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Ciao a tutti! Il confronto impossibile tra Jorge Lorenzo e Kevin Schwantz, che vi ho proposto la settimana scorsa come espressione dei tempi che cambiano, ha acceso una interessante discussione sulle moto: c'è chi è sicuro che le 500 a due tempi erano molto più difficili da guidare delle moderne MotoGP e chi è convinto del contrario. Chi ha ragione? Da testimone diretto io direi che hanno ragione tutti. Sì, perché se considero le Yamaha e Suzuki dei primi anni Novanta, le moto di Rainey e Schwantz che avevano grandi potenze, niente elettronica e una direzione di sviluppo dettata da piloti molto particolari allora condivido la prima tesi: quelle 500 erano più difficili delle attuali MotoGP. Ma se vado più indietro, a fine anni Settanta quando appare la Suzuki RG e inizia l'epoca d'oro della mezzo litro con tanti piloti competitivi, dico no: quelle 500 non erano così ostiche da guidare, non erano tanto potenti; come del resto non erano proibitive le 500 alla fine del ciclo a due tempi, quando arriva Valentino Rossi nel 2000 e la potenza è salita alle stelle e la guida è adrenalinica sì, ma c'è già una certa assistenza elettronica e il motore Honda é capace di riprendere fin dai 2.000 giri.
Intendiamoci, tutte le moto sono impegnative quando si tratta di portarle al limite: togliere l'ultimo secondo é sempre, in assoluto, un mestiere difficile e riservato a pochi abili. Ma la mia RG del '76 era una quattro cilindri da 100 cavalli che chiunque poteva portare a spasso dentro un circuito. Bastava usare il gas con dolcezza, a Monza feci girare degli amici che non erano mai entrati in pista in vita loro, gente che in sella a una MotoGP attuale si stenderebbe alla prima curva senza freni e con le gomme fredde. La RG 500 è passata alla storia non per la sua difficoltà di guida, ma perché rilanciò una classe che era regina soltanto di nome: pochi piloti ufficiali da una parte e tanti privati dall'altra con le bicilindriche Yamaha 350 maggiorate o con varie realizzazioni artigianali, doppiati regolarmente sul traguardo di uno o due giri. Poi il miracolo del '76, sessanta esemplari che replicavano la moto ufficiale di Barry Sheene.
Un giornalista-collaudatore come ero io, un tester come si dice adesso, si poteva permettere di arrivare alla prima prova del mondiale, GP di Francia a Le Mans, e qualificarsi in seconda fila di fianco al campione del mondo Phil Read sulla stessa moto. La Suzuki ufficiale di Sheene aveva il cambio estraibile, noi privati potevamo soltanto agire sulla trasmissione finale, pignone e corona. La forcella non aveva regolazioni e per la coppia degli ammortizzatori posteriori soltanto tre tacche di precarico molla. Non c'era che da concentrarsi sulla guida, e litigare con l'unico problema: la spiccata tendenza ad impennare fuori dalle curve da prima e da seconda. Divertimento massimo, difficoltà media, affidabilità purtroppo vicina allo zero.
Negli anni successivi ho avuto la possibilità di provare quasi tutte le 500, Honda a tre e quattro cilindri, Suzuki, Cagiva. Nessuna difficoltà di approccio, nessun problema a portarle a spasso per la pista. L'unica moto impossibile da guidare si rivelò la Yamaha 500 campione del mondo nel '92 per la terza volta consecutiva. La provai in Inghilterra, la moto di Rainey era dura come un sasso e non c'era modo di inserirla in curva. Telefonai a Cadalora: la tua prossima moto è un camion. E lui che non voleva crederci...Sapete cosa facciamo? Visto il vostro interesse sul tema, finito il mondiale registriamo una bella tavola rotonda sulla 500 a due tempi e i suoi campioni, magari chiamiamo Luca che conosce bene anche le MotoGP, e invitiamo Uncini o Lucchinelli che con la prima generazione delle 500 2T hanno vinto il titolo, ascoltiamo le testimonianze di Biaggi e Rossi sulle ultime... L'idea vi piace? Cominciate a preparare le vostre domande.