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Ci sono dinamiche nell’esistenza umana che spesso sfuggono alla comprensione razionale e per questo si incanalano nell’immenso oceano dell’emotività, accade quindi che uomini apparentemente normali compiano gesta sportive tali da accompagnarli dritti in questo limbo, il mito.
La recente, prematura scomparsa dell’ex-Campione del Mondo Trial 1980 Ulf Karlson, è motivo per raccontare la sua storia e quella di altri uomini valorosi che hanno lasciato il vuoto dopo la loro scomparsa dal poco conosciuto universo del Trial.
Il Trial, la disciplina del motociclismo fuoristrada che più si caratterizza per tecnica del pilota e del suo mezzo, la moto è leggerissima, senza sella e si guida in piedi, ha origini antichissime nei luoghi ameni e selvaggi della Scozia, dove uomini impavidi s’inventarono delle sfide alle asperità della natura con i primi rudimentali mezzi meccanici a due e quattro ruote.
L’evoluzione di quell’idea si è evoluta da quel 1909 fino ai giorni nostri assumendo la titolazione di Campionato europeo dal 1968 prima e di Campionato Mondiale poi dal 1975 diffondendosi in tutti i continenti con particolare successo in Spagna, Francia, Italia e naturalmente Inghilterra.
Questo è il contesto nel quale si sono avvicendati i campioni di questo sport, uomini fortemente caratterizzati dalla spinta personale verso la sfida con sé stessi prima che con gli avversari e soprattutto istintivamente attratti dal superamento di ostacoli ed asperità naturali, antitetico rispetto alla figura del centauro tradizionale, il trialista è più simile ad un cavaliere Jedi di Spilberghiana memoria.
Ora per misteriose traiettorie del destino, devo registrare come negli ultimi sei anni ben due dei quattordici Campioni del Mondo avvicendatisi nell’albo d’oro della specialità, siano passati prematuramente a miglior vita ed in ambito nazionale altrettanto. Sto parlando di Martin Lampkin che ci ha lasciato il 2 aprile del 2015, Ulf Karlson il 6 febbraio di quest’anno, Diego Bosis il 14 febbraio del 2012 ed Ettore Baldini il 9 gennaio del 2016.
Tutti campioni simboli di un’epoca eroica che non c’è più, dove alle gare ci si andava in auto con la moto sul carrello, muniti di atlante stradale per arrivare ad improbabili località interessanti solo dal punto di vista del percorso di gara, ma forse proprio per questa avventurosa semplicità, assolutamente indimenticabile.
Di Martin Lampkin detto “El Martino”, Campione del Mondo 1975 ebbi modo di parlarne con un articolo a lui dedicato su queste pagine al quale vi rimando, così come per Ettore Baldini Campione Italiano 1977 e 1979 oltreché primo e unico finora C.T. Campione del Mondo a Squadre nel 1987.
La storia in due parti che vi voglio raccontare è quella di due campioni caratterialmente molto simili ma con opposte dimensioni di popolarità, Ulf Karlson e Diego Bosis.
Lo svedese Ulf Karlson, nacque il 6 marzo 1952 ad Alvangen, piccola cittadina a nord di Goteborg. Fu con il locale Moto Club che il quindicenne Ulf scoprì la sua passione, infatti, un giorno andando a vedere dei crossisti allenarsi, trovò a margine del circuito un’area Trial con alcuni piloti che giravano, rimanendone estasiato. Nei giorni successivi trasformò il suo Puch 50cc stradale in una specie di moto da Trial con la quale si divertiva ad andare nei boschi risalendo torrentelli e superando salite, senza ancora immaginare che quello era il preludio di una carriera che lo avrebbe portato nel 1980 sul tetto del mondo.
Fino al 1970, si limita a sfidare gli amici in sella ad una Sprite 125 che gli veniva prestata per l’occasione e con la quale sistematicamente batteva tutti, ma in quell’anno sfortunatamente il padre muore di cancro a soli 50 anni ed Ulf con molti sacrifici, anche per onorare la memoria del padre acquista la sua prima Montesa dall’importatore Kenneth Leare.
Partecipa alla categoria Junior vincendo tutte le gare in programma e l’anno successivo con l’aiuto dell’importatore entusiasta dei suoi risultati, passa nella categoria superiore sempre con Montesa, classificandosi immediatamente tra i migliori cinque, il 1971 è anche l’anno dell’esordio internazionale nella prova casalinga del torneo continentale conquista una straordinaria quarta posizione. I successivi due anni corrono veloci divisi tra l’impegno lavorativo di verniciatore industriale e quello di pilota che culmina con la vittoria del Campionato Scandinavo ‘72, ma registra anche uno stop di sei mesi nel ’73 per il ritiro della licenza di conduttore, a causa di una bravata commessa in un Hotel ad una gara nazionale.
Arriva finalmente l’anno 1974, quello della consacrazione internazionale e del definitivo impegno come pilota ufficiale Montesa, la straordinaria vittoria in apertura di Campionato Europeo nel mitico Trial catalano di Sant Llorenc de Morunys e la seconda posizione finale nel torneo continentale, regalano ad Ulf una improvvisa notorietà con addirittura un modello celebrativo della moto 1975, la mitica Montesa 247 VUK (versiò Ulf Karlson). Il 1975 si apre con la novità della prima titolazione mondiale per quello che dal 1968 era stato semplicemente Campionato Europeo, il Trial sta crescendo di importanza e popolarità in tutti i continenti, le aziende vendono ed investono conseguentemente, mettendo sotto contratto numerosi piloti nei loro Team, ovviamente le strutture sono ancora acerbe e deve ancora affermarsi una certa mentalità manageriale nella gestione delle corse, una situazione di indubbio vantaggio per i piloti nordici ed inglesi in particolare che monopolizzano le classifiche avvantaggiati dalla loro proverbiale adattabilità e da percorsi di gara ancora molto caratterizzati da una guida no-stop molto fluida.
Sono sicuramente anni pionieristici per località, calendari e modalità di gara, la stagione infatti iniziava spesso con le classiche del nord, Irlanda ed Inghilterra ancora nei mesi freddi di marzo e aprile ed i percorsi si sviluppavano su tre giri da 18 a 20 zone controllate, tutto in condizioni meteo spesso proibitive.
I piloti professionisti del tempo erano molto distanti dalle figure degli atleti di oggi, ognuno affrontava la preparazione alla gara alla sua maniera con rudimentali tabelle tecnico-atletiche e con molte convinzioni tradizionali, che potevano passare dal “cicchetto” per caricarsi meglio allo Snuss, tabacco da masticare molto comune nei paesi scandinavi, per poter alleviare la tensione.
Per il carattere particolare di Ulf, questi sono anni complicati dove nonostante la grande determinazione ad emergere, fatica a trovare una dimensione sportiva adeguata, sono molte le difficoltà logistiche e gestionali da superare, su tutti rapportarsi con una realtà aziendale culturalmente molto differente che lo porterà dopo due anni interlocutori alla svolta del 1977 con la costruzione di una Squadra ufficiale, precorritrice dei moderni Team.
Grazie al maggior impegno economico di Montesa arriva il sostegno per un Responsabile della logistica, uno per la meccanica in Olanda (l’amico importatore Vim Stucker) un pilota amico (Hulcan Karllson) al suo seguito durante allenamenti e competizioni, trova una sede in Belgio per potersi allenare anche d’inverno e si trasferisce in Spagna durante la stagione agonistica presso l’amico Pere Pi, padre del pluricampione BMT Ot Pi.
I risultati non tardano ad arrivare, secondo nel ’77, quarto nel ’78, terzo nel ’79 e finalmente primo nel 1980, vero e proprio anno di grazia per lo svedese, con una sola vittoria riesce grazie alla sua costanza a precedere il campione uscente Bernie Schreiber, alle prese col difficile passaggio ad Italjet dopo l’improvviso ritiro di Bultaco, diventando il primo Campione del Mondo su Montesa, Ulf Karlson è finalmente nella storia.
Il 1981 regala ancora un secondo posto dietro al giovanissimo francese Gilles Burgat al quali le nuovissime Michelin Competition, date in esclusiva al pilota dall’azienda transalpina, mettono letteralmente le ali.
Ma le motivazioni ed alcuni problemi fisici alla schiena cominciano a minare le possibilità di riconferma di Ulf che nel 1982 oramai appagato scende fino al settimo posto chiudendo di fatto la sua partecipazione professionale al Campionato Mondiale.
Continuerà in ambito nazionale vincendo il titolo svedese ancora nel 1983 e ’84, dedicandosi poi a qualche gara di Enduro ed alla azienda di imbiancature industriali di famiglia.
Al di là di un’ottima carriera sportiva cosa rimane di questo campione che ha fatto della discrezione una delle sue caratteristiche principali? Sicuramente la capacità di realizzare obiettivi precisi nonostante momenti molto difficili, mostrando carattere e ciò che oggi va di moda chiamare resilienza, ma anche grande intelligenza sportiva, strutturando la sua attività sportiva con un manager per la logistica, un preparatore atletico ed un assistente negli allenamenti, avviando la tendenza a delocalizzare i luoghi di allenamento, mantenendosi per tutta la sua carriera, fedele a Montesa in un momento di grandi sconvolgimenti nel mondo delle motociclette da Trial.
Tecnicamente molto forte ma con la consapevolezza di non essere il migliore su ogni terreno, ha costantemente lavorato per incrementare il suo proverbiale talento nel cosiddetto “tacto de gas” sul bagnato in particolare e nel superare grandi ostacoli, divenendo un riferimento nelle zone tracciate sui fangosissimi terreni del nord Europa.
Certo, al netto delle indubbie qualità sportive, Ulf Karlson è rimasto negli annali come il più anonimo dei Campioni del Mondo, penalizzato dal suo carattere schivo e riservato che lo ha tenuto, nonostante la buona popolarità raggiunta in patria in quegli anni, lontano dalle luci della ribalta, senza le quali difficilmente il pubblico ne celebra il mito.
Come anticipato, una parabola opposta a quella che stava per vivere il giovanissimo Diego Bosis, pur condividendo la timidezza di Ulf, grazie al suo estro e talento straordinario in moto, accompagnerà nella successiva decade il Trial verso una nuova dimensione popolare, spostando il baricentro dai paesi del nord Europa a quelli del sud con in testa Spagna, Italia e Francia, ma questa è un’altra storia che vi racconterò in una seconda puntata.