Nico Cereghini: “Forza Schumi! Sei uno di noi!”

Nico Cereghini: “Forza Schumi! Sei uno di noi!”
La sua passione per la moto lo ha portato in pista, in gara, nella primavera del 2008. Ha stupito tutti, è andato subito forte. Poi il brutto incidente del 2009 con la Honda CBR 1000 RR lo ha indotto a rallentare | N. Cereghini
7 gennaio 2014

Punti chiave


Ciao a tutti! Siamo e siete preoccupati per Michael Schumacher, che lotta in un letto d’ospedale dopo il drammatico incidente con gli sci. Ancora ne sappiamo troppo poco, ma abbastanza per soffrire. Personalmente non l’ho mai conosciuto, eppure lo sento uno del gruppo, uno di noi. Perché dopo aver vinto sette titoli mondiali in Formula 1, lui è salito sulla moto con l’aria di chi finalmente può divertirsi davvero. Ci ha fatto una bellissima pubblicità.


Cosa si fa con un amico che è a letto malato? Lo si va a trovare e si chiacchiera con affetto. Io lo faccio idealmente, mettendomi in contatto con un personaggio che gli è stato vicinissimo nel giorno del debutto motociclistico, alla fine di marzo del 2008. Schumi esordiva con la KTM a Misano Adriatico, e il suo tecnico/consigliere si chiama Arnaldo Nicoli (lo vedete nella foto sopra, alla destra di Schumi. Ndr). Lo rintraccio al telefono, è sulla neve in Val Brembana, per seguire i suoi tre figli, undici nove e sei anni, che fanno le gare di fondo e promettono bene.


C’era già stata una seduta di prove per prendere confidenza con la moto o vi presentaste direttamente alla prima gara?

«Solo le prove per la gara. Quindici giorni prima ero stato avvertito da Crippa: per il Trofeo SuperDuke ci sarà Schumacher, porterai a Misano la moto e gli farai l’assistenza. Beh, io ero lì con il carrellino dei ferri, un aiutante e una certa agitazione, ma non mi aspettavo l’esposizione mediatica, la diretta Rai, il collegamento con la MotoGP da Jerez, un casino!».

 

Mi ha colpito la sua paura per i tamponi laterali. Sulle moto, per limitare i danni delle scivolate, c’erano questi tamponi e Schumi mi ha detto che era abituato alla F1, protetto nell’abitacolo, e alla prima curva non voleva guai, temeva colpi alle gambe nella bagarre

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E lui come si era comportato?
«Meticoloso ed esigente. Prime prove libere venerdì con la pioggia e lui ha trovato che la sella scivolava e mi ha chiesto l’imbottitura, poi voleva il cronometro digitale sul cruscotto per conoscere il passo in tempo reale, la forcella andava modificata e ha voluto andare personalmente nel box della WP per vedere come gliela sistemavano. E mi ha colpito la sua paura per i tamponi laterali. Sulle moto, per limitare i danni delle scivolate, c’erano questi tamponi e Schumi mi ha detto che era abituato alla F1, protetto nell’abitacolo, e alla prima curva non voleva guai, temeva colpi alle gambe nella bagarre, e piuttosto preferiva partire dall’ultima fila. Ma aveva fatto il terzo tempo, la sua casella era nella prima! Alla fine riuscii a convincerlo».


Poi partì male e fece il quarto, ma girò forte.
«A un decimo dal più veloce. Lui era felice, felice come un bambino. Ma io, per le tensione, avevo la febbre alta: perché c’era da stare attenti: si fosse fatto male sarebbe scoppiata la bomba».


Arnaldo Nicoli è grande e grosso, lo chiamano il “vichingo”. E’ stato un gigante dell’enduro, quattro Sei Giorni vinte con la squadra azzurra, una vera leggenda, da giugno è nell’ Italian Hall of fame. Mi conferma che lo sport è così, certe volte basta poco, lui stesso si è preso tanti rischi in gara e poi si è fatto male a dieci chilometri all’ora. E’ destino.


Ma il tedesco si prendeva molti rischi?

«Tutti quelli che iniziano tardi a praticare uno sport fanno fatica a trovare gli automatismi. Anche con gli sci ha cominciato soltanto a trent’anni. Però lui ha sempre avuto un gran talento per tutto, una volta volle venire con noi anche con le moto da fuoristrada, sopra Costa Volpino. Tenace e professionale, io mi giravo a guardarlo nei passaggi più difficili, e lui con poca tecnica riusciva a cavarsela benissimo. Fino a quando mi ha gridato di fermarmi: adesso mangiare, mi disse. Al rifugio si rideva come vecchi amici. Adesso non ci dormo la notte».