Nico Cereghini: "Hideo Kanaya, talento zittito"

Nico Cereghini: "Hideo Kanaya, talento zittito"
Storia di un pilota degli anni Settanta. I Giapponesi non si erano resi conto di avere in casa un campione già pronto per vincere i titoli mondiali. Lui fece il collaudatore e il gregario, sempre col sorriso sulle labbra | N. Cereghini
28 gennaio 2014

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Ciao a tutti! La scomparsa recente di Hideo Kanaya, pilota giapponese degli anni Settanta, mi fa pensare a quanto poteva essere freddo e spietato, a volte, anche il motociclismo dei tempi mitici. Si sente dire spesso che la MotoGP di oggi lascia poco spazio alla passione e ai sentimenti, e invece io credo che sia sempre stato così. Perché a noi piacciono anche quelli del centro classifica, ma la logica dello sport purtroppo è diversa: conta soltanto chi vince.
Questo Kanaya è stato il primo giapponese capace di conquistare un Gran Premio della classe 500, nel 1975 in Austria. Era stato un buon pilota nei campionati nazionali, e nel 1970, venticinque anni e fresco vincitore della duemmezzo, fu assunto dalla Yamaha come pilota-collaudatore.

Hideo venne coinvolto in un progetto grandioso: Yamaha, che dalla 125 alla 350 era quasi imbattibile nel mondiale, aveva deciso di affrontare la sfida della 500; e non con le bicilindriche maggiorate a 351 cc come facevano all’epoca tanti piloti privati o assistiti, ma con una vera 500, un’inedita quattro cilindri in linea. Il lavoro, nel reparto corse e in pista, chiese quasi tre anni, la 500 avrebbe fatto il suo esordio soltanto nella stagione 1973. Kanaya però si presentò sulle piste europee un anno prima, per aiutare Saarinen in 250 e 350; e nel ’72, al Nurburgring, eccolo subito davanti a tutti in 250. Sei giri sui micidiali 22 chilometri e ottocento metri, alla media di quasi 140 all’ora e nettamente davanti all’idolo locale Dieter Braun e a Jarno Saarinen. E Hideo andò sul terzo gradino del podio anche nella 350. Capito, che classe? Non si era mai visto un pilota giapponese così veloce, e quella fu un’impresa tanto strepitosa che Kanaya fu richiamato all’ordine: il suo ruolo, qui, era quello del gregario e non del protagonista.

Non si era mai visto un pilota giapponese così veloce

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Nel ’73 fu prima l’apoteosi e poi la tragedia.
Delle prime tre prove del mondiale (Francia, Austria e Germania) Jarno ne vinse cinque, Hideo fece quattro secondi posti e un terzo. Poi arrivò il Nazioni a Monza, 20 maggio, Saarinen e Pasolini morirono, la Yamaha ritirò la squadra in segno di lutto. Kanaya si sarebbe rivisto due anni dopo, questa volta per aiutare Giacomo Agostini. Fu allora che lo conobbi, quando al Castellet fece tutta la corsa alle spalle di Ago, i due mi doppiarono in tromba a un giro dalla fine, e il giapponese chiuse a 50 millesimi dal suo caposquadra. La gara dopo, al Salzburgring, vittoria in 500 e pure in 350. Poi, sparito.

Hideo Kanaya. Un talento meraviglioso, un pilota che sarebbe potuto arrivare dove nessun giapponese è mai arrivato: al titolo della top class. L’avevano in casa, l’hanno sacrificato. E’ morto per malattia prima di Natale, mai una parola fuoriposto, una vita dedicata alla Yamaha.

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