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Se esci dal bivacco e ti addormenti per pochi momenti, al risveglio ti pare di essere in Svizzera: mucche al pascolo, verde e coltivazioni, specchi d’acqua. Non solo deserto arido, l’oasi di Baharija è anche questo tipo di suggestione. Oltre l’oasi le dune e le micidiali distese bombardate perennemente dal sole, teatro della seconda tappa con partenza ed arrivo al bivacco di Tybnija. Ed è proprio questo verde “di troppo” che scombussola in minima parte la terza speciale del Faraoni. L’arrivo, infatti, era stato originariamente posizionato proprio in mezzo ai campi coltivati, in tempi non sospetti durante le ricognizioni. Poco male, la prova speciale viene accorciata degli ultima 40 chilometri ed il giuoco è fatto.
Come la tappa precedente, la seconda è un misto equilibrato di percorsi sabbiosi e lunghe distese veloci, con una piccola variante di navigazione impegnativa nel settore centrale, e cordoni di alte dune da attraversare ad inizio e fine tappa. Il tema delle differenze basilari tra i pretendenti al titolo del trentennale è interpretato ancora una volta magistralmente. Jordi Viladoms, che apre la pista, non ha soverchie difficoltà a ritmare le note del road book con un’esecuzione pressoché perfetta. Il catalano del Team Bordone-Ferrari sbaglia una sola volta, commettendo un peccato veniale. Ad un cambio di rotta allarga un poco l’angolo d’attacco della sua traiettoria, divergendo lievemente dalla rotta ideale. Ma Viladoms si accorge presto dell’errore, e lo corregge stringendo in fuoripista sino a rientrare “nelle note”. Nei tratti veloci, ecco l’altro tema, Barreda si fa sotto rapidamente, poiché la sua moto italo-tedesca è inesorabilmente più potente e veloce dell’austriaca di Viladoms. Il giovane ed irruente Barreda, però, sbaglia ancora molto, ed è logico, così non appena c’è da navigare o da scegliere una direzione diversa, ecco che per l’astro nascente arriva il momento critico.
Al rifornimento di metà tappa Viladoms è nettamente in testa, poi per il Pilota Bordone-Ferrari arrivano insieme le piste più veloci e la frustrazione. Jordi spinge al massimo, rispondendo ad ogni attacco con una condotta di gara impeccabile. Il duello tra i rappresentanti di due generazioni di specialisti è entusiasmante, ed alla fine l’intelligence di gara ha il sopravvento, distribuendo gli onori in parti uguali. Jordi Viladoms vince la tappa, e Juan Barreda, quarto alle spalle di Przygonski e Gonçalves, resta al comando della classifica generale, tre minuti di vantaggio sul connazionale e “maestro”. Bella gara.
Come spesso accade, la sfida ha alzato il ritmo, ed i protagonisti hanno fatto presto la differenza. Tutti gli avversari nominali del duo spagnolo sono relegati alle posizioni di rincalzo, e si salvano solo il portoghese Gonçalves ed il polacco Przygonski. Ullevalseter, per esempio, quinto, è già a dodici minuti di distacco.
Altre indicazioni utili per “leggere” questo Faraoni. Rafal Sonik, con il primo dei quad, è11°, ovviamente meglio della formidabile collega italiana Camelia Liparoti, che è 22ma ma con il terzo Titolo iridato già in tasca. Jacek Czachor e Marek Dabrowski, polacchi e compagni di squadra, conducono la classifica riservata alle moto “open”, ovvero le oltre 450cc ostracizzate dalla Dakar. Un Boliviano, Juan Carlos Salvatierra, in corsa con una Honda (a poposito, visto che la nuova Honda da Rally è stata finalente presentata?) frutto di una joint venture Boano-Jolly Racing, è sesto ed è da considerare il miglior privato in senso stretto. Diocleziano Toia, per suo conto, è il miglior privato italiano, e corre con una Beta di Paolo Machetti, questa volta assistita da un vecchio ed esperto amico, Valter Piani.
Beh, essere privati è la soluzione d’immortalità. Per i Rally. Ma vuol dire anche farsi un mazzo così, rischiando ogni giorno di restare a bocca asciutta per colpa della moto, di un guasto magari banale, o a causa di una defaillance fisica. Prendiamo il giapponese Akihiro Saito. Ieri è stato ripescato sulla pista, disidratato. Oggi l’hanno trovato ancora imbambolato davanti ad una duna, ancora una volta a cortissimo di potassio. I medici gli hanno così imposto di saltare la terza tappa, per ripresentarsi più in forma per il gran finale. Medici, dispositivo logistico e di sicurezza importantissimo. Ma ne parliamo un’altra volta…
… resta infatti da dire che la terza tappa sarà la più lunga e, dice Daniele Cotto, anche la più difficile del Faraoni 2012. 530 KM, con bel 426 di Prova Speciale, da Tybnija e Abu Mingar.
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Piero Batini