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Settimana scorsa parlavamo di Glendale e di una serie di possibili conferme o smentite: il campionato AMA Supercross è ancora fresco ma qualcosa inizia a delinearsi, soprattutto in 250.
Avevamo lasciato Anaheim con molti dubbi e poche certezze, ma il 4º round del Supercross che si è corso sabato all'interno del meraviglioso University of Phoenix Stadium di Glendale, ci ha rimandati a casa con qualche piccola indicazione in più.
La prima è che l'introduzione della griglia metallica in partenza ha completamente modificato i valori in pista. Molti piloti non ci si sono ancora adattati e in una lotta così serrata: basta solo essere fuori dai top five al primo giro per vedersi negata ogni aspirazione al gradino più alto del podio. Barcia lo ha dimostrato ad Anaheim 2 con tre spunti inguardabili, Roczen e Anderson hanno fatto altrettanto qui a Glendale. Al contrario, Tomac ha capitalizzato sulla sua holeshot in Arizona, ha approfittato della pista libera avanti a se e si è preso quel vantaggio che Barcia e Roczen non sono più riusciti a colmare, nemmeno negli ultimi, tiratissimi giri del Main Event.
La seconda indicazione è che le piste davvero selettive sono quelle che creano più spettacolo. Il tracciato in Arizona sabato sera era davvero molto difficile: le whoops erano enormi ed interminabili, il tratto di sabbia dopo il finish line si è scavato al punto che i piloti entravano con la massima cautela, e due sezioni ritmiche (quella dopo la prima curva e quella prima dell'arrivo) erano talmente al limite che anche Roczen a fine Main Event ha preferito stare alla larga dal triplo-triplo per concedersi un più sicuro triplo-doppio-singolo. La chiave di lettura qui non sta tanto nel design del tracciato, quanto nell'incognita terreno, che dopo pochi giri si è indurito al punto che ha iniziato a sbriciolarsi e ha costretto i piloti ad improvvisare da metà Main Event in poi.
Se dovessi tracciare un bilancio dopo questa quarta prova, distinguerei chi ha chiuso in attivo e chi in passivo, proprio come farebbe un bravo contabile.
Bilancio attivo:
- Tomac: ha vinto la seconda gara di fila e anche se non ha perfettamente convinto con la tenuta fisica, sicuramente c'è di testa, velocità e tecnica. Ha scalato la classifica in modo pesante, e ora è già decimo pur avendo collezionato due zeri nelle prime due gare.
- Barcia: è forse il più contento di tutti, anche se Yamaha non gli ha ancora esteso il contratto oltre alle iniziali 6 gare previste - ne mancano solo due! Justin è veloce e rimane aggressivo in sella, ma non è più il "Bam-Bam" di un paio di anni fa. "Sono maturato - ha detto - non cerco più il contatto con l'avversario, anche se ovviamente non mi tiro indietro dovesse accadere. In passato ho fatto tanti errori in quel senso, e sia Ken che Eli possono testimoniare, ma adesso finalmente apprezzo i duelli decisi ma puliti, che non mi distraggono inutilmente e non mi portano nemici". Justin in questo momento è secondo in classifica, staccato di 9 punti dal capolista Anderson, ma la cosa più evidente è che si sta davvero divertendo. Non c'è traccia di tensione sul suo viso (al contrario di Tomac e Roczen, ad esempio) e anche il suo atteggiamento nel confronto di noi giornalisti è migliorato al punto da diventare un beniamino di tutti. Chi l'avrebbe mai detto solo un anno fa?!?
- Roczen: un terzo in questo momento vale oro, anche perché gli avversari diretti in classifica sono a una manciata di punti e non è ancora arrivato il momento di forzare. "La pista stasera era estremamente tecnica e divertente, ma non ti lasciava tregua. Sono partito male - ha poi detto - attorno alla sesta posizione, e quando finalmente ho ripreso Barcia e Tomac mi sono accorto che non c'erano punti dove fare la differenza. Eravamo tutti e tre al limite e quando ho provato a forzare mi son preso due spaventi sulla sabbia, dove i canali sono diventati molto profondi e dovevi mirarli alla perfezione".
Bilancio in pareggio:
- Anderson: ha fatto segnare il tempo più veloce in prova e ha vinto agevolmente la sua heat di qualifica, ma in finale è partito male e ha commesso una serie di errori che lo hanno poi costretto a recuperare. Ha chiuso quarto, andando anche a dare un "buonasera" nemmeno troppo cordiale a Musquin, e mantiene la tabella rossa di leader in campionato. Come diceva sempre Carmichael, i campionati li vinci nelle tue giornate peggiori, e non dimentichiamoci che dietro a Jason adesso c'è la stessa mente strategica che ha guidato non solo RC ma anche James Stewart, Ryan Villopoto e Ryan Dungey. Si, sto parlando di Aldon Baker, che in materia di campioni se ne intende. Per ora sta tenendo Jason calmo e concentrato sul premio finale, ma quando sarà il momento giusto suonerà per lui la carica, non dubitate.
- Musquin: il francese è visibilmente in sofferenza dopo l'infortunio alla spalla patito in prova a Houston. A Glendale ha strappato un quinto posto eroico ma Tomac, che di gare ne ha perse due, è li dietro in classifica a un solo punto di distacco, e non so se questo influenzerà Marvin a livello psicologico. Per ora lo mantengo in pareggio, ma se la situazione non dovesse migliorare in modo drastico già dalla prossima tappa di Oakland dovrò per forza spostarlo tra i "passivi".
- Peick: zitto zitto il buon Weston si è inserito in quarta posizione in campionato. A Glendale, dove l'anno scorso si è procurato l'infortunio al polso che gli ha compromesso la stagione, il pilota Suzuki è partito sempre bene e ha lottato come un leone, chiudendo sesto dietro a Musquin.
Bilancio passivo:
- Non è bello sparare sull'ambulanza ma qualcuno lo deve pur fare. E tra l'altro due anni fa ha risposto alle mie critiche vincendo la gara di Atlanta. Si, sto parlando di Chad Reed: appesantito dopo una off-season condizionata dall'infortunio alla Straight Rhythm, l'australiano sembra aver completamente perso lo smalto di un tempo. A Glendale è entrato in finale solo grazie alla LCQ ed è arrivato quartultimo, dietro anche ai rientranti Bogle e Weimer. Che dire, vederlo così fa male al cuore di ogni appassionato.
- Seely: ancora alti e bassi per il pilota Honda, che dopo A2 sembrava finalmente in grado di esplodere e che invece in Arizona si è perso via. La pista super tecnica in teoria avrebbe dovuto avvantaggiarlo, eppure Cole ha stentato per tutta la finale, concludendo ben fuori dal top ten. Onestamente non so più cosa aspettarmi da lui, è totalmente imprevedibile.
- Webb: lui no, non è imprevedibile. Per ora ha fatto vedere ben poco e anche la sua innata spacconaggine, che lo ha reso uno dei piloti più forti in 250, sta lasciando spazio alla frustrazione e alla rabbia di vedere il suo compagno di squadra (Barcia) far faville senza nemmeno aver un contratto come di deve.
- Baggett: passano gli anni ma Blake non riesce a scrollarsi di dosso l'etichetta di pilota a metà, ovvero uno tra i favoriti nell'outdoor ma non certo un fulmine di guerra quando si tratta di Supercross. Eppure vi assicuro che l'ho visto andare molto forte in allenamento, e tempi alla mano era agli stessi livelli di tutti i top rider. A questo punto, se anche quest'anno non dovesse ottenere risultati importanti, credo che nel 2019 potrebbe giocarsi in modo legittimo la carta MXGP perché inizio a credere che quel campionato si adatti meglio alle sue caratteristiche.
Chiudo con la classe 250, dove Aaron Plessinger ha fatto vedere a tutti chi è davvero il pilota da battere. La scorsa settimana lo avevo dato come favorito finale in base alla sua incredibile capacità di essere veloce sui tracciati più rovinati, e in Arizona il pilota Yamaha non ha deluso. È partito in modo discreto, è andato a riprendere i fuggitivi e si è liberato prima di Savatgy e poi di McElrath in un modo che non ammette repliche.
In particolare il sorpasso sul pilota del Team KTM Troy Lee Designs è stato abbastanza "cattivello", con Plessinger che in volo è andato a tagliare la strada a Shane, facendolo quasi cadere. Per un episodio simile (proprio davanti ai miei occhi) nella finale di Jacksonville del 2009, Chad Reed ha quasi messo le mani addosso a James Stewart dopo la bandiera a scacchi. Al contrario, Plessinger si è premurato di scusarsi immediatamente a fine gara, e la cosa è sbollita. Con solo 4 + 1 round ancora da disputare nella 250 West, credo che ormai la lotta sia una faccenda privata proprio tra Plessinger e McElrath. Il primo, seppure abbia un vantaggio in classifica di soli 3 punti, secondo me mantiene un vantaggio importante, che come dicevo settimana scorsa risiede nel fatto di saper emergere sulle piste più rovinate. A rischio di ripetermi, basta guardare il calendario da qui a fine campionato: Oakland, San Diego, Seattle, Salt Lake City e Las Vegas, ovvero tre gare su cinque dove il terreno sarà probabilmente umido e la pista si deteriorerà in fretta.
McElrath, che invece predilige i terreni duri e scivolosi, ha l'obbligo di vincere a San Diego e Las Vegas, sperando poi di contenere i danni nelle altre prove e non subire interferenze da parte di Cianciarulo e Savatgy. I due alfieri del Team Pro Circuit non sono matematicamente fuori dalla lotta per il titolo, anzi, ma dopo Glendale la loro stella brilla un po' meno. Adam ha strappato un ennesimo podio dopo una brutta partenza, al punto che la cosa inizia ad ossessionarlo. Joey, invece, ha avuto una giornata campale in Arizona. Nella sua heat di qualifica è caduto malamente sulle whoops ed è dovuto ricorrere alla LCQ per entrare in finale. Al via del Main Event ha azzeccato uno start eccezionale, presentandosi in testa alla prima curva dopo essere partito completamente all'esterno. Purtroppo però i suoi tempi sul giro non erano al livello di Plessinger e McElrath ed entrambi lo hanno passato abbastanza rapidamente. Non contento, Savatgy ha pensato di regalare anche il terzo gradino del podio a Cianciarulo e si è prodotto in una caduta da vero cadetto, entrando in curva completamente pinzato sull'anteriore.
È facile sputare sentenze seduto dietro ad una scrivania, ma Joey non è esattamente una roccia a livello psicologico, e sebbene sia al momento terzo in classifica a soli 5 punti dalla vetta, è probabile che i vecchi fantasmi dei disastrosi finali di campionato nel 2016 e 2017 inizino a farsi strada nella sua mente. Se così fosse, solo una cura a base di vittorie potrebbe salvare la prima guida Kawasaki, e la prima dose dovrà per forza essere assunta a Oakland, settimana prossima.