Bevilacqua : "Questa SBK è morta"

Bevilacqua : "Questa SBK è morta"
Per Genesio l’utilizzo di moto strettamente derivate dalla serie è l’unica via per rivitalizzare una Superbike che, se non cambia, è destinata a morire. E intanto pensa alla Moto3
27 giugno 2017

Una mese fa circa avevamo scritto dell’incontro avvenuto a Imola tra i responsabili racing di Yamaha e di Honda (leggi l'articolo): un confronto per valutare la situazione del mondiale Superbike. E’ stato un primo segnale di malcontento, ed un primo tentativo di trovare quelle soluzioni che possano cambiare una situazione che sembra non accontenti più nessuno, o, forse, solo la Kawasaki.


In occasione del round di Misano abbiamo incontrato Genesio Bevilacqua, patron del team Althea Racing. Nella nostra chiacchierata il vulcanico imprenditore di Civita Castellana non si è limitato ad esprimere il proprio malumore per l’attuale stato del campionato Superbike, ma con la consueta schiettezza ha anche delineato quella che secondo lui rappresenta l’unica strada percorribile per dare un futuro ai mondiali delle derivate. Cambiare per non sparire, questo è il Bevilacqua-pensiero.


«Il team Althea è presente da oltre dieci anni nel mondiale Superbike – ci ha dichiarato - Siamo una realtà stabile di questo campionato, nel quale abbiamo lavorato ed investito moltissimo. Penso quindi di poter esprimere un parere interessato e competente». 

«Una Superbike come quella attuale non ci interessa più – ha continuato Genesio – e se le cose non cambieranno, noi non abbiamo nessuna intenzione di continuare. A nessuno interessa gettare milioni di euro in un campionato nel quale si corre solo per far numero. A chi interessano gare delle quali si conoscono già i vincitori? A nessuno. Forse nemmeno più alla Kawasaki».

 

Da tempo in molti si lamentano, ma nessuno propone soluzioni attendibili.

«A me invece la strada da seguire sembra molto chiara. Dobbiamo ritornare alle origini. Questo deve essere il campionato dei team e non delle case ufficiali, che se si vogliono confrontare e intendono gareggiare in tecnologia devono andare in MotoGP. La Superbike deve tornare ad essere il campionato per le moto che escono dal concessionari, gestite da team privati».


Ritieni ci siano team privati all’altezza?

«Se togliamo i team Kawasaki, Yamaha e Ducati, tutti gli altri sono privati. E se si tornasse a far correre moto veramente derivate dalla serie, ne arriverebbero altri. Questo campionato non può continuare ad essere una piattaforma per prototipazioni che rendono le attuali superbike delle moto ibride, a metà tra le moto di serie ed i prototipi. Se si deve far funzionare al meglio una ciclistica non si possono continuare ad utilizzare forcelle di derivazione GP o sospensioni che costano oltre 20.000 euro. Il calmiere dei prezzi di cui si era parlato tempo fa, purtroppo è rimasto sulla carta. Bisogna smettere di sviluppare componenti che non esistono nella produzione di serie. Per non parlare poi dell’elettronica. Quella fornita ai privati dalla Case è in pratica una cassaforte della quale solo loro hanno le chiavi».


Vi siete già confrontati con Dorna su questi temi?

«Certo, ne ho parlato direttamente con Carmelo Ezpeleta. Anni fa erano due aziende diverse a gestire i più importanti campionati mondiali motociclistici. Ora il gestore è unico ed ha più volte dichiarato che la GP è il campionato dei prototipi, quello nel quale le case si confrontano con le tecnologie più avanzate, mentre la SBK deve utilizzare moto derivate dalla serie e servire alle case per fare marketing, incrementare le vendite. Non ci sono altre strade se non questa, che differenzia e giustifica l’esistenza di due campionati mondiali. Dorna è senza dubbio favorevole ad avere un campionato competitivo, e  sono convinto che prenderà in seria considerazione questa possibilità».

 

Ma senza la possibilità di sviluppare le loro moto stradali, le Case continuerebbero ad essere interessate alla Superbike?

«Sarebbero ancora più interessate, e soprattutto lo sarebbero tutte, non soltanto una o due. Guarda l’attuale Stock 1000. Lì tutte le moto sono competitive e possono vincere.  Yamaha, Aprilia, BMW, Ducati, Kawasaki, e con ogni probabilità a breve anche Suzuki.  Immagina queste moto in mano a grandi piloti come sono quelli della Superbike. Che gare verrebbero fuori? A quale spettacolo assisteremmo? Quale ritorno avremmo sul pubblico e sui media? Finalmente sarebbero in molti a poter vincere le gare. Penso a piloti validissimi come Laverty o Bradl, per fare due nomi, che ora fanno fatica a centrare la top ten e che potrebbero invece lottare per la vittoria. Ai piloti dell’attuale Superbike si potrebbero poi aggiungere i migliori giovani della Stock. Ce ne sono almeno una decina che potrebbero correre nella classe superiore. Adesso i giovani che passano in SBK sono traumatizzati da moto difficili da guidare, con elettroniche sofisticatissime. Considera infine, e non è cosa da poco, che si rivedrebbero in gara le wild card, che ora sono quasi completamente sparite».
 

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Nel panorama che stai delineando quale sarebbe allora il ruolo delle Case?

«Le Case potrebbero supportare i team che utilizzano le loro moto. Inoltre con questa formula potranno veramente dimostrare la superiorità dei loro prodotti di serie, non la superiorità di moto che utilizzano componenti costosi e che non esistono sulle moto di produzione. Se vogliono confrontarsi sui parametri attuali devono andare in MotoGP, dove corrono i prototipi».


Che regolamento prevedi?

«Il regolamento sarebbe la chiave di tutto. Bisognerebbe naturalmente apportare delle modifiche alle attuali stock, ad iniziare dalle gomme che sarebbero ovviamente slick. I freni dovranno essere maggiorati, così come i sistemi di raffreddamento e gli impianti di scarico. Inoltre andranno potenziati i dispositivi legati alla sicurezza, mentre la centralina dovrà essere unica e fornita da Dorna».

 

E se invece le cose non cambiassero?

«Per quanto ci riguarda il team Althea non parteciperebbe più. Ma le cose devono cambiare, perché i tempi sono cambiati, l’economia è cambiata. Anche la MotoGP ha avuto dei momenti bui, ma si è risollevata grazie a nuovi regolamenti. Come ho detto in precedenza, io confido in Dorna. Tutti gli altri campionati gestiti dal promoter spagnolo stanno funzionando al meglio, esclusa la Superbike. Attualmente nessuno ha più interesse in questo campionato, ad iniziare dalla maggior parte dei costruttori per proseguire con i team, il pubblico e, di conseguenza, i media. La Superbike attuale è una categoria morta. Chi non lo capisce è cieco, oppure è in malafede».

 

Quando dice di non voler più partecipare alla Superbike, Bevilacqua non bluffa. Come lui stesso ha dichiarato c’è già stato un confronto con la Dorna sul tema della "nuova Superbike", ma nella stessa occasione si è anche parlato di un passaggio del team Althea al mondiale Moto3. Il primo gradino per poi salire le gerarchie della MotoGP. Cambiare per non sparire.  

 

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