Dolore e rabbia

Dolore e rabbia
Maledette corse su strada! Smettiamola di fare i sognatori con la vita di ragazzi eccezionali come Luca Salvadori. Le road race devono essere abolite e i piloti devono correre solo in pista.
16 settembre 2024

Ho cercato di non crederci per qualche ora. Mi sforzavo di pensare che fosse una bufala, che non poteva essere vero. Ora arriverà un suo post che smentisce tutto, pensavo. Anche se dentro di me sapevo che era tutto vero, ma non lo volevo accettare e non lo accetto tuttora. Maledette corse su strada! Non ci possono portare via un ragazzo come Luca.

Lui ha impostato tutta la sua vita sulla sua grande passione per le moto e per le corse, riuscendo a farne un lavoro, suscitando ammirazione ma anche invidie. In qualche mio articolo l’ho difeso dagli stupidi attacchi di chi non accettava che qualcuno con meno talento di altri (secondo chi lo criticava), riuscisse a trovare il budget per correre ad alto livello. Al di là delle sue capacità in moto, Luca aveva lavorato duro, investito e studiato per diventare uno dei più conosciuti blogger del motociclismo, perché era una persona di valore, da ammirare.

C’è stato un periodo nel quale uno dei suoi più acerrimi rivali nel National Trophy lo criticava per il suo modo di esporsi mediaticamente sui social: Remo Castellarin. Li conoscevo entrambi e sapevo che non solo erano due bravi ragazzi, ma soprattutto che erano accomunati dalla stessa grande passione. Assieme all’amico Alessandro Perelli organizzammo una cena a Campagnano (Vallelunga) durante il CIV invitando entrambi. Fu una bellissima serata e Luca spiegò a Remo cosa ci fosse dietro ai suoi post e video sui social, quanto lavoro e impegno gli costavano. I due non divennero “grandi amici” ma si conobbero davvero e smisero di punzecchiarsi in pista e fuori.

Sono tanti i ricordi che ho di Luca Salvadori ma è inutile e doloroso raccontarli ora. Una corsa, una stupida corsa su strada ce l’ha portato via. Lo so che sarò criticato e che queste mie affermazioni sono antipopolari, ma correre sulle strade, tra i marciapiedi e gli alberi è un mezzo suicidio, una cosa assurda che dovrebbe essere vietata. Un mondo senza dubbio affascinante, che aveva ammaliato anche Luca che aveva deciso di cimentarsi nel IRRC (International Road Racing Championship), prima a Hengelo in Olanda e poi in questo weekend a Frohburg Dreieck in Germania.

Aveva debuttato alla grande vincendo due gare e me ne aveva parlato in una video intervista dalla quale traspariva tutta la sua passione sia per questo campionato che per le corse in salita.

Le road racing sono affascinanti perché riportano al motociclismo di tanti anni fa, alla moto sul furgone sul quale spesso si mangia e si dorme. Ma sono diventate anacronistiche. Negli anni le prestazioni delle moto sono cresciute a tal punto che nei due maggiori campionati mondiali si parla di adattare i circuiti alle prestazioni delle moto, che nei prossimi anni verranno ridotte. Tanto che tra pochi anni nelle derivate le moto potrebbero avere prestazioni addirittura inferiori a quelle di serie. Ma c’è ancora chi mette a repentaglio la vita dei piloti organizzando gare su strade abitualmente aperte al traffico, tra alberi, marciapiedi, muri e cancelli.

E’ inutile ascoltare i piloti. Loro vogliono solo correre, dare sfogo alla loro passione. Come lo stesso Salvadori ha affermato in un video che ora ritrovo continuamente su Instagram, una volta indossato il casco non pensi mai al peggio. “Quelle sono cose che a me non succedono, ma in cuor tuo sai che sei esposto a questo rischio”.

Quando la direzione gara annulla una corsa c’è sempre qualche pilota che afferma che lui avrebbe preferito correre. E’ l’indole del pilota, il suo istinto, la sua passione, ma non dobbiamo lasciare che siano loro a scegliere, perché sappiamo già cosa sceglierebbero. Sempre e comunque. Devono cambiare le regole e non si deve più correre per strada.

Sono stufo di sentir dire che “nessuno li obbliga a partecipare alle road race e se un pilota lo fa sa bene quello a cui va incontro”. Con queste affermazioni si gioca sulla passione dei piloti, sulla loro indole, mettendone a rischio l’incolumità. Luca non avrebbe dovuto correre in Germania, ma lui era un pilota e quindi voleva correre, e non ha resistito alla voglia di affrontare una prova che purtroppo gli è stata fatale.

“I piloti devono essere liberi di scegliere”. Seguendo la stessa logica allora abroghiamo la legge sull’obbligatorietà del casco. Anche i motociclisti devono essere liberi di scegliere.

“Il motociclismo è uno sport pericoloso”. Certo, e per questo sono stati creati gli autodromi e le piste. Per limitare al massimo i rischi e per ridurre gli effetti di incidenti e cadute.

Smettiamola di fare i sognatori o gli ideologi con la vita degli altri. Non voglio più piangere la perdita di ragazzi eccezionali come Luca perché qualcuno gli permette di correre su strada, con moto che hanno le stesse prestazioni delle MotoGP di qualche anno fa.

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