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La FMI, e di questo bisogna riconoscere il merito del suo operato, ha allacciato nel 2011 un rapporto costruttivo col CAI. Come mai non siete riusciti a superare questo impasse prima dell’8 aprile?
«Non abbiamo fatto in tempo, non siamo riusciti a trovare la chiave di volta. Anche per loro il tema è delicato, devono difendere la base che è contro. Ma sono fiducioso che riprenderemo in mano il discorso e che arriveremo a un risultato positivo. E' nell'interesse di tutti.
Ma la Legge in Lombardia è solo un dei temi su cui lavoriamo. Alla Camera in questi giorni riparte la discussione sulla modifica del Codice della Strada per risolvere il problema delle targhe in fuoristrada, che abbiamo sollevato e che confidiamo sarà risolto presto, compatibilmente con i lunghi tempi parlamentari di approvazione delle Leggi».
Il Progetto di Legge in Lombardia riguardava le autorizzazioni dei sindaci alle manifestazioni sportive in fuoristrada o anche l’attività escursionistica generica?
«Come associazione di consumatori dovremmo estendere il discorso a tutti gli appassionati, ma è difficile. È più semplice gestire l’attività sportiva, dei tesserati conosciamo tutto. Mentre è più difficile gestire gli appassionati, quelli che girano la domenica sono difficili da controllare. Però stiamo lavorando all’introduzione di una serie di regole generali che possano rendere più compatibile l’attività fuoristradistica con la fruizione della montagna da parte degli altri».
I sindaci non si sono fatti sentire per appoggiare il Progetto di Legge?
«Certo, i sindaci di montagna spesso ci chiedono le gare a fine agosto per prolungare la stagione turistica. Ma in questo caso hanno preferito non esporsi. Pensi che di solito ci chiedono la gare di enduro sul loro territorio, perché quando una gara passa dal paese, in quei giorni i loro bar, i loro ristoranti guadagnano tantissimo. È un aiuto fondamentale all’economia di questi territori. Purtroppo però l’equilibrio è sempre molto delicato, i tempi sono cambiati e spesso il danno più grosso lo fanno le poche persone maleducate che in moto rovinano l’immagine del nostro sport e il lavoro che facciamo per farlo accettare dagli altri».
La FMI, i Moto Club, gli appassionati, tutti vi date da fare per promuovere l’enduro con incontri, petizioni online e tanto impegno.
Ma le aziende del settore dove sono? Perché non fanno la voce grossa per tutelare il loro lavoro?
«Lei ha toccato un tasto dolente. Non parlo dell’ANCMA, che ci ha supportato anche economicamente nel promuovere l’attività del CEER in Emilia Romagna.
Il discorso cambia se parliamo delle industrie. A gennaio, come ogni anno, abbiamo fatto un incontro e non solo non ci hanno aiutato, ma hanno mostrato disinteresse verso questo tema, che è per loro di sopravvivenza visto che le moto le devono vendere per vivere. Gli importatori ufficiali e le aziende non aiutano certamente questo nostro lavoro e il nostro impegno».