Nico Cereghini: "Cosa distingue i piloti di oggi"

Nico Cereghini: "Cosa distingue i piloti di oggi"
I confronti difficili sono impossibili, perché è cambiato quasi tutto, però rispetto a quelli di ieri i piloti attuali sembrano più avanti nella capacità di controllare la gara. Almeno fino a quando… | N. Cereghini
22 aprile 2014

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Ciao a tutti! Molto spesso, chiacchierando di corse, mi sento chiedere che differenze vedo tra i piloti di ieri e quelli di oggi. Tanto indietro non vado, perché gli anni Sessanta li ho visti da fuori e nei Cinquanta ero un bambino, ma i Settanta li ho vissuti in pista e da allora ho conosciuto tutti i grandi. Però una domanda del genere mi mette in difficoltà: confrontare epoche così diverse è quasi impossibile perché sono cambiate tanto le moto, le piste, le gare e anche tutta la società. Ciò che provava Ago, quando saltava sulla MV 500 nel 1971 per affrontare i sei giri del micidiale TT, 364 chilometri di una gara che per lui poteva benissimo essere l’ultima, non è paragonabile a quello che prova Marc Marquez quando a Losail si diverte a duellare con Valentino Rossi sulla distanza di soli 118 chilometri e in una pista così sicura da poter correre di notte. Certo, le gare sono le gare e le moto restano moto, e vincere è sempre un’arte molto impegnativa, però, con tutto il rispetto, i protagonisti di oggi sono ragazzi viziati rispetto ai Mike Hailwood, agli Agostini e ai Kenny Roberts di ieri. E questa è una prima differenza che replica fedelmente lo spirito dei tempi e quindi della società. Lorenzo e compagni non sono certo piloti meno validi di Read e di Saarinen e di Schwantz, ma di sicuro hanno una vita meno complicata, proprio come i loro coetanei rispetto a padri e nonni. Al netto della crisi.

Ma se provo a mettere da parte elementi come la cultura, la disponibilità economica, la sicurezza, c’è davvero un aspetto generale che per me distingue nettamente i piloti di oggi da quelli di ieri. E’ l’approccio mentale alle corse. Personalmente sono molto colpito dalla lucidità di alcuni piloti e dalla loro capacità di gestire la corsa. Moltissimi dei piloti attuali, specialmente in MotoGP, tengono sotto controllo un mucchio di cose e sono capaci di ragionare a un livello che negli anni Settanta era inimmaginabile.

Sono molto colpito dalla lucidità di alcuni piloti e dalla loro capacità di gestire la corsa

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Ricordo un campione come Lucchinelli. Se lui, magari appena sceso dalla sua Suzuki con la quale aveva stabilito la pole, avesse dovuto dirvi quanti gradi aveva letto sul termometro dell’acqua e quale régime aveva raggiunto di sesta, non avrebbe dato una risposta così precisa. In quegli anni eravamo concentrati sulla manetta del gas (molto delicata) e sulla pista (spesso molto difficile), non restava tanto spazio per osservare altro. Invece oggi abbiamo sentito piloti, come ha fatto Rossi più di una volta, raccontare di aver controllato la posizione di un avversario attraverso i maxi-schermi a bordo pista. Tutto questo tenendo sotto osservazione la mappatura da cambiare, la gomma che molla, la moto che cambia bilanciamento durante la corsa.

Credo che questa straordinaria qualità sia figlia della precocità dei nostri piloti, che hanno iniziato a correre da bambini e hanno potuto sviluppare una superiore elasticità mentale. Ma naturalmente sono discorsi che facciamo tanto per discorrere tra noi e che valgono fino a un certo punto. Esattamente fino al punto in cui qualsiasi pilota –come è accaduto a un grande come Jorge Lorenzo nelle prime due gare 2014- per qualche ragione vede rosso. E allora anche lui stacca il cervello, dimentica tutti i bei ragionamenti che si fanno dentro il box, apre tutta la manetta. E vada come vada.