Rally dei Faraoni ai nastri di partenza. Intervista a Daniele Cotto

Rally dei Faraoni ai nastri di partenza. Intervista a Daniele Cotto
Ripercorriamo la storia del prestigioso rally che si corre ancora in Africa e richiama i migliori piloti. L'organizzatore ci racconta le difficoltà e le prospettive future della corsa | P. Batini
1 ottobre 2012


Il Rally dei Faraoni è invenzione, tanto per cambiare, di un francese. Jean-Claude Morellet, alias Fenouil, l’ex “dakariano” protagonista della “scoperta” del potenziale BMW nell’allora prima Dakar, ideò un Rally in Egitto, che ebbe un grande successo sin dalle prime edizioni. Il fascino di un Paese per molti tratti misterioso e con una colossale tradizione culturale, un deserto tra i più belli del Mondo, e quella sete di avventura che nei primi anni ottanta era impossibile spegnere erano il cocktail “micidiale” del successo del Faraoni della prima ora, che divenne in breve tempo l’alternativa della Dakar. Anzi, era considerato il Rally “necessario” per partecipare alla corsa di Thierry Sabine. Era, ma lo è altrettanto oggi, un’avventura affascinante. A metà degli ani 90 Fenouil lasciò, e tre anni dopo apparve il “nuovo” Pharaons che portava la firma di un gruppo di amici riuniti in società: Daniele Cotto, Vincenzo Lancia e Jacky Ickx. Dopo tante corse da Piloti, i tre amici divennero organizzatori. Il Rally è cresciuto costantemente, ed oggi è l’unico Rally “africano” che lascia una traccia netta nella storia della disciplina. Nei quindici anni della sua avventura, il Faraoni è stato vinto da Campioni indimenticabili come Fabrizio Meoni e Richard Sainct, da fenomeni che si chiamano Joan Roma, Pal Ullevalseter e, fino ai giorni nostri, certo, David Casteu, Marc Coma e Cyril Despres.


Al via l'edizione 2012

, ma senza "Big"


Ed ecco, finalmente, ai blocchi di partenza l’edizione 2012. 2.800 chilometri in sei tappe. Partenza ed arrivo nella magia delle Piramidi, un percorso affinato sino a diventare il modello della corsa del deserto.
60 concorrenti in moto e quad, ai quali si aggiungono i 35 equipaggi auto, si sono radunati al Movenpick di 6 Ottobre, la nuova città satellite del Cairo ad un passo dalla spianata di Giza.

Immancabilmente, la partenza del Rally sullo sfondo delle Piramidi è un tuffo al cuore per gli appassionati, e nella migliore tradizione del Rally che compie trent’anni il programma dei sei giorni di deserto egiziano che i concorrenti dovranno affrontare sono il menù di un’esperienza indimenticabile. Mancano all’appello i “big" della specialità, Cyril Despres, Marc Coma e Francisco Lopez. Il primo ha preferito capitalizzare la vittoria della Dakar con una serie di “tournées” in giro per il Mondo delle competizioni, lo spagnolo è già Campione del Mondo 2012 dopo la vittoria al Sardegna Rally Race, ed il cileno del Bordone-Ferrari Racing Team ha un diverso programma di allenamenti in vista della Dakar 2013.




In mancanza di “stimoli” per le star, sono gli outsider di lusso ad occupare le prime posizioni del “totalizzatore” del Faraoni. Sono Jordi Viladoms, che ha vinto in Sardegna ed occupa la seconda posizione della classifica mondiale, Joan Barreda, il fenomenale astro nascente della disciplina fresco vincitore della Baja spagnola, l’esperto norvegese Pal Als Ulevalseter, un “senatore” delle Dakar. L’equilibrio dei valori in campo “rischia” tuttavia di rendere ancor più interessante la competizione, alla quale potranno legittimamente accedere anche
Franco Picco
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Piloti come il portoghese Paulo Gonçalves o il polacco Jakub Przygonski.

Sarà la bagarre per la conquista della posizione d’onore nel Mondiale ad alzare il livello della contesa, e non c’è dubbio che, al di là dei contenuti agonistici comunque largamente garantiti, il Faraoni 2012 si presenti con un’importante vittoria sul fronte organizzativo. Non è facile, infatti, in un momento che è tra i peggiori per uno sport costoso come i Rally, raccogliere tanti amatori, o addirittura debuttanti, attorno ad un evento di questa portata.

Sul piazzale del Movenpick è rimasta solo una moto, arrivata al Cairo senza il suo Pilota. È quella di David Fretigné cui era assegnata la tabella con il numero 1. Lo sfortunatissimo asso francese ha dovuto rinunciare a causa di un singolare incidente. Durante l’ultimo allenamento prima del Faraoni, Fretigné è caduto con la sua Moutain Bike, procurandosi la frattura di due costole. La sua corsa, adesso, è quella contro il tempo per riuscire ad essere alla partenza della Dakar.


Dal punto di vista dell’organizzatore.


Daniele Cotto, 58 anni, torinese, è sposato con una donna bellissima, Elena, e ha due figli, Emanuele e Gabriele altrettanto belli perché, ovviamente, assomigliano alla madre. Cotto ha un lavoro in una clinica veterinaria a Torino che lo impegna come i comuni mortali per “quasi” tutti i giorni di tutto l’anno, ed una passione smisurata che lo ha travolto e portato in Africa a correre tutti i Rally più grandi e dodici edizioni del Faraoni dal 1984 al 1995. Un giorno, in compagnia di due amici, Vincenzo Lancia e Jacky Ickx, Daniele Cotto ha deciso di prendere in mano e rilanciare le sorti del Rally dei Faraoni, nel frattempo perdutosi nelle problematiche di vita del suo inventore, l’ex “dakariano” Fenouil. Questo accadeva nel 1998. L’edizione duemiladodici del Pharaons International Cross Country Rally rappresenta qualcosa in più…


«Sì, sono 15 anni che organizziamo il Faraoni, e in più sono trent’anni da quando è nato. Di speciale in senso stretto il Faraoni 2012 non avrà molto… è già un Rally speciale. Abbiamo scelto di renderlo un po’ meno itinerante come in origine, ed abbiamo organizzato due bivacchi dove rimarremo due giorni consecutivi e dove partirà ed arriverà una tapa ad “anello”. La nuova formula è logisticamente più pratica, semplifica di molto il lavoro delle assistenze, in passato costrette a dei veri e propri tour de force, e diventa alla portata anche di strutture più piccole».


È cambiato molto, il tuo Faraoni?
«Come tutte le cose, è cambiato anche il Faraoni. Tutti i Rally sono cambiati negli ultimi quindici anni, soprattutto per tipologia della struttura agonistica portante. L’avvento del GPS, dei satellitari, dei sistemi di tracking come l’IriTrack hanno trasformato profondamente quella che una volta era pura avventura, anche rischiosa».


È cambiata anche la società che lo organizza?
«Naturalmente. Quando abbiamo iniziato eravamo tre amici, con una grande passione, poca esperienza e… molta paura. Adesso il Faraoni è organizzato da una società, che si chiama Pharaons Rally JVD, con una forte partecipazione egiziana, ed io sono alla guida del Rally come direttore sportivo e direttore di gara. Gli egiziani sono molto bravi, ed hanno fatto fare al Rally un grande balzo in avanti dal punto di vista logistico. Il Paese, che ha vissuto recentemente una transizione epocale, ama questo Rally e si rende disponibile ad una meravigliosa forma di collaborazione per realizzarlo. Bisogna pensare che queste corse non sono più un business, da prima ancora che arrivassimo noi, e solo persone e strutture realmente appassionate possono farli vivere».


E tu sei alimentato sempre dalla stessa passione? Non ti sei stancato?
«Sì, è indubbio, resto un grande appassionato, e la prova è che sono ancora qui quando potrei benissimo defilarmi e lasciare andare avanti da soli i soci egiziani. Stanco, sì, ma solo talvolta, prima e durante il Rally quando la corsa esige la massima concentrazione per essere guidata fino al traguardo».


Qualche contrarietà?
«Contrarietà? Certo, e anche queste, mi rendo conto, dipendono dal fatto che amo la mia “creatura”, e che la proteggo come un figlio. Sono contrariato dal punto di vista sportivo. Vorrei che il Faraoni fosse sempre il massimo, e trovo incredibile che i migliori tre Piloti del Mondo, Despres, Coma e Lopez, non siano schierati alla partenza di questa edizione. La ragione principale di questa defezione è nella politica di gestione centrale della disciplina e del Campionato del Mondo, che è prerogativa della Federazione Internazionale. La Dakar ed il Mondiale sono troppo sbilanciati, e non solo perché la Dakar è la… Dakar. ASO, che organizza un solo Rally e non dipende dalla Federazione, ha dimostrato che la comunicazione media e TV, per tutto l’anno, è fondamentale. La promozione del Mondiale, però, è a totale carico dei singoli organizzatori. Se è il Campionato che tiene insieme i Rally della stagione, allora dovrebbe essere interesse dell’organismo centrale motociclistico, il cui ruolo per definizione è quello di promuovere la disciplina, proteggere il Campionato e adoperarsi per fare avere a tutte le corse, per esempio, i vantaggi di una comunicazione centrale. Che non c’è, in nessuna forma. La Federazione automobilistica già nel 2005 trattò e raggiunse un accordo per la diffusione del Mondiale Rally Raid su Eurosport, con un pacchetto che era molto economico per i singoli organizzatori».


E perché, allora, non mettervi d’accordo tra organizzatori, o pensare a un Promoter, come in altre specialità?
«Perché i Rally oggi, come abbiamo detto, non sono un business, e tutti gli organizzatori hanno già abbastanza da ammattire per garantire la copertura economica dei loro Rally. La crisi generale investe anche i Rally, e un Promoter può esistere solo dove ci sono i soldi».


E la Federazione italiana?
«Con la Federazione Italiana è molto diverso. Il Faraoni è nato con la Federazione italiana, e tutt’ora il rapporto è basato su una solida collaborazione».


Che fare allora?
«Continuare a vivere questi momenti di contrarietà pensando di trovare un giorno la soluzione, oppure aspettando che la Federazione internazionale si accorga che, dis-operando in questo modo, rischia di vedere uscire tutti i Rally dal Campionato del Mondo».


Piero Batini

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