Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Ciao a tutti! Graziano Rossi, il babbo di Valentino, era un pilota mediocre? L'argomento, così poco attuale, proprio la settimana scorsa è finito al centro di una vivace polemica sui social. È stato un altro pilota italiano della stessa epoca a gettare il sasso con questo giudizio negativo, un mio amico fiorentino l'ha criticato, la reazione del pilota è stata eccessiva, un mucchio di gente ha preso posizione spesso a capocchia; per fortuna tutto è finito presto con tante scuse, anche se probabilmente ciascuno è rimasto della propria opinione. Ciò che mi interessa non è la polemica, dalla quale mi sono tenuto alla larga benché abbia conosciuto bene entrambi i protagonisti. Quello che mi incuriosisce è la psicologia dell'ex. In questo caso, il pilota in questione aveva probabilmente qualche vecchia ruggine con Graziano Rossi, di pochi anni più giovane di lui. Succede, le ruggini sono sempre state tante, nel motociclismo come in tutti gli sport.
Personalmente, dico che il babbo di Valentino Rossi era velocissimo, tra i migliori, un po' vanesio e molto simpatico. Nessuno può dubitare oggettivamente del suo talento, e se non ha conquistato titoli mondiali, ma soltanto tre GP in classe 250 con la Morbidelli, è soltanto perché un brutto incidente lo ha bloccato troppo presto quando si cimentava con la 500. Ma anche l'altro pilota mi piaceva, l'ho sempre ammirato, era un protagonista assoluto delle medie cilindrate negli anni in cui io provavo a correre nella classe 500. Con lui non mi sono mai misurato direttamente, ma di certo era molto più veloce di me e di tanti altri.
Il punto è questo: che la carriera di fatto finisca perché si è stati rimpiazzati da un concorrente, o che si abbia deciso di mollare in assoluta autonomia, è sempre dura diventare un ex. Certo, penserete voi, è dura per via di tutta quell'adrenalina che di colpo viene a mancare. Ma c'è di più. Più ancora delle vittorie e delle pagine migliori di una carriera, che pure ciascuno conserva in uno speciale comparto della memoria e nei momenti difficili rivive momento per momento, emergono continuamente, irrisolte e fastidiose, le amarezze sopportate e le occasioni sfuggite. E la cosa peggiore è che nel tempo questi rimpianti diventano sempre più pesanti da sopportare, tanto molesti da doverli aggiustare almeno un po'. Questo aspetto mi ha sempre colpito, e lo verifico spesso ai raduni dei vecchi piloti. Tra ex sarebbe piacevole ricordare le belle gare condivise, e magari sfottersi un po' con la goliardìa dei liceali in vacanza; in fondo, ogni trasferta è stata una specie di bellissima vacanza. E in realtà conosco qualcuno che rivive la sua epoca con questa allegria, ed è un piacere passarci insieme una serata; molto più spesso, invece, si parla con amarezza di quello che è stato e avrebbe dovuto essere: di quella volta che "il tale mi ha battuto ma avevo una spalla in disordine", di quella gara che ho dovuto saltare e avrei sicuramente vinto, di quel sorpasso che mi è toccato subire per colpa del doppiato, di quella caduta all'ultimo giro senza nessuna responsabilità, di quel motore che si è rotto sul più bello negandomi il podio, di quella moto ufficiale che meritavo molto più di quell'altro ma non avevo gli appoggi giusti, e bla bla bla...
Persino Giacomo Agostini, che ha avuto la carriera più felice della storia e a conoscerlo bene è spiritoso e autoironico, ha ancora sullo stomaco il sorpasso/beffa di Barry Sheene sul traguardo di Assen nel 1975: ancora oggi, benché quell'anno abbia conquistato il suo ottavo titolo della 500 - il primo per una Casa giapponese, e il primo pure per un motore a due tempi da mezzo litro: dunque una soddisfazione personale enorme- ancora oggi si abbatte nel raccontare quella sconfitta. È molto difficile diventare un ex. Ne ho conosciuti ben pochi di ex piloti che hanno fatto completamente la pace col passato.