Nico Cereghini: “La MotoGP, la SBK, lo spettacolo”

Nico Cereghini: “La MotoGP, la SBK, lo spettacolo”
Guardo la SBK ad Assen e rivivo lo spirito che ha sempre caratterizzato le gare delle derivate. Le MotoGP sono più esplosive da guidare, e qualche volta sono anche molto spettacolari, ma nella SBK sopravvive qualcosa che conquista
19 aprile 2016

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Ciao a tutti! Io sono un convinto sostenitore della MotoGP come massima espressione del motociclismo, seguo con passione il motomondiale dagli anni Sessanta e so elencare a memoria campioni nazionalità e moto dal primo mondiale del 1949; e poi sono affezionato ai grandi piloti della storia da Hailwood in avanti, e ho molto interesse per lo sviluppo più avanzato della tecnica. Per l’insieme di tutte queste ragioni niente può sostituire per me lo spettacolo della MotoGP, anche se è raro assistere a gare veramente combattute nella top class con duelli ed esiti incerti fino alla bandiera a scacchi. Però per me c’è la gara della MotoGP, prima c’era la gara della 500, e ci sono io che la guardo. Sempre e comunque.
 

Però amo anche le gare delle derivate dalla serie, e raramente me le lascio sfuggire. E questo è un amore anche più viscerale di quell’altro, per una ragione molto personale che ha a che fare proprio con le moto che scendono in pista. Nella mia breve carriera di pilota, iniziata tardi e finita presto, ho guidato le 500 due tempi da GP e anche le 750 e le 1000 quattro tempi derivate dalla serie. Qualche podio, anche internazionale, nessuna vittoria. Bene, se mi concentro sulle emozioni di quegli anni e cerco di dare un nome a tutte le sensazioni, posso dirvi che la 500 era esplosiva, difficile, delicata, e quando finivi una gara fatta bene e senza rotture ti sentivi un vero mago. La 750 e la 1000 erano più facili da guidare, anche se erano pesanti e quasi mai perfette, e ti facevano sentire un mago sempre. Asciutto o bagnato, gare brevi o lunghissime quanto le 24 Ore (che allora si correvano in coppia, due piloti soltanto), la felicità che provavo era assoluta dal primo all’ultimo giro. Perché? La ragione credo di averla capita: perché erano moto e gare molto più a misura d’uomo. Di là ogni cosa doveva girare al top, e invece il tale olio per la miscela era introvabile e la benzina speciale l’avevano soltanto gli ufficiali, e la Michelin ti dava uno slick diverso ad ogni gara (anche se la sigla era sempre la stessa…) e l’ansia era alle stelle, di qua il risultato contava certo, ma non era tutto. Ancora ricordo i tempi sul giro che facevo con la 500 a Misano o al Mugello, invece i tempi che facevo a Le Mans o a Spa nelle 24 Ore (stesso anno) neanche andavo a vederli. Chissenefrega, era correre per il puro piacere.


So di dire niente di originale in assoluto, naturalmente, ma ogni tanto mi piace mettere in ordine le cose. Pensavo a tutto questo sabato e domenica guardando la SBK di Assen. Due belle gare, combattute, incerte, e nonostante le condizioni meteo fossero molto difficili, complicando le scelte su gomme e strategie, mi pareva di cogliere quello stesso spirito di allora. Meno pressione qui che in MotoGP? Sì forse, anche se le Case vogliono vincere, non meno che in MotoGP. Meno attenzione mediatica? Non credo, le telecamere di Mediaset entrano in ogni box e mostrano ogni gesto. Meno stress? Questo certamente sì. Perché le moto sono rimaste più semplici, le gomme e la ricerca del limite pure.


Detesto i ragionamenti sulla serie A e sulla serie B del motociclismo. Chi li fa non è un appassionato. Posso soltanto dire che alla MotoGP purtroppo non giovano quei pochi secondi di vantaggio al giro sulle SBK: troppo spesso cala l’equilibrio e sale l’ansia. Ma so anche che è sempre stato così per la top class, e temo che non ci sia proprio soluzione.

La MotoGP, la SBK, lo spettacolo
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