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Giovanni Sala ci riceve nella sua casa per una chiacchierata informale. Siamo lontani dalle luci della ribalta e dal rombo dei motori.
Il buen retiro del campione bergamasco si trova infatti nell’incantevole Olera, un piccolo borgo immerso nel verde delle Prealpi Bergamasche.
È facile trovare casa Sala, basta chiedere ai concittadini: Gio è amatissimo anche qui. E la Super Duke 990 è l’unica moto parcheggiata tra i vicoli del centro, vietatissimo ai mezzi a motore. Privilegi da campione.
Giovanni è prima di tutto un amico e, davanti a un bicchiere di Est!Est!Est!, cominciamo a scavare nella sua storia sportiva, presente e passata.
Gio, ogni volta se ne sente una diversa, chi dice 5, chi dice 6. Taglia la testa al toro e dicci il numero esatto di Mondiali vinti.
Gio: ”Ne ho vinti 6, ma dico 5”.
Vedi, allora è proprio un vizio il tuo.
Gio: ”Ma no, aspetta. Il fatto è che nel 1998 ho vinto sia la mia classe che l’Assoluta. Di fatto quell’anno ho portato a casa 2 attestati della FIM. Ecco svelato l’arcano”.
Luce è fatta. Anche a titoli italiani e Dakar non sei messo malaccio. Ti puoi accontentare.
Gio: ”L’ultimo titolo nell’italiano l’ho portato a casa nel 2006, e con quello sono a quota 19. Di Dakar ne ho fatte 10, nel 2006 sono arrivato 3°. L’anno scorso è meglio dimenticarlo, mi sono fatto male. E mi è andata ancora bene…”.
Torniamo agli inizi della tua carriera. Venire da Bergamo, considerata la patria dell’Enduro, quanto ti ha aiutato?
Gio: ”Moltissimo. Pensa solo ai nostri percorsi, alle nostre mulattiere. Al mondo ne trovi poche così impestate: se sei veloce qui, lo sei dappertutto. Ora le cose sono cambiate, ma quando ho cominciato nel 1976 (Gio è nato il 23/11/1963, nda) si poteva ancora girare liberamente. E a Bergamo ho conosciuto Farioli, un vero punto di riferimento per l’Enduro”.
A livello di carattere siete tosti, tagliati con l’accetta
Gio: ”Noi bergamaschi siamo belli gnucchi, è vero. Se ci prefiggiamo un obiettivo, testa bassa e via a raggiungerlo. Anche i meccanici del team sono così, e bastano 4 parole in dialetto stretto per capirsi al volo”.
Tra i giovani bergamaschi c’è il tuo erede?
Gio: ”Thomas Oldrati ha una bella manetta, è molto forte. Da qui a parlar di eredi non saprei…”
Con cosa hai fatto i tuoi primi capitomboli?
Gio: ”Con un Fantic 50 Enduro comperato da Piero Polini, il campione di Enduro che poi ha aperto l’omonima azienda. Tutto parte da lì”.
E dopo 30 anni sei ancora sulla cresta dell’onda. Cosa fai oggi?
Gio: ”Sono ancora un pilota in piena attività, sotto contratto con Farioli. Nel 2007 ho corso la Dakar e l’Italiano di Enduro con la 450 4t”.
Però i tifosi ti vedono sempre anche al Mondiale.
Gio: ”Nel 2004 ho smesso di correre il Mondiale. A quel punto Blanchard (l’organizzatore, nda) mi ha chiesto di fare il Responsabile di Percorso”.
Cioè, di cosa ti occupi?
Gio: ”Provo il percorso e verifico che ci siano gli standard di sicurezza a cui un Mondiale non può rinunciare. Spingo anche gli organizzatori ad allestire delle prove estreme spettacolari e raggiungibili dal pubblico”.
L’Enduro di oggi è diventato pericoloso?
Gio: ”Sì, le moto hanno subito uno sviluppo incredibile, le prestazioni sono cresciute tanto. Dove prima un Morini arrancava a 30 all’ora, oggi nello stesso punto i grossi 4 tempi sfrecciano a 100”.
Rimedi?
Gio: ”Mi sto battendo come un leone perché i controlli orari siano meno tirati. È lì che il pilota rischia di farsi male. La selezione non va fatta nel veloce, ma nei tratti tecnici”.
Perché i crossisti vincono nell’Enduro? Le prove speciali nel campo da cross sono quasi sparite, eppure…
Gio: ”Il crossista ha la velocità e la tecnica di guida nel suo DNA. Anche la preparazione atletica gioca a suo favore, fare un mondiale di cross richiede un allenamento pazzesco. Che poi torna utile anche da noi. Però non ti dimenticare che c’è gente che vola, come Salminen o Botturi, che nasce endurista”.
Dal 1991 sei uomo Ktm. Cosa ne pensi della separazione shock di Everts da Yamaha?
Gio: ”Il cambio di casacca del belga ha stupito tutti. Però è difficile analizzare la cosa e dare delle colpe. Forse lui era stanco, e forse la casa giapponese non ha fatto abbastanza per gratificarlo e tenerselo stretto. Vallo a sapere. Io vedo il mio presente e il mio futuro in Ktm, sono cresciuto con loro e il legame con le persone che lavorano in azienda è bellissimo”.
Cross ed enduro. Da una parte lauti ingaggi, lustrini e seni rifatti. Dall’altra fango e tanta, tanta fatica. E correte gli stessi rischi. Chi te l’ha fatto fare?
Gio: ”Guarda che anche nell’Enduro si guadagna bene (scoppia a ridere, nda)! Torno serio. E’ la passione che mi ha fatto amare l’Enduro, la possibilità di andare in moto sui monti, per i boschi, di sfidare le difficoltà e di vincerle. Il mio cuore batte qua”.
Discorso Rally africani. A tanti oggi fanno paura, anche i campioni più grandi hanno pagato un dazio troppo pesante. Tu stesso l’anno scorso hai giocato un bel jolly. Che succede?
Gio: ”I mezzi sono sempre più esasperati e veloci….”.
Ti interrompo, anche negli anni ’90 De Petri volava a 200 orari nel deserto.
Gio: ”Era diverso, quelle moto erano dei missili sul terreno compatto. Sulle pietre, tra le dune erano lente. Oggi i mono da 70 cavalli sfrecciano a 150 orari anche su sassi e avvallamenti. E se cadi in queste condizioni...”.
Se questo è quanto, meglio mollare il colpo. No?
Gio: ”Assolutamente no. Sono fatalista, nella vita cerco di fare al massimo quello che mi piace, compreso correre in moto. Perché rinunciare alle gare? Potrei schiattare anche adesso d’infarto. Se credi in una cosa, la fai. Punto”.
Quindi la Dakar 2008 la farai?
Gio: ”Non te lo so dire al momento. Ma non penso, le 10 già fatte sono abbastanza. E poi sono vecchio. Ma hai idea dello sbattimento? Corri come un pazzo, arrivi al bivacco e ti butti dentro una tenda gelida a dormire. Finisci la gara che sei sfatto”.
Fenomeno Cavalcate. Cosa ne pensi, fanno bene o fanno male all’Enduro?
Gio: ”Fanno un gran bene! Girare con la moto è sempre più difficile. In questo modo gli organizzatori danno la possibilità a tutti di fare un “Enduro regolamentato”, di stare in compagnia nel pieno rispetto delle regole. Dialogano con i vari enti locali e si impegnano al ripristino dei percorsi. L’appassionato di 40 anni che ritorna oggi a fare Enduro non ha il tempo di allenarsi: le Cavalcate sono quello che cerca e ben vengano”.
Prima di salutarti, mi spieghi perché tanti ti scambiano per Mario Rinaldi (pilota bresciano di Husaberg, nda)?
Gio (è il tormentone di Sala, ci risponde con la sua risata contagiosa dopo una serie di improperi irripetibili, nda):”E che ne so! Non l’ho mai capita questa faccenda. Non ci assomigliamo, non abbiamo vinto le stesse cose, eppure c’è sempre il tifoso che mi urla Bravo Mario!. Misteri della psiche umana”.
Giovanni Sala è un vero campione, nello sport come nella vita. I soldi che ogni anno raccoglie per la missione africana di Suor Isolina lo dimostrano.
Ma, per favore, non chiamatelo Mario.