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Ciao a tutti! Alzarsi presto la mattina, quando è ancora buio, è un sacrificio che faccio volentieri, quelle poche volte l'anno. Purché si verifichi una di queste due condizioni: che si vada a funghi e la luna è favorevole, oppure perché c'è da seguire una gara di moto dall'Oriente e la diretta si annuncia di alto livello. A fine febbraio funghi niente, la stagione è ancora lontana, ma ricominciano le gare. E la prima della SBK a Phillip Island mi è proprio piaciuta. Bella la formula, ok per le due gare divise da 24 ore, grande lo spettacolo.
Qualcuno dice che il livello attuale dei piloti delle derivate non è eccelso, lo suggeriscono spesso anche gli ex-piloti. E del resto bisogna ammettere che quando si fanno i nomi di Fogarty, Bayliss, Haga, Edwards, Corser, Polen, Russell e Falappa e Pirovano indubbiamente si solleva un sipario eccezionale sugli splendori della categoria nei bei tempi andati. Ma prima di tutto questi super piloti non hanno corso tutti insieme, e poi sono convinto che il tempo che passa sia capace di far rimpiangere quasi ogni cosa. Personalmente mi sento di sostenere che almeno i sette protagonisti della tappa d'esordio di questo 2016 siano delle gran belle manette in assoluto. Rea, Sykes, Davies, Giugliano, Van Der Mark, Hayden e Guintoli sono tutti piloti molto veloci, completi, capaci di gestire una corsa combattuta senza commettere che pochissimi errori su una pista tecnica e impegnativa come quella australiana. Qualcuno di loro sarebbe protagonista anche in MotoGP, purché seguito come si deve, e gli altri sono comunque lì.
È da un po' che apprezzo il talento di Jonathan Rea. Il campione del mondo ha una gran classe, guida pulito la sua Kawasaki con rara eleganza, e sarà difficile batterlo perché mantiene una lucidità assoluta in ogni fase della corsa. Sa aspettare, sa dosare il ritmo, quando subisce un sorpasso non perde la calma, e quando individua il rivale più forte della giornata lo lascia passare per studiarlo bene e preparare il finale. Tutto questo con una superiorità che non dà il minimo fastidio perché non è superbia, ma semplicemente la convinzione del più forte.
Naturalmente è troppo presto per dire che il britannico avrà vita facile, anche se partire con una doppietta è un bel colpo: l'ultimo che lo ha fatto in Australia, Carlos Checa nel 2011, alla fine della stagione ha vinto il titolo mondiale. Ma il fatto è che i rivali di Rea sono tosti davvero: il mastino Tom Sykes alla ricerca della rivincita sul compagno in Kawasaki, Chaz Davies che guida la Ducati con la personalità di un Bayliss, Davide Giugliano che conosce il dolore e il sacrificio e riparte da un bel podio, Michael Van Der Mark e Nicky Hayden che si giocano sul filo del limite la leadership in Honda, e Sylvain Guintoli che con la nuova Yamaha vuole riassaporare il gusto del titolo e punta, per ora, sulla regolarità. Sarà un bellissimo campionato, all'altezza delle migliori edizioni della storia della SBK. Storia bizzarra, lo dico per inciso, perché forse non tutti sanno che nella categoria più "italiana" che esista, con la Ducati protagonista fin dalla prima gara del 1988, per vedere un italiano campione del mondo abbiamo dovuto aspettare ventidue anni: il primo fu Biaggi nel 2010. Aspetto i nomi nuovi come quello di Lorenzo Savadori e intanto apprezzo il racconto di Sport Mediaset. Giulio Rangheri è informato e preciso, Max Biaggi -proprio il primo campione- è brillante e attentissimo. Fin dalla prima gara dell'anno, insomma, ho visto tante belle conferme.