Nico Cereghini: "Álvaro Bautista e gli errori che non ti aspetti"

Nico Cereghini: "Álvaro Bautista e gli errori che non ti aspetti"
La debacle di Laguna Seca è difficile da spiegare senza entrare nella psicologia dei piloti. Le traiettorie di Bautista, Davies e Rea improvvisamente si incrociano quando la situazione sembrava ormai chiara e immutabile
16 luglio 2019

Ciao a tutti! Quello che sta capitando a Bautista è davvero al limite della realtà: pare incredibile che un pilota che ha vinto tantissimo nella stagione e potrebbe limitarsi a controllare l'avversario, improvvisamente si metta a sbagliare, incappando in una successione di errori e di cadute come fosse un debuttante qualsiasi. Eppure succede: tre gare e tre zeri il risultato di Álvaro a Laguna Seca (leggi tutti gli articoli), con la quarta e la quinta scivolata in un mese. Roba da non credere...

Naturalmente non siamo nella squadra Ducati e non abbiamo in mano la verità, semplicemente osserviamo dall'esterno e riflettiamo. Io non so se le questioni legate alla conferma contrattuale abbiano un ruolo in questa vicenda (leggi l'intervista a Paolo Ciabatti). Col senno di poi appare bizzarro che Álvaro sia stato fermato dalla Ducati per il solo 2019, ma è molto probabile che lo stesso pilota non volesse un impegno biennale, si sa che il suo sogno era quello di tornare al più presto in MotoGP. Poi è successo che il binomio si è rivelato vincente e molto più forte del previsto, le cose sono cambiate, in MotoGP non c'è più spazio, il rinnovo in SBK è diventato una cosa complessa. Un pilota può essere del tutto sereno in un contesto del genere? La storia dice di no. Anche la storia recente in Ducati, con Jorge Lorenzo che si sblocca improvvisamente l'anno scorso quando viene fatta chiarezza, il grande pilota non va, lo licenziano e lui si toglie un peso dalle spalle.

Psicologia. So che a molti lettori viene l'orticaria quando si accenna alla mente dei piloti, ma come spiegare diversamente la domenica di Laguna Seca? La moto, la Panigale V4, è sempre quella:  con i suoi pregi e i suoi difetti, il motore che spinge e l'avantreno un po' difficile, ma la stessa delle undici vittorie consecutive. Da Jerez, Álvaro si stende in ingresso di curva, più o meno sempre nello stesso modo e senza sapere perché: altro aspetto che colpisce, perché la Pirelli anteriore non è la Michelin della MotoGP. Improvvisamente, da invincibile si ritrova vulnerabile e va in crisi. E poi c'è Chaz Davies, che con la V4 non si trova, da mesi ci litiga e prende paga, e di colpo riesce addirittura a vincere una gara. E non è la prima volta che il gallese si rianima quando il collega stenta. Intendiamoci, per Chaz sono stracontento, è il mio pilota preferito in SBK, ma l'equazione è quella: tu vai più forte con la mia stessa moto e io soffro, tu precipiti e io sono felice. I piloti così ragionano e funzionano, magari senza neppure rendersene conto. 

Va da sè che Jonathan Rea si rinforza e gestisce. Non ha vinto quattro titoli consecutivi per caso. Lui problemi di contratto non ne ha, Kawasaki se lo coccola e con lui da anni domina le piste dell'unico campionato mondiale importante a cui partecipa. Rea è un pilota fortissimo, ha una guida pulita e straordinariamente efficace. Molti si domandano cosa farebbe se si impegnasse allo stesso livello - cioè con una moto ufficiale - in MotoGP. Io sono convinto che arriverebbe al top, e sarebbe anche molto interessante vederlo a confronto con Márquez che ha una guida completamente diversa. Ma Jonathan nemmeno ci pensa, sta troppo bene dov'è e a trentadue anni avrebbe poco senso ricominciare da capo.

 

 

Nico - Bautista
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