Nico Cereghini: “La partenza, momento chiave della gara”

Nico Cereghini: “La partenza, momento chiave della gara”
In ogni tipo di partenza c’è una tecnica precisa, per scattare bene. L’intervento combinato su acceleratore e frizione è cruciale anche con gli aiuti elettronici. Ma più della tecnica conta la concentrazione e la motivazione. E Vinales…
19 luglio 2021

Ciao a tutti! Mi capita tra le mani questa vecchia foto, un po’ speciale per me: è il momento preciso del mio scatto alla partenza a Le Mans, 24 Ore del 1974. Bello rivivere quell’attimo: la Kawasaki 900 Segoni Special in primo piano, gli stivaletti rossi che non ricordavo di aver mai avuto, l’allineamento dei piedi. O mi ero sistemato un po’ oltre la riga bianca (non si sa mai) oppure ero stato molto pronto all’abbassarsi della bandiera a scacchi…

Vinsero quel Bol d’Or i leggendari Godier e Genoud con una bella Kawasaki verde e bianca, noi ci arrendemmo per una caduta (rarissima) di Daneu. Scendeva il buio, il mio compagno di avventura tentava di togliere i cappucci dei fari che al rifornimento non si era pensato di levare, perse il controllo. Giancarlo illeso, la moto distrutta e stop dopo sole quattro ore di gara.

Quanti tipi di partenza, nel motociclismo! C’è questa in “stile Le Mans” che vale ancora oggi per tutte le gare di Endurance, poi la partenza attuale sullo spegnimento del semaforo, quella a spinta di una volta. Ed è in ogni caso un momento topico, spesso determinante della gara: perché conta naturalmente la posizione in griglia, ma poi c’è chi parte bene e chi parte male e questo fa una grande differenza.

La partenza tipo Le Mans vede i piloti allineati sul lato esterno della pista, le moto (o le auto) tutte in fila sul lato opposto, quello verso i box; alla bandiera si scatta di corsa, ci si avventa sulla moto sostenuta da un meccanico, si avvia il motore col pulsante. E via, più rapidi che si può. Non è difficile, occorre soltanto fare attenzione nei primi metri perché le moto sono veramente tante: c’erano sessanta equipaggi in quella edizione del Bol d’Or…

La partenza a spinta, che resistette fino alla metà degli anni Ottanta, fu la mia rovina, fumavo troppo e i più rapidi erano veri atleti: Roberto Gallina che da ragazzo faceva ginnastica a livello nazionale, Virginio Ferrari che aveva la palestra nel motorhome... Dentro la prima, la leva della frizione in mano, facevi venti centimetri avanti e indietro per liberare bene la ruota posteriore. Poi puntavi la moto in avanti sul freno anteriore e alla bandiera lasciavi la leva e spingevi con tutta la forza che avevi. Saltavi in sella dopo pochi metri e mollavi simultaneamente la frizione dando poco gas. Con la duemmezzo ok, ero rapido, ma la RG 500 col pieno pesava 160 chili minimo, non era una passeggiata.

Il semaforo, quello mi sarebbe piaciuto! Il gioco di gas e frizione è sempre stata la mia specialità e nello sprint sui 400 metri da fermo, per esempio alla pista Pirelli nelle prove strumentali, ero il più pronto. Senza la maledetta spinta, credo che avrei fatto qualche podio in più. Parlo di campionato italiano.

E però, anche con il semaforo, c’è chi parte bene, chi benissimo e chi parte male. Perché? Credo che la capacità di concentrarsi sulla tecnica di partenza sia sempre indispensabile. In MotoGP le assistenze elettroniche e gli abbassatori aiutano, ma frizione e gas: il segreto è sempre quello, come si interviene sui due comandi e la perfezione dei due interventi in simultanea.

Quando nei primi test di stagione ho visto Maverick Vinales allenarsi nel provare partenze a ripetizione, ho pensato: ahi, lo spagnolo si ritroverà al punto di prima. Perché un conto è partire da soli, con il silenzio intorno, e tutto un altro conto farlo nel frastuono che scoppia sulla griglia e copre il suono del tuo motore. E soprattutto perché l'ansia non aiuta: servono invece freddezza e concentrazione. Il segreto non è tanto nella tecnica, quanto nella testa.

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