi e pure con Castiglioni e la Cagiva. Con i tedeschi e gli austriaci hai avuto poca fortuna. Cosa ti è mancato, o cosa non ti hanno dato, in BMW e KTM?
Edi Orioli: "Non vorrei entrare ancora in polemica, anche se sono come gli elefanti e non dimentico.
Con BMW praticamente ho lavorato per due anni senza alcuna gratificazione,  sviluppando una  moto e un team che non esistevano, portando tutta la mia esperienza fatta in Honda, Cagiva e Yamaha. Purtroppo, all'arrivo del compianto Richard Sainct, allora veloce ma con molta meno esperienza, mi fecero di colpo un'indecente proposta di contratto.
Non accettai, anche se nel mio garage ho 4 BMW...
Su KTM stendiamo un velo pietoso.
Quando lasciai la BMW di Monaco, telefonai a Kinigadner e andai a Salisburgo dove mi accolsero subito. Firmammo un veloce accordo, ma a 15 giorni dalla partenza mi ritrovai con la moto clienti! Vi lascio immaginare quale umiliazione, mi faceva ribrezzo solo attaccare gli adesivi. Da quel giorno non salgo su di una KTM".

Cosa ti ha lasciato la Dakar? I piloti che vi hanno corso, la portano sulla pelle e nell'anima. Vale anche per te?
Edi Orioli: "E' un'esperienza per pochi e chi l'ha fatta - come dici tu - la porta dentro come uno scalatore che arriva in cima al K2. E' un'esperienza forte che ti forma come carattere, che ti insegna a sopportare il dolore, a conoscere  te stesso e gli altri. Un'esperienza esagerata".

Negli ultimi anni sei stato spesso protagonista di lunghi viaggi e raid motociclistici in sella a moto anche turistiche, come Honda Transalp, Ducati ST o BMW GS.
Business o la solita voglia di prendere e partire per mete
lontane?
Edi Orioli: "Prima ti dicevo che a 204 km/h non potevo capire, vedere, toccare e conoscere quei fantastici e inesplorati luoghi dove nessun turista fai da te arriverà mai. Con questi raid mi sono divertito e ho approfondito le mie conoscenze".

Quali motociclette hai oggi a casa? Ti alleni ancora in off-road, lo pratichi per passione?
Edi Orioli: "Uso rigorosamente una Honda per allenarmi. La mia preferita per i viaggi è la BMW GS 1200.
Poi ho una fantastica moto da collezione che mi regalò il presidente della Honda quando vinsi la mia prima Dakar, è la HONDA RC 30. Oggi per sentire un po' di adrenalina, e per farmi da 0 a 100 in 2,9 secondi, mi sono fatto una BMW K1200R. Tutto qua. Comunque in moto ci vado poco e, se metto il casco in testa, devo fare almeno 200 km prima di toglierlo. Forse mi sono rimasti dentro i tapponi da 950 km".

Hai ancora il Gori 50?
Edi Orioli: "Purtroppo no. L'ho cercata per mezzo Friuli, ma non sono un nostalgico. Però ho un grande archivio fotografico".

Cosa ne pensi dell'Africa Race voluta da Auriol? Chi uscirà vincitore dallo scontro, ormai inevitabile, con ASO (che organizzerà la "Dakar sudamericana")?
Edi Orioli: "E' ancora molto difficile farsi un'idea, per dare un giudizio dovremmo aspettare gennaio 2009. Certo è che, Al Qaeda o meno, i malati d'Africa si iscriveranno alla AFRICA RACE. E me lo auguro".

Edi, oggi corri con le auto. Ti mancano le emozioni che provavi in sella alla moto, quando mancavano pochi chilometri a Dakar ed eri in testa alla corsa più famosa al mondo?
Edi Orioli: "Quando arrivi a Dakar, primo o ultimo che tu sia in auto o in moto, ti si chiude  lo stomaco. E ti posso assicurare che tutti al traguardo hanno gli occhi lucidi non di felicità, ma di emozione. Sanno di aver condiviso qualche cosa di speciale con tutti quelli che hanno tagliato il traguardo.
Vorrei trasmettervi questi momenti, ma l'unico modo per farlo è iscriversi e provare sulla pelle. Cosa aspettate?".

Grazie Edi, per il momento ci bastano le tue parole e le immagini che raccontano le imprese dei grandi della Dakar.

Il sito di Edi Orioli. Storia e palmares del campione
 
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