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Ciao a tutti! Lo avevo anticipato la settimana scorsa quando scrivevo della messa in onda su Rai 2 de “Il tempio della velocità”, il film sui cento anni dell’autodromo di Monza, programmato venerdì 9 in prima serata: nell’ora e quaranta del video ci sarà, mi domandavo, lo spazio adeguato anche per le moto? Sì, perché se capitava di leggere le cronache di quei giorni di celebrazione -e pure le anticipazioni di chi il film lo aveva già visto in anteprima- sembrava che a Monza avessero corso soltanto le auto e le F1. Il timore che le moto fossero trascurate era forte. Poi l’ho visto tutto, il film, e il dubbio è diventato certezza.
Non fraintendetemi: so benissimo che la storia dell’auto e dei grandi marchi italiani come la Ferrari e l’Alfa Romeo è strettamente legata alla nascita e allo sviluppo dell’autodromo di Monza. Più delle moto, certo. Ma anche le moto a Monza hanno dato vita a mitici duelli, dal ’49 (un anno prima della F1) le due ruote hanno disputato su quella pista la prova del mondiale, senza interruzioni fino al ’68 e poi saltuariamente fino al 1987. Da trentacinque anni mancano, ok, ma anche le moto da GP hanno fatto la storia di Monza: Moto Guzzi, Gilera, MV Agusta, Mondial su tutte. E i loro piloti.
Nel film ci sono le interviste ad alcuni personaggi: campioni come Leclerc, ex piloti come Alesi e Merzario, manager come Montezemolo e Briatore; compaiono il presidente dell’ACI Sticchi Damiani, Ferrari e Galbiati dirigenti dell’autodromo, la pilota Michela Cerruti ed altri. L’unico nome del motociclismo è quello di Giacomo Agostini, che ricorda le sue prime vittorie degli anni Sessanta, racconta com’era Monza senza le varianti ed è di gran lunga il più interessante da ascoltare. Più delle parole sono notevoli le immagini, del film, soprattutto quelle storiche in bianco e nero che non mancano di certo negli archivi della Rai.
Ma c’è una cosa che definire sconcertante è poco. Nel film non c’è la minima traccia del più grave incidente motociclistico monzese, uno dei più drammatici in assoluto della nostra storia: quello del 20 maggio 1973 al curvone, con quattordici piloti coinvolti e che costò la vita a Pasolini e Saarinen. Come è stato possibile ignorare un fatto così importante, capitato esattamente al giro di boa della storia centenaria di Monza? Inutile aggiungere che è taciuto anche quell’altro incidente di cinquanta giorni dopo, quando perdemmo nella stessa curva Chionio, Colombini e Galtrucco.
E attenzione, non è che nel film si sia voluto deliberatamente tagliare lo spazio dedicato alle tragedie, perché la morte di Alberto Ascari nel ’55 in un test Ferrari, il disastro del ‘61 quando Von Trips uscì sul rettilineo perdendo la vita e uccidendo quindici spettatori, il dramma dello svedese Peterson nel GP del’78 sono tutti ampiamente documentati e raccontati. Semplicemente, Jarno Saarinen e Renzo Pasolini per la Rai non sono mai esistiti.