Nico Cereghini: "Ordini di scuderia e occhi negli occhi"

Nico Cereghini: "Ordini di scuderia e occhi negli occhi"
Bonera obbedì agli ordini della MV e regalo' il titolo mondiale 1974 a Read, Cadalora invece non obbedì a Roberts e nel '93 vinse a Donington sul compagno Rainey. E tutti e due però guardano le figlie dritte negli occhi... | N. Cereghini
7 ottobre 2014

Ciao a tutti! Quel poverino di Melandri si è tirato addosso un sacco di critiche ma non si vede cosa avrebbe dovuto fare. Una gara l'ha lasciata al compagno Guintoli che è ancora in corsa per il mondiale, la seconda invece se l'è tenuta perché alla generosità c'è un limite, e alla fine, forse, la mossa più sorprendente e contestata è stata quella frase circa la figlia da guardare negli occhi. Una espressione un po' latino americana, una cosa alla Maradona.

E così, per vederci chiaro, ho chiamato due amici che tanto tempo fa ebbero a che fare con famosi ordini di scuderia e agirono diversamente: Gianfranco Bonera che nel '74 ubbidì al muretto MV e rinunciò così a un titolo mondiale in 500 che per lui sarebbe stato unico, Luca Cadalora che nel 1993, a Donington, ignorò la tabella che gli ordinava di aspettare e far passare Wayne Rainey e vinse la 500 facendo arrabbiare Kenny Roberts.

"Non lo rifarei - comincia Bonera - ma sono sereno: i meccanici, gli amici, insomma quelli che contano, sanno che quel titolo era mio. Ma la mia vicenda non è paragonabile, io non ero un pilota affermato, si può dire che passai dagli juniores alla MV, avevo soggezione, non avrei potuto fare diversamente. E poi sai una cosa? Quella volta mi dissi: non vinco quest'anno, lo farò l'anno prossimo...".

E invece...
"E invece nello sport non si può e non si deve regalare niente. Deve vincere il più forte e basta".

Gianfranco ha un figlio motorista in Yamaha, e ha ben due figlie: mi conferma che può guardarle negli occhi senza particolari difficoltà. Come Luca Cadalora, anche lui ha due femmine e dichiara che per guardarle negli occhi occorre aver fatto molto di più che vincere o perdere una gara.

Se servono giochi, vuol dire che la squadra ha sbagliato qualcosa prima, e allora fondamentale diventa l'accordo tra i piloti

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"Però la prima corsa di Magny Cours era inguardabile. Se un pilota deve vincere il titolo - aggiunge il modenese - vinca le gare. Se servono giochi, vuol dire che la squadra ha sbagliato qualcosa prima, e allora fondamentale diventa l'accordo tra i piloti. In 125, quando mi giocavo il mondiale con Gresini, la federazione temeva che avremmo combinato qualche pasticcio e allora ci convocarono: volete mettervi d'accordo? Noi rispondemmo no, vogliamo giocarcela alla pari. Però le cose bisogna dirsele in faccia".

E infatti Kenny, finita la gara di Donington, faccia a faccia dentro un camion ti insegnò una bella serie di ingiurie tipicamente americane...
"Sì, però li non c'erano accordi, anche perché una mia vittoria non era neanche contemplata. Già a Brno, per il GP successivo, eravamo in armonia e Wayne vinse meritatamente la corsa. Nessun rimpianto: lui non aveva bisogno di regali e io avevo ottenuto quello che volevo, il mio valore era stato riconosciuto e allora sì che avrei fatto il massimo per la squadra e per Rainey".

Adesso ho le idee più chiare. Anche voi, spero. Bonera e Cadalora se la passano ugualmente bene e a proposito di sguardi aggiungono una sola cosa. Da spettatori, preferiscono vedere le gare vere. E noi pure.

Nico (AUDIO): "Quel poverino di Melandri si è tira

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