Ride in the USA. World Off Road Championship Series

Continua il mio personale viaggio nel mondo dell'off-road americano: ogni tanto abbandono il Supercross per andare a toccare di persona la realtà di altre discipline di cui magari in Italia non sentiamo molto parlare ma che qui in USA attirano piloti di ogni genere, dal John Doe della domenica alle superstar dei Team ufficiali
7 febbraio 2018


WORCS: World Off Road Championship Series. Una sigla che già da sola racchiude alla perfezione la mentalità americana... Un campionato creato nel 2001, composto da 9 round che si disputano tra Nevada, Arizona, Utah e California, e nonostante questo si autodefinisce "World Championship". Un po' come la squadra che vince il Superbowl viene definita "World Champion" (ma almeno in quel caso, nel Football Americano non esiste una vera concorrenza a livello Pro al di fuori di USA e Canada). Direi che la diagnosi di egocentrismo e megalomania è d'obbligo! Ma si sa, siamo in America e tutto è "bigger and better", dopo tutti questi anni certe cose non dovrebbero più sorprendermi...

Comunque, una prova del WORCS era qualcosa che ho sempre voluto vedere e che per un motivo o per l'altro non sono mai riuscito ad "incastrare" nel mio calendario.

La spinta finale di saltare il Supercross di Oakland e andare invece a Las Vegas me l'ha data la presenza di Giacomo Redondi, che da quest'anno ha deciso di fare il grande salto e si è lanciato alla conquista dell'America. Ho letteralmente visto Giacomo crescere in sella alle Minicross prima di passare all'Enduro e diventare Campione del Mondo Junior, e, sebbene da lontano e in modo spesso "virtuale", siamo rimasti sempre in contatto. L'occasione era dunque perfetta.

La prima prova del WORCS si corre da anni in un contesto abbastanza atipico: l'Arena dell'Orleans Casino e l'annesso parcheggio. Gli Amateur corrono di giorno, ma i Pro scendono in pista solo alla sera, quando l'organizzazione trasforma l'innocua gimcana in un micidiale percorso minato.

Il tracciato è in sostanza un misto tra una gara di Endurocross (specialità che guarda caso è nata proprio all'interno della Orleans Arena una decina d'anni fa), una prova di Supermoto (con le gomme tassellate) e un fettucciato vecchio stile. Come sempre in questi campionati d'Oltreoceano, i partecipanti sono centinaia, divisi in una miriade di categorie: il WORCS prevede anche ATV e Side By Side, ovvero quei mezzi fuoristrada che sembrano dei quad agli steroidi, con tanto di volante e gabbia di sicurezza. Il percorso, come detto, evolve con il livello dei concorrenti, dunque si parte dalle categorie Mini per poi passare ai Principianti, ai Veteran e finire poi con i Pro. La partenza stessa cambia a seconda di chi si presenta al via, con i Pro che chiudono la giornata alle 9 di sera, partendo praticamente al buio, a motore spento e schierati dietro a un tronco alto almeno 40 cm.

L'atmosfera è la solita, che a me piace da matti: forse qui a Las Vegas era meno ruspante per via degli agi consentiti dal parcheggio asfaltato e dalla vicinanza di ristoranti e locali aperti 24 ore, ma nell'aria si respira sempre il solito misto tra grigliata, benzina da gara, polvere e crema solare.

E poi qui sono tutti amiconi, anche i piloti che in pista non lesinano gomitate ed entrate al limite del regolamento, nel paddock ridono e scherzano come se fossero a una sagra di paese. I top rider si presentano con i loro furgoni, tirano su un gazebo e piazzano un paio di sedie, e non gli serve altro se non presentarsi puntuali al via e dare gas.
Che poi, come ho già detto altrove, all'interno di quei furgoni si trovi gran parte del materiale che popola i sogni di noi appassionati, è un'altro discorso: da fuori non sembrano poi così speciali.
 

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La giornata snocciola via in modo abbastanza sonnacchioso, alla terza batteria degli Amateur mi è chiaro che a divertirsi sono solo loro, mentre per noi lo spettacolo arriverà solo in tarda serata. L'antipasto è rappresentato dalla categoria Pro 2, mentre il piatto forte sono ovviamente i 45 minuti della gara riservata ai Pro. Al via ci sono una serie di nomi "pesanti": il campione 2017 Gary Sutherlin in sella ad una Suzuki, Zach Bell sulla Husqvarna Factory, Trevor Stewart (fresco vincitore del GP di Adelanto) sulla Honda JCR, Taylor Robert sulla KTM ufficiale, Eric Yorba, Ty Tremaine, la leggenda vivente Destry Abbott e il veterano Richard Dietrich. E poi c'è Redondi, sulla sua KTM privatissima: in molti già lo conoscono e lo vengono a salutare, ma altri non sanno ancora che tipo di ciclone stia per abbattersi sul campionato.

Al via Giacomo non parte bene, il guizzo da dietro il tronco non è dei migliori, ma alla prima curva passa tutto esterno e infila una decina di concorrenti, passando in settima posizione. Da lì inizia una progressione che lo porta fino al terzo posto quando mancano ancora 20 minuti alla fine. Da dentro l'arena mi accorgo però che qualcosa non va, invece di guadagnare sui primi due Redondi sta perdendo terreno e Sutherlin, in quarta piazza, sembra avvicinarsi. In quel momento ovviamente non potevo sapere cosa effettivamente stesse succedendo: "Al secondo giro sono entrato in contatto con un avversario - mi ha poi spiegato Giacomo - e la leva del freno davanti mi si è abbassata (si vede anche nelle foto! - Nda). Più provavo a tirarla su, più si allentava la vite del braccialetto e alla fine ho dovuto fare un rapido pit stop perché non sentivo quasi più il braccio destro, da tanto innaturale era la posizione in cui dovevo guidare". A quel punto ha cominciato a recuperare, ma un altro inconveniente meccanico lo ha beffato a pochi metri dall'arrivo: la moto si è improvvisamente ammutolita e non ne ha voluto sapere di riavviarsi, tanto che "Red" ha deciso di spingere fino sotto alla bandiera a scacchi. Nonostante tutto, ha chiuso quarto, primo dei non doppiati.

Sì, perché mentre Redondi sudava le proverbiali sette camicie, là davanti Taylor Robert ha fatto gara a se. Oltre ad essere veloce, l'ufficiale KTM ha guidato con una precisione da alieno, inanellando giri perfetti fino a quando anche Tremaine, che per più di metà gara gli è rimasto in scia, ha dovuto cedere.

Onore al vincitore, ma una parte di me si sta chiedendo: senza tutti quei problemi, il "Red" se la sarebbe potuta giocare? La risposta potrebbe già arrivare dalla prossima gara, prevista per fine mese a Peoria, in Arizona.
 

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