Luigi Rivola, una persona straordinaria

Luigi Rivola, una persona straordinaria
Il mio ricordo di Luigi Rivola, una grande persona, amico, pilota, giornalista e scrittore. Ci ha lasciato uno degli ultimi grandi storici del motociclismo.
14 marzo 2024

Pensiamo sempre di avere tutto il tempo del mondo ma poi, quando ad esempio viene a mancare un amico, comprendiamo che non è così, e ci resta un senso di vuoto, di impotenza. E’ quello che mi è successo ieri, quando ho saputo che Luigi Rivola ci aveva lasciati. Non lo vedevo da molto, troppo tempo e ogni volta che avevamo occasione di sentirci o di mandarci un messaggio ci riproponevamo di rivederci, di stare un poco insieme a parlare di moto, di piloti, di corse. Ora rimpiango di non averlo fatto.

Lo avevo conosciuto nel 2008, quando è iniziata la mia avventura nel mondiale Superbike. Lui era un decano, un giornalista affermato, ma mi tese subito la mano e mi aiutò ad entrare nell’ambiente della Superbike. Allora i giornalisti erano molto più numerosi rispetto ad ora. A farla da padrona era ancora la carta stampata, con le riviste settimanali e mensili. Io scrivevo per un sito internet e quindi non venivo considerato più di tanto. La maggior parte dei giornalisti mi guardava con aria di superiorità mista a curiosità. Rivola no, lui aveva già capito il potenziale della rete, tanto che aveva a sua volta iniziato a scrivere per un sito concorrente. Mi fece sentire a mio agio, mi diede preziosi suggerimenti e diventammo amici. Spesso in sala stampa eravamo vicini: io lui e Luca Sordi, un altro (ex) giornalista, un altro amico sincero.

Bastava parlargli per qualche minuto per capire come Gigi fosse una persona particolare, con un’intelligenza vivace, una grande memoria, e una cultura incredibile. Come ha ricordato Nico Cereghini, Rivola aveva corso in moto, ma si era poi dedicato al racconto delle gare e del motociclismo. Era la mia enciclopedia vivente, alla quale mi rivolgevo ogni volta che mi servivano notizie del passato. Perché il passato è importante per capire il presente, ma anche il futuro.

Sono tanti i ricordi che affiorano nella mia mente. Come quando andammo assieme in auto da Brno a Vienna passando per la Slovacchia per visitare un bellissimo paesino del quale aveva letto su uno dei suoi libri. O quando siamo stati invitati dalla BMW a visitare il museo di Monaco di Baviera. Non c’era una moto della quale lui non sapesse tutto, ad iniziare dalla prima due ruote della casa bavarese del 1923 che, mi spiegò con orgoglio patriottico, derivava da un progetto di un ingegnere italiano. Era uno degli ultimi studiosi storici del motociclismo e con la sua scomparsa abbiamo perso tutti davvero tanto.

Il suo vero segreto era la curiosità. Era quella che lo portava ad interessarsi e a documentarsi su tutto quello che attirava la sua attenzione, e che non era assolutamente limitato al mondo delle moto. Par darvi un’idea della vastità dei suoi interessi vi basti sapere che nei primi anni 80 fece uno studio ed una relazione sull’importanza che potrebbe avere per il turismo il potenziamento della ferrovia Faenza-Firenze. Inoltre collezionava libri antichi dai quali traeva molti spunti per i suoi articoli ed i suoi studi.

Da quando aveva smesso di frequentare la stampa della Superbike lo vedevo raramente, ma sempre con grande piacere. Ci eravamo inventati le cene che io avevo chiamato dei “giornalisti estinti” parafrasando i “poeti estinti” del film: l’attimo fuggente. Così come gli studenti di Robin Williams si ritrovavano per leggere poesie e “succhiare il nettare della vita”, Luigi Rivola, Luca Sordi, l’amico Franco Rivola (solo omonimo, ma di Rivola in Romagna ce ne sono tanti) Mario Lega, campione del mondo 250 nel 1977, ed il sottoscritto ci trovavamo dalle parti di Imola, in occasione delle gare della Superbike per parlare di moto e di corse. Restavo incantato ai racconti di Gigi e di Mario, come un bambino quando ascolta delle bellissime favole.

A queste cene Rivola arrivava sempre rigorosamente in moto e sempre con moto diverse. Le ultime due volte si era presentato con una Honda sei cilindri e poi con una Ducati Diavel. Ricordo che guardandola notai delle tracce di sangue e dei peli sul disco e sulla ruota anteriore. “Ah si - commentò - venendo qui ho fatto delle strade in collina un po…..alternative, ed ho investito un cinghiale”. E ovviamente ad avere la peggio era stato il cinghiale, perché Gigi era indistruttibile. Era sopravvissuto ad un tumore e a vari infarti e quindi scherzandoci sopra mi diceva di essere praticamente immortale. Con la stessa filosofia e la solita grinta pochi giorni fa aveva affrontato l’ennesima operazione che purtroppo questa volta è andata male.

Niente lacrime Gigi, tanto ci rivedremo. Hai ancora tante cose da raccontarmi.

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