Nico Cereghini: "Mi gioco la carriera"

Nico Cereghini: "Mi gioco la carriera"
C’è una fase cruciale nella quale ci si gioca tutto, e prima o poi arriva. Ecco qui un paio di piloti che si sono cacciati in una impresa molto difficile e possono uscirne in un solo modo | N. Cereghini
11 febbraio 2014

Punti chiave

 
Ciao a tutti! Che bello sentire di nuovo cantare i motori più belli del mondo, la MotoGP con i suoi primi test ufficiali e la SBK ormai vicinissima alla prima gara del campionato 2014. Certo, qui continua a piovere e per molti di noi questa è una buona scusa per risparmiare benzina. Chissà quando comincerà finalmente la stagione nostra; quella vera, intendo, fatta di scorribande con la moto senza tutti i pensieri che ci assillano. Per il momento proviamo a consolarci guardando i nostri piloti di punta che cominciano a fare sul serio. Molti si giocano una stagione importante e alcuni di loro si giocano proprio la carriera.

Penso a Marco Melandri, per dirne uno. Melandri, lo sapete, è passato sull’Aprilia RSV4 che fu di Biaggi: una moto che con Max ha vinto due titoli e che è considerata la migliore del gruppo. In Aprilia si aspettano molto dal Macho, e per tante ragioni. Per cominciare sono convinti di aver buttato via una stagione sbagliando la politica con i due piloti ufficiali, hanno scaricato la responsabilità su Dall’Igna senza tanti complimenti e con pochissima eleganza, hanno perso Laverty che pareva più veloce di Guintoli, e alla fine devono puntare tutto sul pilota più discusso del Paese e il più commentato del web. Se Melandri ce la farà –e io faccio il tifo per lui perché il suo talento merita la soddisfazione- tutti i tasselli andranno a posto; ma se non dovesse farcela prevedo tensioni e musi lunghi. Sono quelle condizioni che trovo le peggiori, quando bisogna vincere per forza; sono sicuro che il successo arriva più facilmente se il pilota si diverte e la squadra lavora con la testa sgombra dai brutti pensieri.

Per buttare la moto nella curva spacca i manubri come faceva Fogarty

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Un altro che si gioca la carriera è in MotoGP, e non penso certamente a Rossi -che la carriera se l’è giocata alla grandissima eppure ha ancora voglia di ballare- ma a Cal Crutchlow sulla sua nuova Ducati. L’inglese è un pilota dipinto come l’antitesi di Melandri. Tanto tormentato e complesso sembra l’italiano, tanto coriaceo e granitico appare Cal, uno che per buttare la moto nella curva spacca i manubri come faceva Fogarty, e se invece, sfortunatamente, si spacca un osso, allora si fa una bella risata e salta di nuovo sulla moto. Al di là della retorica che vuole vedere gli eroi anche dove non esistono, credo che Crutchlow abbia davvero una solida ambizione e tanto coraggio. Ma penso anche che si sia lanciato in una impresa molto difficile. Dovrà trovare in fretta il feeling con la Ducati, che al primo contatto gli è parsa misteriosa; dovrà dimostrare di essere più veloce di Dovizioso, che ritrova nel box, e dovrà collaborare allo sviluppo (senza aver mai fatto niente del genere) della moto più complicata del pianeta. Anche qui io voglio essere positivo, perché ho a cuore la Ducati e poi ho caldeggiato l’arrivo di Gigi Dall’Igna come l’unica soluzione possibile alla crisi. Ma anche qui c’è naturalmente la tensione della necessità: bisogna tornare a vincere in fretta, massimo due anni, altrimenti magari Audi si stufa.

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