SX 2020 Brian Moreau: finalmente si parte

Con l’avvio della stagione Supercross USA 250 Costa Est inizia anche il debutto d’oltreoceano del 18enne francese campione europeo 125 del 2017
14 febbraio 2020

Pick-up enorme, KTM 250 Troy Lee Designs / Red Bull ufficiale, sole californiano, pista supercross tirata a lucido, villetta in affitto a Corona, il cuore del cross statunitense: può bastare per farvi andare in brodo di giuggiole?

Ebbene, è quello che da qualche mese sta vivendo Brian Moreau, il quale dopo la sfortunata stagione 2019 in cui si infortunò ad un polso nell’apertura argentina è diventato l’ultimo della folta schiera di piloti transalpini (da Jean Michel Bayle a Marvin Musquin oltre ai vari Michael Pichon, David Vuillemin, ecc.) che hanno tentato la fortuna oltreoceano.

Dopo aver iniziato a prenderci le misure nella Monster Cup del 2018 classificandosi 5° assoluto nella classe Amateur All-Star, per il promettente pilota francese in sella dall’età di 2 anni e titolare di tre titoli nazionali minicross e di uno supercross, entrato a far parte del circus europeo nel 2012 e campione 125 cinque anni dopo, il sogno americano sta iniziando.

Questo weekend in occasione del Supercross di Tampa, Florida, scatta infatti l’apertura della 250 Costa Est dove Moreau compirà il debutto nel campionato a stelle e strisce. Un appuntamento che il “frenchie” dal carattere schivo e taciturno attende con ansia anche a causa dell’infortunio di inizio anno che da un pizzico in più di incertezza a questo suo importante appuntamento.

"Ho iniziato a girare nelle piste supercross da quando sono passato alla 125 – ci ha spiegato Brian - anche se solo saltuariamente. Però mi è sempre piaciuto, e via via l’ho voluto sempre fare di più. Per questo mio padre assieme ad alcuni amici realizzò una pista vicino a casa, e quindi ho potuto fare pratica, ma solo all’inizio perché non era molto adatta in quanto c’erano alberi, ecc. Inoltre, la partecipazione all’Europeo mi impegnava sempre più e ad un certo punto non ho più avuto tempo per stare a casa". 

La consacrazione l’hai avuta tre anni fa con la conquista del titolo continentale dell’ottavo di litro, l’anno scorso invece non è andato secondo le tue aspettative.
"È stato terribile, per via del mio incidente di inizio stagione ma non solo. Purtroppo avevo la possibilità di essere nella squadra ufficiale KTM al posto di Tom Vialle, ma la Kawasaki Bud Racing con la quale avevo il contratto anche per il ’19 non mi ha dato il nulla osta e ho corso sempre frustato e con l’amaro in bocca per quella occasione mancata. Avrei potuto lavorare con quelli che ho sempre ritenuto i migliori professionisti del paddock, avere un buon programma di lavoro ed una sede in Belgio che è l’ideale per gli allenamenti invernali. Invece oltre a non avere un trainer dedicato il team mi ha reso così complicate le cose che sono dovuto partire in ritardo anche con la preparazione, per cui è stato un disastro totale. E se ci mettiamo dentro anche l’infortunio al polso al primo GP dovuto a tutto lo stress che avevo accumulato, non è difficile capire perché poi le cose non sono andate come dovevano. Per fortuna la Casa austriaca non mi ha dimenticato, e dopo metà stagione mi ha offerto la possibilità di provare la moto 250 ufficiale statunitense. Tutto è andato bene, e nonostante mi fosse piaciuto partecipare ancora al Mondiale la mia priorità era correre con una KTM ufficiale perché per me è la migliore moto e il team più efficiente, competente ed estremamente concentrato nel loro obbiettivo, per cui ho accettato".

Come è partita la collaborazione col team USA?
"È iniziata a metà stagione parlando con la Casa di Mattighofen, il loro team ufficiale MX2 e quindi Pit Beirer ha pensato di appoggiarmi al Troy Lee Designs / Red Bull al via dei campionati americani. Non volevo correre con una moto diversa, per cui mi sono detto “perché no, se non lo faccio ora quando?” e da li abbiamo iniziato a vedere come mettere assieme tutto il puzzle. Non è stato facile abbandonare la mia famiglia, ma fortunatamente Marvin Musquin e la sua compagna Mathilde mi hanno aiutato molto, all’inizio non è stato facile ma un po' alla volta ho cominciato ad ambientarmi".
 

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Sei riuscito quindi già ad assimilare lo stile di vita californiano?
"Sì, con tutti i pro e contro, ad esempio qui tutto è immenso, anche troppo, qualsiasi posto devi andare lo devi fare in macchina e non in bici o con la moto come da noi. Ma quello che mi manca di più è la storia che respiri in Francia e in altri Paesi come l’Italia, le stradine che ci sono da noi, i monumenti, qui è tutto nuovo ed è piuttosto noioso. Però in questo Paese qualsiasi cosa è facile da fare, e per un crossista è perfetto perché ti puoi allenare ogni giorno all’ora che vuoi e in maniera diversa".

La tua giornata tipo?
"Mi alzo e faccio stretching, spinning o corsa a piedi, poi rientro a casa, doccia, colazione, e preparo le cose per andare a girare in moto. Arrivo in pista alle 9,30 e rimango fino alle 13 o alle 14, rientro, pranzo, e pomeriggio palestra. Tutto qui, così praticamente ogni giorno".

I tuoi obbiettivi?
"Non mi piace tanto dirlo, ad ogni modo vorrei fare vedere di cosa sono capace, e che lo scorso anno il Moreau che era sulla moto non ero io. So che qui sarà una stagione lunga e dura, e che i piloti sono molto veloci, per cui quest’anno mi piacerebbe stare nei primi 5 del campionato SX e nei dieci dell’outdoor. E col tempo migliorarmi".

Durante i tuoi allenamenti qui in USA come hai trovato i piloti locali?
"Ad essere onesto non mi hanno impressionato molto, loro pensano di essere migliori degli europei ma non fa la differenza il Paese dove sei nato ma quanto gas ci dai. Certamente sono forti e veloci, mi pare che si allenino più che noi perché sembrano più consistenti, e ce n’è una decina che vuole vincere e ogni giorno fa di tutto per raggiungere il proprio obbiettivo, la loro priorità è la moto e quella viene prima di ogni altra cosa".

Dove pensi di dover ancora migliorare?
"L’aspetto mentale, perché so di poter essere più veloce specie nelle piste indoor. Ad inizio gennaio quando sono rientrato dalla Francia ho iniziato a girare e mi sentivo molto bene, ma poi ho fatto uno sbaglio e mi sono fratturato la mano sinistra, probabilmente se fossi stato più concentrato non avrei passato il limite e non avrei fatto un errore del genere, ed è proprio per questo che devo lavorare ancora molto sotto l’aspetto mentale. Fortunatamente lo scorso anno di comune accordo col mio team avevamo già deciso di partecipare al campionato della Costa Est che parte ora e non a inizio gennaio come quello Ovest".

Pensi di avere lo stesso potenziale sia nel Supercross che nel National?
"Direi di sì, l’importante è mantenere la concentrazione ed essere consistenti lungo tutto l’arco del campionato".

Hai un pilota di riferimento che hai seguito durante la tua crescita agonistica?
"James Stewart, per il suo modo di guidare la moto. A volte era un po' estremo ma quando guardavo i suoi video rimanevo attaccato allo schermo. Recentemente il pilota che ho apprezzato di più è Adam Cianciarulo, è ancora giovane e non ha ancora vinto ma è velocissimo e molto fluido per cui sto cercando di prendere molto da lui".

California, Supercross, KTM ufficiale: ti capita mai di pensare che stai vivendo in un sogno?
"Quando sono arrivato sì, ma poi come tutte le cose inizi a farci l’abitudine e ora sto cercando di godermi il più possibile quello che ho, cercando di rimanere sempre coi piedi piantati a terra".

Foto Frank “the GOAT” Hoppen e Massimo Zanzani