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A poco più di due settimane dal brutto highside nei test ufficiali di Phillip Island, che gli ha provocato la frattura di tre vertebre, Davide Giugliano (Aruba.it Racing – Ducati Superbike Team) ha fatto il punto della situazione in un'intervista rilasciata a WorldSBK.com.
Come stai?
«Sto bene, mi sto riprendendo. Certo, non è una passeggiata recuperare da un infortunio di tipo vertebrale, però devo dire che in questi giorni sto sentendo i primi miglioramenti. In questo momento le uniche ‘terapie’ sono il riposo e la magneto-terapia, tra una decina di giorni invece mi sottoporrò ad altri esami per valutare la situazione e per, eventualmente, iniziare il recupero vero e proprio e la fisioterapia».
Ti eri già accorto durante la caduta, e/o nei momenti successivi alla stessa, dell’entità dell’infortunio?
«Durante la caduta stessa avevo già capito di essermi fatto male. Lì per lì l’adrenalina e la paura di una frattura alla schiena hanno fatto sì che mi rialzassi in piedi. Ovviamente l’esser riuscito a camminare mi ha tolto le paure maggiori di dosso. Ho pensato ‘OK, mi sono rotto di sicuro qualcosa’, visto che il dolore era tanto, però il solo fatto di potermi muovere mi ha rincuorato non poco ed ero convinto che la partecipazione alla gara non fosse quindi a rischio. Poi invece è arrivata la doccia fredda con la diagnosi delle fratture vertebrali, con le quali sarebbe stato da pazzi correre.
Ovviamente la frustrazione è poi cresciuta ulteriormente con la notizia che avrei dovuto saltare ben più di due gare. Dopo ulteriori analisi a Roma, tra l’altro, ho scoperto che le fratture erano tre, non due: oltre alle vertebre L1 e L2, infatti, mi sono fratturato anche l’ultima delle dorsali, la D12. Vista la caduta e le possibili conseguenze, comunque, mi ritengo fortunato di esserne uscito con delle fratture ‘belle’. Sarebbe potuta andare molto peggio, in quanto ho sbattuto un po’ ovunque e l’airbag della tuta ha sicuramente aiutato a prevenire ulteriori fratture vertebrali».
Riesci a descrivere la caduta?
«È stato un highside alla curva 11 in uscita, molto molto violento. È un punto della pista che ha provocato molte cadute in passato e in diversi casi qualche infortunio. Quando si è innescato l’highside sono stato letteralmente lanciato in aria e credo che una vertebra si sia fratturata proprio per torsione in quel momento, in quanto ho sentito il primo ‘crack’».
Quando si è innescato l’highside sono stato letteralmente lanciato in aria e credo che una vertebra si sia fratturata proprio per torsione in quel momento, in quanto ho sentito il primo ‘crack’
Purtroppo sei dovuto restare a guardare il primo round da spettatore. Come ti è sembrato a livello di avversari, competitività, performance?
«È stato un bel round. In entrambe le gare sono stati tre i piloti a un po’ la differenza, ma comunque gli altri non erano assolutamente lontani. Phillip Island è sempre una trasferta particolare in quanto non dà un’idea realmente chiara sui reali valori in campo, in questo senso le prossime gare ci diranno di più. Ovviamente Jonathan (Rea) è stata una sorpresa fino ad un certo punto, lo dicevo già da tempo che avrebbe fatto bene sin da subito. È stato bello rivedere Haslam davanti, è un pilota tosto che dà sempre spettacolo. Chaz inoltre è andato molto forte ed ha fatto due belle gare, su una pista che in passato non gli ha regalato grosse soddisfazioni. La sua prestazione testimonia l’ottimo lavoro fatto da Ducati e dalla squadra durante l’inverno, la moto è cresciuta davvero tanto».
Cosa ne pensi del pilota che ti ha sostituito a Phillip Island e che farà lo stesso in Thailandia?
«Un pilota generalmente non è mai felice di essere sostituito, un po’ per la frustrazione di non poter scendere in pista, un po’ per una sorta di ‘gelosia’ nei confronti della propria moto. Ovvio che essere sostituito da uno come Troy (Bayliss) non è male, dato che non si tratta di un pilota qualsiasi. Lui è un mito vivente per il Mondiale Superbike e per i ducatisti ed il suo ritorno alle corse, sebbene per due round, è un evento davvero incredibile. Ovviamente non fa piacere restare a casa a guardare gli altri correre, però di sicuro vedere Troy sulla mia moto è un onore».
Visto con gli occhi di un pilota, come l’hai visto in pista a Phillip Island?
«Troy è un pilota che dà comunque tanto gas a prescindere, è un pilota vecchia scuola, un po’ come mi reputo anche io, in un certo senso. Questo è ciò che ha fatto a Phillip Island, a prescindere dalla familiarità con la moto, della forma fisica e dalle difficoltà di tornare alle corse. Alla fine in gara non ha girato affatto male, si vedeva che aveva voglia di far bene ed ha dimostrato che un campione non dimentica come si fa ad andare forte».
Rientrerai ad Imola quindi?
«Spero anche prima! A parte gli scherzi, orientativamente dovrei tornare per Imola. Se dovessi farcela prima sarebbe tutto più bello, però è difficile velocizzare il recupero dalle fratture vertebrali. I tempi sono quelli. Ne sapremo di più tra una decina di giorni dopo gli esami».
In attesa del rientro in pista, i fan del pilota romano potranno incontrarlo domani, sabato 6 marzo, alla fiera motociclistica Motodays di Roma. Alle ore 14 infatti, Giugliano sarà presente presso lo stand Ducati ma, come da sua stessa ammissione, non potrà trattenersi a lungo viste le sue difficoltà nello stare in piedi.
Fonte:WorldSBK.com