Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su [email protected]
Lo scorso weekend ad Auron, splendida località sciistica sulle Alpi francesi, si è compiuto l’ennesimo atto di quella che sembra essere a tutti gli effetti una rappresentazione infinita: il catalano con passaporto andorrano Toni Bou, insieme alla sua fedelissima Honda Repsol, ha conquistato il tredicesimo titolo mondiale consecutivo TrialGP, con una perentoria vittoria che ne sancisce l’imbattibilità anche in gara dal giugno 2018 (13 GP).
Ciò che ha dell’incredibile - oltre al palmarès mostruoso che lo porta ad essere il motociclista più titolato di sempre con i suoi ventisei campionati mondiali 13 indoor e 13 outdoor - è che anno dopo anno sembra sempre più forte. Gli avversari partono ogni inizio stagione consapevoli che il massimo risultato possa essere il secondo posto. Per lui, classe 1986, questo sembra rappresentare il suo periodo migliore, considerando che il Trial è specialità tecnica per definizione, e quindi per i piloti molto longeva anagraficamente parlando. Di fronte all’enorme talento di Bou si sono inchinati i migliori campioni, dal sette volte (1997/2003) campione inglese Dougie Lampkin all’eterno secondo Adam Raga, due volte campione (2005/2006) prima dell’avvento del cannibale, o ancora l’amico rivale Takahisa Fujinami, campione nel 2004.
Prima di analizzare le qualità del campione per cercare di definirne il modello, mi piace raccontare gli esordi di questo timido e cordiale ragazzo. Correva infatti la stagione 2001, anno del suo esordio internazionale nel Campionato Europeo Youth 250 cc, come si chiamava all’epoca, e lui, alla guida della Beta Rev del Team Pons, si classificò secondo dopo aver battagliato nelle tre gare in programma con un altro giovane talentuoso: Jeroni Fajardo, alla guida della Gas Gas del Team Tarres, che in quegli anni aveva scoperto e portato alla ribalta anche Albert Cabestany, Adam Raga, Dave Cobos, Marc Freixa e Jordi Pascuet.
Quello che apparve, a differenza degli altri giovanissimi, era la guida particolarissima: velocità ridotta, posizione molto centrale, ruota anteriore alzata e movimenti calibrati e naturali assimilabili sempre più alla tecnica del BMT, dove giusto l’anno prima aveva conquistato il Campionato del Mondo categoria Minime.
Elementi importantissimi, che negli anni a seguire avrebbero portato la terza importante rivoluzione tecnica nel Trial dopo l’utilizzo della frizione, con Lejeune e Bosis, e la guida moderna fatta di spostamenti del già citato super campione Jordi Tarres.
È ancora vivissimo il ricordo di Joan Pons a LaChatre, in Francia, che mi disse di guardare con attenzione il suo pupillo perché lo pronosticava prossimo Campione del Mondo: il mio stupore per la sua affermazione si trasformò presto in certezza, perché vedendolo in “zona” il giovanissimo Toni aveva decisamente qualcosa di nuovo ed in più degli altri: portava la moto come se fosse l’estensione del corpo!
Gli anni a seguire, dopo le affermazioni nei campionati Youth ed Europeo 2002/2003 dove tutto il Trial Circus parla di lui come il nuovo fenomeno lascia il Team Betamotor a termine 2006 per approdare in Montesa Repsol (guarda il listino) per scrivere gli ultimi tredici capitoli della storia del Trial.
Ma cerchiamo di capire cosa rende Toni Bou la macchina perfetta, consapevoli del fatto che il Talento non si misura e non si crea: si osserva e basta.
Fisiologicamente, Toni appartiene, come quasi tutti i trialisti, al somatotipo mesomorfo: alto 1,74 per un peso di 70 kg, è dotato di forza e di una esplosività al di sopra della norma, che unite alle sue innate doti di equilibrio ne esaltano le prestazioni tecniche.
Tecnicamente, Bou con il suo stile mutuato dalla BMT (Bike Trial) è il perfetto anello di congiunzione tra la moderna tecnica del Trial indoor, fatta di guida con ruota anteriore alzata e balzi tra gli ostacoli, e la guida outdoor, fatta di controllo perfetto della trazione, necessaria a superare asperità incredibili. Visivamente Toni danza letteralmente sugli ostacoli, ed anche il pubblico meno esperto si rende conto della sua innata qualità.
A livello mentale questo straordinario pilota scava un ulteriore solco con i suoi rivali. Se è vero che nel Trial il pilota conta all’ottanta per cento rispetto alla moto, possiamo affermare con altrettanta certezza che la componente motivazionale ha la stessa percentuale rispetto alla preparazione tecnica ed atletica: sembra uno sproposito, ma è esattamente così. A questo aggiungiamo poi che il fattore esperienziale amplifica al meglio la capacità di gestire le emozioni, ed il perfetto cocktail del campione imbattibile è realizzato.
Infine è giusto anche citare lo strumento di lavoro del Trialista, che, seppure rappresenti una percentuale meno rilevante, è pur sempre un mezzo tecnologicamente molto raffinato, costruito per consentire al meglio l’esecuzione tecnica attuale.
Come abbiamo potuto analizzare in chiave olistica, l’insieme degli elementi analizzati rende il complesso assolutamente vincente, ma in definitiva, e qui si conclude la nostra disamina, il vero segreto del Campione è questo:
Quando sale sulla sua Honda Repsol, Toni Bou si diverte sempre come fosse la prima volta: molto semplicemente, sulla moto trova lo strumento ideale per esercitare e incrementare la tecnica attraverso la sua grande passione verso il Trial. Tutto qua!