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Ciao a tutti! In un bel servizio su Sport Week, l’amico Carlo Canzano ha intervistato Agostini in una speciale ricorrenza: sono passati esattamente cinquant’anni da che il mitico Ago vinse la sua prima gara iridata. Accadde sulla pista tedesca del Nurburg di 7,7 chilometri nella classe 350, moto la MV tre cilindri, ed era sabato 24 aprile 1965. Sollecitato su tutte le sue “prime volte”, Mino non si è smentito: tra ricordi motociclistici e anche primi baci, fotoromanzi, film, affetti e figli, è emerso il miglior Ago di sempre. Lui è spiritoso e intelligente, poi vanitoso e portato allo show. La prima volta che hai fatto l’amore? “Lei era bellissima – risponde di getto, e poi aggiunge - però non vorrei sbagliarmi, perché allora frequentavo sei ragazze: ero un po’ farfallone”.
Il Giacomino di allora, ne ho già parlato, mi stava piuttosto antipatico. Quando racconta che come prima auto aspettava una 500 e gli arrivò da papà una Giulietta Sprint rossa, mi torna in mente nei minimi dettagli ciò che provavo allora nei suoi confronti, e che oggi riconosco soprattutto come invidia. Qualche giustificazione c’è: amavo la moto, mio padre aveva dieci figli e non gli avanzava una lira, figurarsi quando avrei potuto avere una motoretta. Altro che Giulietta Sprint. Mino aveva tutto: soldi, talento, un bel faccino fotogenico.
Dalla fase dell’invidia, che non porta da nessuna parte, passai in fretta all’azione perché quello era lo spirito del tempo: tutti sapevamo che il successo te lo costruisci da solo, di aiutini non ce n’erano, e così tutti lavoravamo sodo per crearci un futuro. Bei tempi, si faceva fatica ma si progrediva. Agostini vinceva i GP in 350, vinceva anche la sua prima gara in 500 a Imatra, il 22 agosto di quello stesso 1965, e io più modestamente andavo tutte le mattine al liceo collezionando voti molto modesti, e poi nel pomeriggio mi infilavo come aspirante commesso/fattorino nel negozio di letti e materassi di uno zio. Dopo sei mesi raggiunsi il budget necessario a conquistare la mia prima moto: una Giubileo 98 trasformata in regolarità, che Perere di Milano mi dipingeva seminuova e che cedette dopo una sola estate di tremende scaldate sulle strade militari dell’alta Valsassina. Cominciavo a capire come si guida una moto, cosa si può e cosa non si deve fare, e quali sono gli sbagli che si possono evitare.
Però alla fine non si matura mai del tutto. Agostini non riesce a star lontano da qualche spacconata da adolescente, io predico prudenza e qualche volta mi scappa un chilometro selvaggio da tamarro, Marquez vince i titoli mondiali ma poi si fa trascinare dalla foga come un principiante. Forse è la moto che ti fa restare sempre giovane. Oppure semplicemente siamo tutti fatti di una miscela imprecisa e un po’ rustica: il nostro motore interno fatica a partire la mattina, poi borbotta irregolare, infine esplode a pieni giri quando meno te lo aspetti.