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Ciao a tutti! Adesso che il Mugello è archiviato e tutto è andato bene -con qualche guaio di troppo ma nessun dramma- ci tengo a ricordare due piloti che esattamente quarant'anni fa, il 16 maggio 1976, proprio al Mugello lasciarono vita e speranze. Farlo prima del GP d'Italia non era opportuno, non si parla di tragedie alla vigilia di una gara programmata sulla stessa pista, ma Otello Buscherini e Paolo Tordi hanno lasciato un vuoto di cui bisogna parlare.
Quello fu un fine settimana tragico, qualcosa come settanta cadute in tre giorni, un numero impressionante, nessuno seppe spiegare perché. Si puntò l'indice sulle gomme, in effetti la Michelin aveva da poco introdotto le sue slick, però i grippaggi furono tantissimi e si pensò anche al carburante. Allora quasi tutti noi facevamo il pieno al distributore interno al circuito, e se ci fossero state infiltrazioni nella cisterna sotterranea, come a volte capita, la miscela benzina/acqua/olio sarebbe stata letale per i motori a due tempi. Chissà come andò. Personalmente volai via due volte per grippaggio della mia Suzuki RG 500, la prima il venerdì alla staccata della Bucine e mi ritrovai nella via di fuga senza danni, la seconda in gara all'inizio del secondo giro.
Vi racconto l'episodio perché mi serve per darvi il clima di quella terribile domenica. Sono decimo nel gruppo e, come tolgo la sesta alla staccata della San Donato, stok, tre pistoni grippati su quattro e ruota posteriore bloccata. Lunga intraversata nel gruppo con il terrore di venir travolto da chi segue, davanti c'è Rougerie, rischio di tamponarlo, high side e pesante atterraggio. Che botta, poi rotolo fino alla via di fuga quasi indenne ma con una mano sanguinante. Mi fanno salire sull'ambulanza, però dopo tre curve mi fanno già scendere: nel frattempo alla Materassi è caduto proprio Rougerie insieme ad un altro pilota ed entrambi stanno molto peggio di me. Finiranno la gara, se ricordo bene, soltanto sedici piloti dei trentadue partiti.
Mezz'ora dopo mia sorella, che non mi ha più visto passare, corre alla palazzina medica. "Il numero 77 come sta?" "Signorina, coraggio, purtroppo non ce l'ha fatta" "Oddìo, Cereghini in 500?" "No no, mi scusi, credevo il 77 della 350: Tordi". La sorte ha estratto un numero, io sono vivo, Paolo Tordi invece è morto come Otello Buscherini in 250, contro i pali di sostegno delle reti poste a pochi metri dalla pista, perché l'area di fuga all'Arrabbiata e alla Biondetti non c'era. Fu aperta un'inchiesta, il grave pericolo di quei pali era stato segnalato da tempo, andai anche a Roma per testimoniare, non se ne seppe più niente. Così andavano le cose a quei tempi.
Il tracciato del Mugello era bellissimo anche allora ma incompiuto, gli spazi mancavano, i vari servizi erano carenti, la gestione dell'ACI Firenze molto discutibile. Fin dalla prima gara internazionale, la 1000 km del luglio '75, ci furono purtroppo gli incidenti mortali. Con la pista di oggi, certamente Buscherini e Tordi sarebbero ancora vivi, a seguire le gare con la passione che mettevano nella guida della moto da corsa. Otello aveva ventisette anni ed era un folletto, correva in salita e in circuito, qualsiasi moto andava bene, dalla 50 alla 750; nel '74 aveva sfiorato il titolo mondiale della 125 con la Malanca curata da Librenti, quindi era salito sulle Yamaha 250 e 350 subito vincente. Non stava mai fermo, lo chiamavano Tarantola gli amici di Forlì che per non dimenticarlo hanno fondato un'associazione culturale a lui dedicata. Anzi, domenica prossima, 29 maggio, se passate da Forlì andate in via Caprera al numero 1: si inaugura la nuova sede dell'associazione, più grande, bella e piena di ricordi.
Paolo Tordi aveva un anno in più e viveva a Cesena. Il moto club della città porta ancora il suo nome. Era taciturno e riservato, grande appassionato della montagna e generoso con i più sfortunati anche se aveva pochi mezzi e faceva tutto da solo, il meccanico e l'autista del furgone Fiat 238; nel '73 era stato capace di vincere con la Yamaha 250 da lui preparata, sotto una pioggia battente, la Conchiglia d'Oro Shell a Imola, gara internazionale ben frequentata. Fu una affermazione che fece un grande scalpore, poi tornò a faticare per carenza di soldi, ma in quel 1976 godeva finalmente di un valido aiuto tecnico nel toscano Cortini, aveva fatto il sesto posto a Le Mans, si sentiva in grado di lottare con i migliori.
Quando festeggiamo i nostri piloti preferiti, dalle tribune o davanti al televisore, ricordiamoci anche di loro. Di tutti quelli che non hanno avuto fortuna. Avevano la stessa passione, forse anche lo stesso talento.