Intervista a Johnny O'Mara: "Io e Stewart"

Intervista a  Johnny O'Mara: "Io e Stewart"
Da quest'anno l'indimenticato campione californiano è il consigliere di James Stewart, e i risultati si vedono. Lo abbiamo intervistato in America | M. Zanzani
11 febbraio 2011

Punti chiave


Campione National
125 nell'83 e Supercross 250 nella stagione successiva alla guida della Honda ufficiale, nonché membro del team Usa vincente al Motocross delle Nazioni per ben quattro volte, tra cui l'indimenticabile edizione di Maggiora, Johnny O'Mara ha ancora intatto tutto il fascino del suo mito.

Prolungato nel tempo non solo per aver fatto parlare di se anche nel campionato mountain bike statunitense, al quale si è dedicato dal '91 l'anno dopo aver appeso il casco al chiodo, ma per essere stato anche uomo Oakley sui campi gara di motocross e nel 1997 mentore di Ricky Carmichael aiutandolo nel suo percorso di campione. Successivamente è stato anche consigliere di Ryan Dungey e Ivan Tedesco, per poi quest'inverno ricevere una telefonata da James Stewart.

Insieme a James Stewart

«Sono rimasto piuttosto sorpreso e anche lusingato della sua chiamata - spiega O'Mara - disse che era interessato ad avermi al suo fianco, e risposi che mi faceva piacere lavorare con lui ma che dovevo pensarci un pò. Ho valutato tutto attentamente ripercorrendo la sua carriera, ho visto che ultimamente aveva qualche difficoltà nelle gare anche per via degli infortuni ed ho capito che valeva la pena accettare questa sfida per cui gli dissi di si».

Cosa vi siete detti nel vostro primo incontro?
«Ho voluto verificare la sua reale motivazione, la franchezza, il suo modo di pensare, come affrontava le gare e se aveva degli obiettivi precisi. Volevo essere sicuro che chiedesse il mio aiuto per il motivo giusto, visto che io mi dedico alle cose al 100% volevo essere certo che anche lui facesse altrettanto. E mi ha convinto, così mi sono tolto anche i dubbi sulle voci che dicevano che non voleva più correre. Abbiamo anche parlato dei cambiamenti che secondo me doveva fare, ma è stato abbastanza facile perché ci fidiamo e abbiamo la massima stima uno dell'altro».

Così hai preparato un programma di lavoro?

«Si, ho studiato diverse cose da fare e da cambiare che hanno coinvolto tutti gli aspetti del team».

I tuoi consigli riguardano anche l'aspetto tecnico e della moto?

«James è già molto bravo di suo, ma ragionando insieme abbiamo visto che in questi ultimi anni è stato troppo rigido nel setup della moto mantenendo quasi sempre le stesse regolazioni. 
E' vero che si tratta di un pilota così bravo che potrebbe vincere con qualsiasi moto, ma parallelamente ad un ambiente adatto a far si che vinca più facilmente ho voluto che avesse una moto facile da guidare, che gli dia sicurezza e costanza. E lui è stato molto disponibile ad  ascoltare i miei suggerimenti, così abbiamo provato diverse soluzioni che ci hanno fatto arrivare ad un punto comune che lo ha fatto molto felice».

Come funziona operativamente la vostra collaborazione visto che tu abiti in California e lui in Florida?

«Ho fatto io avanti e indietro un po' di volte per le sessioni di prova più importanti, altre volte lui è stato a provare qui. Sono comunque sempre stretto contatto con il team e con chiunque sia coinvolto con la squadra, telefonicamente o via mail non è difficile discutere delle cose necessarie da fare».

Com'è la tua tabella di marcia con lui?
«Impegnativa. Ogni giorno faccio qualcosa per James, non importa se lui è in Florida e io in California, tutti i giorni lavoriamo su qualcosa con il team o per la moto, tutti i giorni lavoriamo per permettere a James di fare del suo meglio».

James è conosciuto per non essere una persona facile da gestire, con te è diverso?
«Effettivamente è difficile avvicinarlo alla gare per intervistarlo, non gli piace essere disturbato dai giornalisti. Ma in futuro voglio migliorare anche questo aspetto, non è che possiamo cambiare tutto in una notte ma anche questo è un punto sulla mia lista di cose da fare: rendere James più affabile con la gente».

Non so se dipende dal fatto che ha lavorato con te, ma in passato mi accorsi di un cambiamento anche in Ricky Carmichael, all'inizio era infastidito dai giornalisti, ma poi imparò ad essere disponibile ed educato
.
«Aiuta anche il fatto che crescendo si diventa più maturi, e anche Ricky migliorò col passare degli anni. Adesso James è un po' più grande, e si renderà conto che anche questo fa parte del proprio lavoro».

Vai ancora in moto?
«No, ne ho avuto abbastanza. Ho avuto la mia parte, sono a posto».

Si dice che la YZ450F non sia una moto facile, tu come la pensi?
«L'anno scorso la moto era appena stata stata sviluppata e aveva bisogno di una messa a punto perché aveva un progetto piuttosto anticonvenzionale, e infatti quella di quest'anno è decisamente migliore. D'altronde James l'anno scorso non ha avuto tempo di sistemarla alla perfezione perché si è infortunato dopo la seconda gara, e quando è tornato a correre non era pronto. Adesso ha provato molto e la moto è vincente come ha dimostrato nelle prime gare di stagione».

Quanto durerà il vostro accordo?
«Sono qui per la relazione che si è creata con James e per la sfida di lavorare con un pilota del suo calibro, non per guadagnare dei soldi per cui non ha una scadenza particolare. Se volessi potrei smettere anche adesso, ma resterò con lui finché ci sarà bisogno di me».
 
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