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«Come uomo sono molto felice di avere finito la gara ed in buone condizioni fisiche, come atleta mi dispiace non averla conclusa con il crono che speravo». Sono le parole di Nicola Dutto, al traguardo della Baja 500 in Messico. Il campione cuneese è il primo pilota di moto al mondo che ha partecipato ad una gara di 800 km no stop valevole per il Mondiale Desert Race da paraplegico. Dutto ha compiuto un’impresa straordinaria, ha scritto una nuova pagina della storia dello sport in una gara difficilissima anche per i migliori piloti del mondo normodotati. Nicola, lo ricordiamo, è paralizzato dal busto in giù per la lesione della settima vertebra dorsale causata da una caduta nella prima gara del Campionato 2010. Prima dell’incidente ero uno tra i migliori piloti a livello mondiale in una disciplina simile all’enduro.
Dutto ha gareggiato in sella alla KTM 500 Exc grazie alla filiale italiana della casa austriaca e con il pieno supporto di KTM America. In corsa con lui il pilota di enduro Massimo Ravetta pronto ad assisterlo in caso di necessità. Dutto è stato autore di un’impresa epica. Ha concluso una gara massacrante impiegando 19 ore. E’ arrivato al traguardo in over-time nel cuore della notte ma l’ha terminata ed è stato il primo al mondo a compiere una simile impresa.
«Partenza alle 6.30 da Ensenada per affrontare 480 miglia – racconta Nicola Dutto - mi sono sentito bene da subito, la moto perfetta c'erano tutte le condizioni per fare una bella gara. Il percorso è molto difficile, nulla a che vedere con quello della Baja Aragon a cui avevo partecipato un anno fa che invece è molto veloce. Qui ci sono tratti tecnici incredibili. Ad ogni Baja Pit, dove faccio rifornimento, sanno chi sono e mi accolgono con applausi e commozione, io bevo e riparto. Nelle fasi iniziali della gara riesco a superare un po’ di moto. Nei tratti più tosti mantengo un’andatura tranquilla, queste gare vanno gestite con intelligenza.»
«Cado alcune volte ed in questo tipo di gare è una cosa normalissima ma ovviamente non mi posso rialzare da solo, mi deve aiutare Ravetta ma che spesso da solo non ce la fa e deve attendere che si fermano altri piloti. Perdo tempo prezioso e arrivano i trophy truck (grossi veicoli a 4 ruote). Facciamo passare i primi 3 che si giocano il podio e che vanno ai 200 K/h ,poi proseguiamo. Mancano 40 miglia al traguardo, mi sento bene, sono un pò stanco ma ho quasi finito la gara… Mi ero imposto di concludere la gara ed avevo
Mi ero imposto di concludere la gara ed avevo promesso a mia moglie Elena che sarei arrivato alla fine
promesso a mia moglie Elena che sarei arrivato alla fine, ce la sto facendo!!! Siamo su una salita con tanto fesh fesh (polvere sottilissima) passa un trophy mi sorpassa e solleva tantissima polvere. Esco dal tracciato perché non vedo nulla, andando troppo piano perdo l’ equilibrio e cado. E’ una caduta banalissima, non mi faccio un graffio, sto bene ma la moto è infossata, Ravetta da solo non riesce a riportarla sul tracciato e dobbiamo aspettare che qualcuno si fermi ad aiutarci, intanto passano minuti su minuti.»
«Telefono a mia moglie con il satellitare e lei mi da coraggio, mi dice di continuare. Risalgo sulla moto arrabbiato per il tempo perso e arrivo al traguardo in over time. Come uomo sono molto contento perché non ho sofferto, sto bene, ci sono a livello sia fisico che mentale. Come pilota, come atleta, mi dispiace no avere fatto un crono migliore, all’altezza del mio potenziale. Sono comunque molto felice: ho capito che ci sono…ci sono eccome!!! Qui gli Americani e i Messicani non sapevano cosa dire prima della gara, tanti complimenti, mi chiamavano SIR… “Can I shake your hand Sir? Posso stringerle la mano SIGNORE?” Hanno perfino organizzato una festa per me a San Diego in un ristorante Italiano. Ringrazio di cuore Max Ravetta per avermi accompagnato in questa avventura non facile per lui, il mio tecnico Roberto Boasso che è sempre aiuto indispensabile ed Elena per aver creduto in me sempre».