Nico Cereghini: "La SBK va cambiata, ispiriamoci al fuoristrada"

Nico Cereghini: "La SBK va cambiata, ispiriamoci al fuoristrada"
E’ la tesi del nostro ingegnere Giulio Bernardelle: va studiato un nuovo regolamento sul modello del fuoristrada. E’ possibile coinvolgere i costruttori, ricreare un business e nel contempo ridurre i costi, mettere team e piloti al centro della formula. Ecco come
19 luglio 2022

Ciao a tutti! Evviva la SBK e i suoi piloti, a Donington abbiamo visto belle gare, ma nel nostro DopoGP di lunedì sera ci chiediamo: ha ancora senso un campionato che era nato per promuovere la moto superportiva di serie? I numeri di quella fascia di mercato diventano sempre più piccoli, molti costruttori sembrano poco interessati a investire: è arrivato il tempo di ripensare alla formula? Il nostro ingegnere Bernardelle ne è convinto: chi si occupa dei regolamenti tecnici deve assolutamente progettare qualcosa di più interessante, in grado di tornare a coinvolgere i costruttori.

Il tema del cambiamento non è nuovo, da tempo si discute per esempio sull’opportunità di limitare le moto sulla falsariga delle stock. I costruttori sono contrari e la Dorna pure, sembra che per dare valore ai diritti televisivi bisogna che le moto vadano sempre più forte. Ma ora Bernardelle sostiene una tesi diversa: ispiriamoci al fuoristrada e al motocross, dice.

Il regolamento, secondo Giulio, andrebbe studiato in modo più simile a quello del fuoristrada: le SBK dovrebbero essere delle moto di serie definite in alcuni parametri e da produrre in numeri da stabilire sulla carta, magari cinquecento o mille pezzi e a disposizione di chiunque le voglia acquistare. Nessuna partecipazione diretta delle Case: i team, non ufficiali, dovrebbero poter disporre di parti reperibili sul mercato per elaborare le moto. Il regolamento tecnico darebbe una gamma di possibilità anche per le elaborazioni della moto di serie. Un po’ come capita anche nel mondo auto, in certe classi del Turismo e dei Rally.

Giulio ricorda che questo era un po’ lo spirito della 500 dei primi anni Settanta: un pilota trovava un mezzo sul mercato, con poche decine di milioni di lire lo elaborava, andava a correre e spesso (se Ago e la MV si fermavano…) era pure competitivo. Case come la Kawasaki e la Suzuki guardavano con molto interesse a quel mercato e ai suoi riflessi sulle vendite.

“Abbiamo già -sostiene il nostro Bernardelle- una categoria che funziona bene con i prototipi, la SBK deve essere una cosa diversa e bella da vedere. I regolamenti devono essere attraenti per la Case. Ai miei tempi l’Aprilia faceva quattro o cinque moto ufficiali e vendeva settanta o cento moto replica ai team… Oggi è stata eliminata ogni possibilità di fare del business con le moto da corsa, invece chi fa moto e parti per moto deve avere interesse a produrre. Con i regolamenti attuali il fuoristrada va benone e nel cross la KTM fa cinquantamila moto l’anno”.

L’impegno delle case sarebbe molto limitato e passerebbe sempre attraverso un team, seguito sul piano tecnico dal costruttore per sviluppare il prodotto. Vendere cinquecento moto da 50 o 60.000 euro è una cosa che le Case prenderebbero in seria considerazione, soprattutto se il regolamento tecnico permettesse loro di esprimere la filosofia del marchio: due, tre, quattro cilindri con regole compensative per ottenere prestazioni simili. Verrebbe anche ricreato una sorta di mercato in cui il team trova gli sponsor, acquista la moto e i particolari. 

“E aggiungo: niente più mondiale marche, ma solo mondiale piloti e mondiale team”, dice Giulio e a me la cosa piace. Voi cosa ne pensate?

Naviga su Moto.it senza pubblicità
1 euro al mese
Caricamento commenti...