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Gli organizzatori francesi (ASO) stanno infatti valutando seriamente la fattibilità di riportare la Dakar in Africa già dal prossimo anno. Di certo dovranno rinunciare al percorso classico, che attraversa la Mauritania, il Marocco e il Senegal e che è ritenuto troppo pericoloso a causa dei focoloai di fondamentalismo islamico, difficili da monitorare su territori così vasti.
Si pensa così all'Egitto, alla Tunisia e alla Libia che già ospitano rally internazionali in piena sicurezza.
ASO dovrà però vincere la resistenza dell'Argentina e del Cile. I due paesi sudamericani hanno infatti trovato nella Dakar una cassa di risonanza mediatica formidabile e sono disposti a investire denaro "pesante" per tenere in casa la corsa off-road più celebrata al mondo.
Pensiamo alla Sherco di Casteu, che ha vinto la prima tappa, all'Aprilia di Lopez, che si è imposta in diverse giornate di gara ed è giunta sul podio nella classifica generale. E ancora la BMW, vittoriosa con Frans Verhoeven, e la Yamaha, vincitrice nella classe Marathon con il veterano Franco Picco.
Erano anni che non si vedevano così tanti marchi differenti sul podio della Dakar.
Segno che la strada intrapresa dalla ASO è lunga e irta di ostacoli, proprio come una speciale della Dakar. Ma forse è quella giusta. E il ritorno in Africa ne è la conferma.