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Sta per concludersi una stagione tremenda per il motociclismo, ma forse la cosa peggiore è che nonostante quanto è successo, nessuno stia ancora facendo nulla per evitare che gli incidenti e gli eventi luttuosi si ripetano. Il sacrificio di Andrea Antonelli, Doriano Romboni, Marco Simoncelli, Alessia Polita, Joan Lascorz, Shoya Tomizawa e Oscar McIntyre (ma l’elenco potrebbe essere più lungo) non è servito.
Anche Doriano Romboni ci ha lasciati, ma a pochi giorni di distanza dalla sua scomparsa tutto tace. Come sempre il motociclismo va in prima pagina solo quando succedono gli incidenti gravi. Tutti sono pronti a scagliarsi contro il circuito o la direzione gara di turno. I titoli a quattro colonne si sprecano, così come le trasmissioni televisive dove piloti o ex piloti si ergono a giudici e dichiarano che ad esempio, a Mosca non si sarebbe dovuto correre. Rilasciano dichiarazioni indignate a poche ore dal termine della loro gara, corsa sullo stesso circuito e disputata quasi tutta con le slick sulla pista bagnata, nonostante ci fosse la possibilità di fermarsi al box per cambiare le gomme. La GP è sicura, la Superbike no. Così hanno tuonato gli esperti in una trasmissione televisiva andata in onda qualche giorno dopo l’incidente di Antonelli. Ma la GP sicura non lo è per niente sino a quando correrà su circuiti come quello di Laguna Seca o di Indianapolis.
Basta. Siamo stufi di sentenze e di giudici che forse hanno il solo scopo di apparire o di vendere qualche giornale in più.
Certo il nostro è uno sport pericoloso e gli incidenti possono succedere, ma va detto che nessuno fa niente per evitarli, anche quando qualcosa si potrebbe fare. Ad iniziare dai circuiti. Le commissioni per la sicurezza ci sono, ma cosa fanno? In Superbike ne esiste una formata da alcuni piloti che però sino ad ora non ha fatto nulla e la Superbike continua a correre su circuiti poco sicuri. E’ uscito il calendario provvisorio 2014 e si correrà ancora a Imola, dove l’ultima variante è tutto meno che sicura. E’ così da sempre, ma nessuno sembra curarsene. Di incidenti in quel punto del tracciato ce ne sono stati molti e molti piloti si sono fatti male. Però nessuno se ne cura, nessuno si è ancora “indignato”. Cosa stiamo aspettando? Possiamo sperare che, come è avvenuto per la prima variante di Monza, gli incidenti non siano mai mortali (anche se a dire il vero una vittima la prima variante del circuito lombardo l’ha fatta, il povero Wilmer Marsigli) ma è innegabile che a Imola i piloti corrano dei grossi rischi.
Ma Imola è solo un esempio. Ci siamo già dimenticati della caduta del pilota della Stock 1000 Chris Bergman che a Magny Cours si è rotto (per fortuna solo) un braccio andando ad impattare contro un muretto? Anche Magny Cours è ancora in calendario e nessuno ha fatto o farà qualcosa per togliere quel muretto o almeno nasconderlo dietro un airfence.
Ma chi dovrebbe farlo?
Come abbiamo scritto più volte non lo devono fare i piloti. I piloti sono i meno indicati a pensare alla loro sicurezza. Sembra strano ma è così. Certo sarebbe anche l’ora di sfatare questo mito del pilota assettato di adrenalina e di velocità che non vede altro che la pista e la bandiera a scacchi. Per la stima ed il rispetto che abbiamo nei loro confronti ci rifiutiamo di pensare che siano una specie di invasati ed incoscienti, che quando abbassano la visiera del loro casco non capiscono più nulla. Però è chiaro che sono lì per correre, per vincere e per dare il massimo. Non devono e non possono pensare alla sicurezza ed ai possibili incidenti. Se no non correrebbero.
Le commissioni per la sicurezza dovrebbero essere composte solo da ex piloti e da esperti della sicurezza. Tecnici retribuiti da chi organizza le gare o i campionati, persone qualificate che hanno lavorato nel settore della prevenzione o in aziende che producono sistemi di sicurezza per motociclisti (caschi, tute, airbag, protezioni). Commissioni incaricate di fare solo quello, in piena autonomia. Dovrebbero valutare le condizioni dei circuiti e richiedere che vengano rimossi ostacoli o messi in sicurezza i punti critici. Inoltre sarebbero gli unici a poter decidere se sussistano o meno le condizioni di sicurezza idonee a disputare una gara. Senza dover tener conto delle lamentele dei piloti, che vogliono sempre e solo correre, delle televisioni che hanno affittato il satellite o degli sponsor che hanno investito in un avvenimento che non si può cancellare. Perché se non ci sono i margini di sicurezza necessari non si deve correre. Perché ci sono in gioco delle vite umane. Pensiamo sia un dovere nostro e di tutte le fonti di informazione, tenere sempre alta l’attenzione sull’argomento della sicurezza e non farlo solo quando ormai non c’è più niente da fare.