Niki Lauda e la sua lezione

Niki Lauda e la sua lezione
Non potrò mai dimenticare la forza dell’austriaco in quel lontano 1976, il rogo del Nürburgring e il ritiro nella bufera del Fuji. Un esempio per tutti quelli che amano le corse
21 maggio 2019

Adesso che Niki Lauda se n’è andato, a settant’anni appena, si capisce che il suo fascino, sia come  pilota sia come uomo, andava ben oltre all’ambiente della F1 e del Motosport. Tanti piloti della MotoGP hanno voluto ricordarlo sui social: Casey Stoner lo descrive come una icona leggendaria, Marc Márquez non dimenticherà mai i consigli che gli ha dato al primo incontro, per Joan Mir è stato il simbolo del coraggio. Il tre volte campione del mondo della Formula 1 era un pilota velocissimo, ma è stato soprattutto un tipo molto speciale: il coraggio, per Niki, non è mai stato vicino all’incoscienza, ma piuttosto alla scienza.

“Intelligente, esigente, preciso – esordisce Giacomo Agostini al telefono mentre sta partendo per il Giappone - e in qualche modo Niki mi somigliava. Ha fatto una gran carriera perché è stato molto tenace e naturalmente anche veloce, ma di lui mi ha sempre impressionato la profondità, la cura dei dettagli, la capacità di calcolare lucidamente i dati. Era un amico, sono molto triste”.

La personalità di Lauda mi ha colpito fin da quel 1976, con l’incidente di agosto al Nürburgring: dopo soli quarantadue giorni lui era già in pista a Monza, portando con disinvoltura quel viso terribile, sfigurato dal fuoco. E soprattutto mi è rimasta in mente quella diretta Rai dal Fuji, ultima gara della stagione, quando nel nubifragio il pilota Ferrari, che era ancora in gioco per il titolo, si fermò e disse semplicemente “Paura”. Mi colpì moltissimo, e lo amavo perché era uno dei pochi si batteva per la sicurezza, più forte delle pressioni degli sponsor e dei gestori delle piste, incrollabile nelle sue analisi, come facevamo noi con la prima associazione dei piloti creata da Walter Villa.

Proprio a casa di Niki, al Salzburgring, nel GP d’Austria, organizzammo nel ’77 il primo sciopero della nostra storia dopo il mucchio nella 350, Uncini, Fernandez, Cecotto, e la morte di Stadelmann. Non fu facile, ma presero la partenza della 500  soltanto sei piloti, e quella volta Lauda (che abitava vicino alla pista) era lì in mezzo a noi e non di fianco all’organizzatore.

Perché è importante vincere le gare e i titoli mondiali, ma ancora più importante è sapersi fermare quando il rischio supera il limite che ci si è dati.

Naviga su Moto.it senza pubblicità
1 euro al mese
Caricamento commenti...