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Sono stati tre giorni fantastici, quelli appena trascorsi a Imola. Il settimo round del campionato del mondo Superbike mi ha stupito, colpito e fatto innamorare ancor di più del motociclismo.
Viverlo dalla prospettiva di un addetto ai lavori, dalla sala stampa come fa ogni giornalista che si rispetti, è stato un sogno. Un sogno a occhi aperti, reale, immerso nel mondo che mi ha sempre affascinato.
Per la prima volta ho sperimentato sulla mia pelle la vita da paddock che chi racconta questo magnifico sport ama da impazzire. E dopo questa esperienza, non posso che essere totalmente d’accordo. Vedere da vicino le imprese dei piloti, porre loro le domande e vederli seduti a pochi centimetri da me, scrivere quanto hanno riferito e raccontarlo a Voi lettori: gli highlights del mio intenso fine settimana. Starei ore e ore a raccontarVi tutte le cose belle della mia trasferta emiliana, ma è chiaro che non è possibile. Per cui ho selezionato per Voi ciò che più mi ha incantato, quello che - secondo me - merita di essere riportato: l’essenza del mondiale Superbike.
Sono arrivato in circuito venerdì mattina. Faceva caldissimo e probabilmente la trepidazione ed il battito del mio cuore pieno di gioia mi facevano percepire il doppio dei gradi.
Sono entrato nel paddock e ho iniziato progressivamente a realizzare dove mi trovavo e quello che avrei fatto fino a domenica sera. Era solo l’inizio. Tutto ad un tratto... eccole! Le scale che conducono alla sala stampa: non stavo nella pelle.
Finalmente avrei avuto un pass tutto mio, con il mio nome e il mio cognome. Lo avevo sempre desiderato. Sono andato a ritirarlo e a incontrare Carlo Baldi, penna illustre della Superbike. Che emozione: era lui che mi aveva offerto questa grande opportunità. Mi avrebbe seguito passo passo nella mia avventura, assegnandomi lavori e dicendomi come muovermi. Era tutto irreale: io, che avevo sempre sognato di diventare giornalista, iniziavo il mio cammino al fianco di un professionista preparato e di esperienza al Gran Premio d’Italia della Superbike. Carlo mi accoglieva e mi dava le prime dritte generali, presentandomi i suoi colleghi. Io ero al settimo cielo.
A pranzo siamo andati a mangiare all’hospitality Yamaha, un’enorme costruzione montata prima dell’azione in pista per accogliere i piloti, i tecnici e gli sponsor.
Li mi sono reso conto di un aspetto fondamentale che spesso, guardando la SBK dall’esterno, non viene considerato. Di fronte a me osservavo Toprak Razgatlioglu gustarsi riso e verdure sorseggiando una coca cola. Un’azione che chiunque compie ogni giorno, ma abituato a vederlo in pista a velocità folli con la moto che sbacchetta, mi faceva effetto trovarlo in quella circostanza e capire che i piloti sono dei giovani, dei ragazzi, proprio come noi.
Nel primo pomeriggio siamo tornati in sala stampa per assistere alle ultime prove della giornata. Guardavo Carlo ed il suo sguardo attento sui monitor, per appuntarsi in un secondo momento quello che poi avrebbe trasformato in un articolo.
Era la prima volta che toccavo con mano il modo in cui un professionista del settore come lui lavora quando segue un evento sul posto. Il tempo passava ed è arrivato il momento di ascoltare le dichiarazioni direttamente dalla voce dei piloti, in sala stampa. Li ho visti arrivare, stanchi e stremati. Li ho visti accomodarsi al tavolo delle interviste, posizionato in fondo alla sala stampa. Carlo mi ha accompagnato a trovare posto proprio davanti a loro! Parlavano davanti a noi, a pochi centimetri! Avevo la conferma di uno dei compiti più belli di un giornalista sportivo accreditato: il rapporto diretto con i protagonisti.
Ho preso il telefono, ho acceso la registrazione audio e mi sono preparato per ascoltarli. Dopo sono tornato al mio posto e ho iniziato a scrivere, traducendo in italiano le loro dichiarazioni, rilasciate in inglese. Quel giorno ho terminato di scrivere dopo cena, e man mano che scrivevo, mi commuovevo. Perché finalmente facevo ciò che più amavo, in sala stampa, con il mio pass, a contatto con i piloti, seguito da un coach d’eccellenza.
Il secondo giorno è successo qualcosa che mi ha lasciato a bocca aperta: a cena nell’hospitality del Team Puccetti ho visto Jonathan Rea e Toprak Razgatlioglu seduti allo stesso tavolo, mangiare insieme. Due avversari che si rispettano e si stimano reciprocamente, rivali in pista, ma amici fuori, tanto da gustarsi insieme un buon pasto. Mi ha stupito molto: era un qualcosa che andava oltre il semplice congratularsi a vicenda. Ero davvero innamorato dei sempre maggiori retroscena di cui venivo a conoscenza.
E siamo così arrivati alla domenica. Il tempo era passato troppo in fretta e mi sembrava quasi normale svegliarmi e lavorare con Carlo in sala stampa. Era un sogno! Quella mattina lui e io camminavano insieme verso l’ingresso dell’autodromo, quando all’improvviso ho sentito il rumore di un monopattino che si avvicinava. Mi sono girato e mi sono accorto - incredulo - della presenza di Alvaro Bautista, che ha rallentato e ci ha salutato. Anche in questo caso: i più pensano a macchinoni, elicotteri... La verità è che si arriva in monopattino. La verità è che quello della Superbike è un ambiente magnifico, umile, di persone semplici ed educate.
Concludo raccontandoVi dell’aspetto più bello dell’intero weekend, cioè avere avuto la preziosa possibilità di affiancare Carlo, di imparare da lui, di vivere tre giorni con lui. Non lo dimenticherò mai. Ogni singolo momento che mi ha dedicato è oro. Farò tesoro di tutto quello che mi ha insegnato. Un grazie non basta. Domenica sera l’ho salutato, sono tornato a casa felicissimo ed entusiasta, con molta esperienza nella valigia e con un sorriso a trentadue denti, grato a lui per avermi permesso di fare, per un weekend, tutto ciò che ho sempre desiderato.
Luca Tealdi