Tre anni senza Nicky Hayden, il ricordo di Nico Cereghini

Tre anni senza Nicky Hayden, il ricordo di Nico Cereghini
Sono passati tre anni dalla tragica scomparsa di Nicky dopo l’incidente con la bici. Una grande tragedia per lui, per la sua famiglia, per il motociclismo e anche per il ragazzo investitore. Vi riproponiamo il bel ricordo del nostro Nico
22 maggio 2020

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Oggi, a tre anni dalla scomparsa di Nicky Hayden, vi riproponiamo questo bel ricordo scritto da Nico Cereghini il 22 maggio del 2018:

Ciao a tutti. Ci sono ricorrenze che arrivano quando meno te lo aspetti, è già passato un anno dalla tragica scomparsa di Nicky Hayden e stento a crederlo, ancora mi capita di cercarlo sulla griglia di partenza della MotoGP. E’ proprio impossibile dimenticarsi di lui perché c’era da sempre, era arrivato nella massima cilindrata dalla stagione 2003, era rimasto stabilmente con noi fino al 2015 prima di passare in SBK. E ricordo pochi piloti, nella storia della moto, capaci di entrare nel cuore della gente anche senza vincere tanto. Perché Kentucky Kid era arrivato al primo successo in casa nel 2005, poi due vittorie ad Assen e Laguna Seca (insieme a una lunga serie di podi) l’anno dopo, quello del suo titolo mondiale. E Nicky era il primo a dare una relativa importanza a quel suo titolo, arrivato come ricorderete nell’ultima gara di Valencia, la gara più pazza del mondo con la scivolata di Valentino e la fuga vincente di Troy Bayliss, in viaggio premio dopo l’impresa con la Ducati in SBK. Lui diceva che quel titolo mondiale del 2006 era importante soprattutto per il suo Paese, per gli States che dopo i trionfi degli anni Ottanta e Novanta erano precipitati sempre più in basso. Per lui erano state una magnifica giornata e una stagione molto felice; che però non aveva cambiato poi tanto la sua carriera: Hayden si sentiva un pilota tenace e veloce, un predestinato con una famiglia di piloti alle spalle, ma non un fuoriclasse; piuttosto un grande appassionato che aveva avuto la fortuna di arrivare sulle moto più belle del mondo e restarci in sella tanti anni e con le carte in regola. Leale con i compagni di squadra -anche con Dani Pedrosa che sbagliò le misure e lo buttò giù in Portogallo nel 2006 quasi rovinandogli la festa- leale con la Honda che faceva le carenature troppo piccole per lui, leale con la Ducati che lo volle per cinque lunghe stagioni, dal 2009 al 2013, di fianco a Stoner, Rossi e infine Dovizioso. Il compagno di squadra ideale: in pista, dentro il box, la sera dopo cena a parlare di moto.


La sua morte è una dolorosa nemesi, come del resto per Schumi: tutti quei rischi in tanti anni di gare e poi il destino che ti colpisce in un momento di svago. Nicky si stava allenando in bici nei pressi del circuito di Misano Adriatico, gli auricolari con la musica preferita nelle orecchie, e ha incontrato un’auto nel punto sbagliato. Era mercoledì 17 maggio, i danni cerebrali così gravi che dopo cinque giorni si è spento all’ospedale di Cesena senza vedere la mamma Rose, il fratello Tommy e la fidanzata Jacqueline con cui stava per sposarsi. E, se me lo permettete, io vorrei abbracciare idealmente, oltre a Hayden e la sua famiglia, anche quel trentenne operaio di Morciano che era alla guida della Peugeot investitrice e che da quel giorno non si dà pace. Era perfettamente lucido, ma le perizie hanno detto che viaggiava a 71.8 kmh contro i 50 all’ora prescritti, e hanno concluso che se avesse rispettato i limiti avrebbe potuto evitare l’incidente. Il ciclista, bruciando lo stop, avrebbe il 70 per cento della responsabilità, ma in ogni modo la Procura ha notificato all’automobilista l’accusa di concorso in omicidio stradale. La prima udienza si terrà il prossimo 13 giugno. Comunque vada, è stata ed è tuttora una grande tragedia per tutti.

Hayden, un anno
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