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Le premesse per una manifestazione di successo ci sono tutte, ma bisognerà attendere l’8 ottobre per capire se l’inedita manifestazione che schiererà i piloti proposti dalle Case all’interno del moderno stadio coperto Veltins Arena di Gelsenkirchen, situato nella Germania del Nord e capace di contenere sino a 60.000 spettatori, confermerà le aspettative.
Il programma è ambizioso, e allo stesso tempo convincente, perché porta un po’ di idee fresche specie nel nostro continente dove, nonostante i ripetuti tentativi, il solo Supercross non è mai riuscito a sfondare al pari degli Stati Uniti. Durante un nostro incontro, Giuseppe Luongo, patron dell’organizzazione che gestisce i GP di motocross, ha chiarito i diversi aspetti che hanno portato alla creazione del Supermotocross che, proprio come il nome lascia intuire, vuole abbinare il meglio delle due specialità fuoristrada.
«Lavoro nell'ambiente da tanto tempo, ma per prima cosa sono sempre un appassionato del motocross – ha iniziato il manager toscano - ho sempre cercato di fare cose nuove, diverse, ed era tanto tempo che avevo voglia di fare una cosa che ancor prima di fare piacere agli altri lo facesse a me stesso. Perché quando vedi centinaia di gare e tutti i più grandi campioni, a un certo punto diventi sempre più esigente, vuoi gare sempre più belle, vuoi sempre qualcosa di più, è normale. Per cui stavo pensando a qualcosa che amplificasse il successo che ha, sotto tutti i punti di vista, il Motocross delle Nazioni, con un evento che non avesse il limite di presentare solo poche squadre schierate con i piloti top. Gli Stati Uniti, la Francia, il Belgio, riescono a far correre i loro migliori rappresentanti, ma spesso la maggior parte delle squadre hanno un pilota bravo, alcune neanche quello, sicché c'è molto disequilibrio tra le 35/40 formazioni che partecipano. Mi piaceva quindi l’idea di proporre una gara a squadre perché è molto appassionante, ma cercavo una formula di gara che potesse schierare tutte equipe competitive, e l'unica possibilità era organizzare una gara per marca di moto, perché praticamente tutte le Case presenti hanno anche più di tre piloti ad altissimo livello. Si è quindi fusa l’idea della squadra, della Nazione di appartenenza del pilota, ma anche dell’individualità, come è nello spirito del motocross perché poi ci sarà anche il vincitore assoluto. Ne ho parlato con tutte le Case e ho trovato tanto entusiasmo e un supporto totale, per cui ho deciso di affrontare anche questa nuova avventura».
Youthstream aveva già un'esperienza del genere con la Coppa Intermarche che si corse negli anni ’80.
«Questa è una formula molto più moderna, ad iniziare dal fatto che corriamo dentro uno stadio per esaltare lo spettacolo con una pista di motocross concentrata: gli ostacoli cioè saranno quelli del motocross, ma riuniti in un tracciato di circa 800 metri. Inoltre visto che una manifestazione simile costa tantissimi preparativi, soldi ed energie, dovevamo garantire a noi e al pubblico che si potesse fare con ogni condizione meteo. Infine abbiamo adottato anche un nuovo format, che prevede la Superpole riservata al capitano di ogni squadra e la sua posizione vale per tutto il team, e la previsione di un pilota jolly. Il team può infatti schierare tre piloti per ogni manche, però ha un pilota in più che può inserire in qualsiasi momento al posto di uno che si fa male o che non è in forma, così la gara rimane aperta fino all'ultima manche, all'ultimo giro. Diversamente basterebbe una scivolata o una caduta per tagliare fuori una Casa già dalle prove libere, e invece quello che vorremmo è che si deve decidere tutto negli ultimi giri. Penso veramente che sarà una cosa eccezionale ed unica, perché così non è mai esistita, neanche negli USA».
Il team può infatti schierare tre piloti per ogni manche, però ha un pilota in più che può inserire in qualsiasi momento al posto di uno che si fa male o che non è in forma
Nella seconda metà degli anni ’80 avevate comunque organizzato anche gare Supercross.
«Sì, quando rilevai il Superbowl di Genova e poi coi Masters of Motocross, che penso siano stati la serie più bella che sia mai esistita, perché erano sei gare di cui tre di supercross e tre di motocross, con la più bella partecipazione di piloti mai schierata. C'erano i primi dieci del Campionato statunitense, e tutti i primi di ogni campionato del mondo,125, 250 e 500 che correvano tutti insieme, abbiamo corso a Tokyo, Osaka, Lipsia, Maastricht, Los Angeles, Montecarlo e nello Stade de France di Parigi, toccando punte di più di 60.000 spettatori. Per questo ritengo che abbiamo l'esperienza per poter organizzare anche gare all'interno di stadi, specie con uno staff come è quello della Youthstream di oggi, che ha al suo interno dipendenti specializzati in tutto, dalla costruzione della pista all'elettricità, alla televisione. Siamo capaci di costruire una piccola città per un weekend dove ci sono 20.000/30.000 persone con tutti i relativi fabbisogni, per questo la parte organizzativa e logistica non mi preoccupa per niente. Dobbiamo solo riuscire a trasmettere il messaggio giusto a tutti gli appassionati, fare una promozione adeguata per riuscire a far capire che cos'è questo evento, perché se centriamo l’obbiettivo penso che avremo il tutto esaurito».
Sono però durati solo quattro o cinque anni….
«Fino a quando la FIM non decise che avevano preso troppo piede e che erano diventati più spettacolari dei Gran Premi, per cui mise il veto a tutti gli organizzatori e ai piloti di partecipare in quanto facevano ombra al campionato del mondo, nonostante allora non avesse la televisione al seguito. Il Mondiale allora era, diciamo, tipo gare per amatori di oggi: cioè i piloti erano bravissimi, perché è chiaro che quando sei campione iridato sei sempre bravo, il migliore al mondo; però parlo dal punto di vista organizzativo, e intorno non c'era niente. Oggi però è impossibile replicarli, perché oggi i piloti fanno troppe gare: ci sono già troppe gare e c'è troppo business sia nei GP che nel Supercross, per cui non c'è più quella disponibilità di una volta. Il Supermotocross però è un po' tipo i Master, perché il concetto di questa gara è che le squadre mettano i migliori piloti che hanno, che sono loro a decidere, ma io so già per esempio che Kawasaki, Yamaha, Suzuki, la stessa Husqvarna, stanno lavorando moltissimo per portare nella loro squadra dei top piloti americani, per cui ci troveremmo praticamente con la stessa atmosfera di una volta».
Come è stata scelta la location?
«Semplicemente perché l'Europa è il miglior stadio per fare questo tipo di manifestazione. Il terreno d’erba che usano nel calcio scivola fuori completamente lasciando spazio ad un grande rettangolo di cemento armato, poi abbiamo una copertura eccezionale perché è apribile, sicché si può tenere chiuso o aperto anche con gli spettatori dentro, a secondo delle condizioni climatiche. In più ha una capienza di oltre 60.000 posti, ed è una zona geografica ideale nel cuore dell’Europa, attorno alle più grosse città tedesche, a mezz'ora dall'Olanda, un'ora dal Belgio, ha vicino diversi aeroporti internazionali, tra i quali Francoforte e Düsseldorf, ed è servita da un’ottima rete autostradale».
Questa sarà la base di partenza, quali prospettive per il futuro?
«Ci teniamo molto a questa nuova creatura, e faremo di tutto perché abbia successo, ma dobbiamo vedere come andrà e cosa succede dopo. Quello che facciamo lo facciamo mano nella mano con le Case, perché sono gli attori principali ed è fondamentale poter lavorare con la stessa ottica; vedremo quindi l'appeal che avrà sul pubblico, lo spettacolo che verrà fuori, poi decideremo, anche perché se un evento diventa eccezionale a volte se lo moltiplichi può perdere della sua unicità. Ad esempio, se il Nazioni si disputasse in cinque o dieci prove non avrebbe lo stesso fascino e seguito, per cui va tenuto presente anche questo. In questa gara vogliamo avere i migliori piloti al mondo, e visto che per i loro campionati corrono già 29 gare, l’eventuale disputa di più gare Supermotocross diminuirebbe la possibilità di averli al via in tutte le gare. Per il momento penso che l'idea di unsolo evento è quella giusta, se nel tempo le cose cambiassero siamo sempre pronti a spostare il tiro».